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Il DNA non è solo quello nucleare: le malattie mitocondriali
Inserito il 30 settembre 2000 da admin. - scienze_varie - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  



Da quando e’ partito il progetto "genoma" e da quando si e’ realizzata la conoscenza piu’ approfondita dei loci del DNA umano molta attenzione e’ stata posta a questa molecola ma ci si e’ dimenticati un altro aspetto molto importante che e’ quello del DNA mitocondriale. Infatti, mentre e’ vero che la maggior parte degli enzimi che costituiscono la catena respiratoria cellulare sono codificati dal DNA nucleare, esiste pero’ un gruppo che utilizza come stampo il DNA mitocondriale per cui una mutazione o un deficit a questo livello verra’ trasmessa da una cellula alle cellule figlie con conseguenze piu’ o meno gravi per l’organismo.
In genere le mutazioni del DNA mitocondriale colpiscono solo alcune copie risparmiandone altre vale a dire che nello stesso individuo possono esistere cellule sane e cellule malate o addirittura la stessa cellula puo’ essere portatrice di DNA sano e di DNA alterato. Il rapporto proporzionale della quantita’ di DNA sano e la quantita’ di DNA mutato puo’ dar ragione delle alterazioni che si possono verificare nei diversi organi o apparati nonche’ del fatto che persone con la stessa mutazione possono avere un quadro clinico molto diverso in quanto puo’ colpire organi differenti. Inoltre le mutazioni mitocondriali tendono ad aumentare con il tempo per cui possono accumularsi con l’eta’ contribuendo ad alterazioni sempre maggiori dell’organismo ospite. Alcune malattie mitocondriali possono essere trasmesse dalla madre al figlio, altre volte queste non si ereditano perche’ la mutazione puo’ avvenire dopo la nascita. Infatti nei primi mesi di vita extrauterina si assiste nei neonati sani a un incremento enorme della quantita’ di DNA mitocondriale che sara’ la base del successivo sviluppo del neonato. Questo meccanismo e’ controllato dal DNA nucleare e, in caso di alterazioni, il neonato puo’ rimanere ipotrofico, cerebropatico e a rischio di vita. Sono centinaia le malattie in cui e’ stato riscontrato un difetto del DNA mitocondriale. Alcune sono rarissime altre assai comuni come il diabete, il morbo di Parkinson, il morbo di Alzheimer e il cancro. L’identificazione dei soggetti a rischio puo’ avvenire con una serie di accertamenti strumentali e di laboratorio: nel 40% dei pazienti si riscontra un aumento di creatinfosfochinasi sierica e in quasi tutti vi sono livelli di acido lattico molto alti sia al riposo che dopo sforzo. L’esame piu’ dirimente e’ quello microscopico: nelle cellule interessate i mitocondri sono enormi oppure in numero molto superiore alla media. Nella biopsia muscolare sono rilevabili quelle che vengono chiamate le "fibre stracciate" o "ragged red", molto caratteristiche. La diagnosi puo’ essere completata da una analisi genetica. La prospettiva di una terapia genetica nell’ambito delle malattie mitocondriali e’ piuttosto prematura in quanto e’ gia’ difficile sostituire un gene difettoso in una singola copia all’interno del nucleo ma tentare di farlo nei mitocondri e’ praticamente impossibile per il numero dei cambiamenti e delle sostituzioni che bisognerebbe fare. Non e’ ancora chiaro oltretutto se il difetto genetico che determina la malattia mitocondriale non possa avere anche un legame con alterazioni del genoma nucleare.
Alcune malattie in cui vi e’ stato dimostrato un difetto del DNA mitocondriale:
- Sindrome di Leigh: malattia infantile spesso letale contraddistinta dalla progressiva degenerazione delle difficolta’ visive, uditive e uditorie.
- Encefalomiopatia mitocondriale, acidosi lattica e apoplessia (EMALA o MELAS) disfunzione di alcune aree cerebrali che causa epilessia, perdita dell’udito, ritardo nello sviluppo, paralisi regionale transitoria e demenza insieme ad accumulo di acido lattico.
- Epilessia a fibre stracciate: epilessia, tassia, sordita’ e demenza.
- Sindrome di Kearn-Sayre: tipica dell’ eta’ giovanile comporta perdita progressiva della vista a causa di danni al nervo ottico, ritardo mentale, diabete e insufficienza renale.
(Daniele Zamperini - fonte G. Comi " Il Policlinico di Milano", 15 Aprile 2000)

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