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Traguardo nella terapia delle malattie metaboliche
Inserito il 30 dicembre 2000 da admin. - scienze_varie - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La novità anche nel fatto che con un organo non trapiantabile si potrebbe intervenire su più pazienti


Le Scienze - 23.11.2000. Per trattare malattie metaboliche a carico del fegato, fino a ieri esisteva un’unica terapia: il trapianto d’organo. Oggi, per la prima volta al mondo, grazie al trapianto di cellule epatiche in una giovane donna, a Padova si è inaugurata una nuova tecnica d’intervento per la glicogenosi di tipo IA. All’origine di una questa malattia metabolica ereditaria - spiega Alberto Burlina della Clinica Pediatriaca - c’è la mancanza di un enzima, la glucosio 6 fosfatasi, che trasforma il glicogeno in glucosio. Non potendo liberare il glucosio immagazzinato, le persone affette da questa malattia possono facilmente andare incontro a ipoglicemia e coma. Per avere una glicemia normale, quindi, devono assolutamente introdurre glucosio ogni due ore. Anche di notte, chiaramente. Per correggere questa anomalia si è pensato di fornire alla paziente, al posto dell’organo, due miliardi di epatociti sani prelevati da un fegato sano non trapiantabile perché danneggiato in seguito a un trauma. La tecnica, è stata messa a punto dall’equipe di Maurizio Muraca, che in seguito a sperimentazione su maiali ha individuato nella vena porta l’ingresso preferenziale per infondere direttamente nel fegato le cellule sane. Bastano infatti dall’1 al 2 per cento di epatociti sani, per correggere questo difetto metabolico. La novità quindi sta anche nel fatto che con un organo, che il chirurgo non può utilizzare per il trapianto, si potrebbe intervenire su più pazienti, purché vi sia compatibilità. Anche in questo caso infatti, esiste il rischio di rigetto. «Ci rendiamo conto - afferma l’equipe medico-chirurgica - di aver abbattuto una barriera e di aver aperto potenzialmente una nuova strada alla terapia delle malattie congenite nel nostro paese. Il primo paziente a beneficiare di questo tipo di terapia nel 1994, negli Stati Uniti, era affetto da ipercolesterolemia familiare. Anche questo traguardo è stato raggiunto grazie alla stretta collaborazione di esperti delle varie discipline: dall’epatologo, al chirurgo, dal rianimatore, al pediatra che da anni segue la paziente. Il futuro è la scommessa di intervenire ad ampio raggio con questa tecnica per curare le molte patologie metaboliche ereditarie a carico del fegato: siamo solo all’inizio, ci vorranno alcuni mesi per valutare il grado di attività degli epatociti trapiantati. Al momento c’è già un dato incoraggiante: da ieri, per la prima notte nella sua vita, la paziente non si è dovuta svegliare per mangiare maltodestrine, cioè glucosio.

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