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Statine e osteoartrosi: solo fumo od anche arrosto?
Inserito il 16 marzo 2005 da admin. - reumatologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L'uso di statine è associato con la presenza di osteoartrosi (OA) di anca severa, ma tale associazione è debole ed anzi l'uso di statine sembra rallentare la progressione radiologica dell'OA.


Sono state considerate 5674 donne (69% delle sopravvissute) di 65 o più anni dello studio sulle fratture osteoporotiche. Sono state valutate le radiografie del bacino basali e dopo un follow-up di 8 anni.
L'artrosi radiologicamente accertabile (ARA) è stata valutata mediante uno score cumulativo. L'uso di statine registrato al sesto e ottavo anno era associato con l'isorgenza di sviluppo di ARA di grado ≥ 3 (OR 1.92, 95% CI 1.03–4.43, p = 0.045). Nelle anche con ARA presente al basale è emersa una tendenza, non significativa, verso una riduzione della progressione dell'ARA nelle donne che erano trattate con statine ( OR 0.69 - 0.76; 95% CI 0.29 - 1.67).

Fonte: J Rheumatol 2005; 32: 106-10

Commento di Luca Puccetti
Nel presente studio nelle donne anziane l'assunzione di statine risulta associata ad un aumento dell'insorgenza di osteoartrosi dell'anca severa rilevabile radiograficamente, ma la malattia non ne risulterebbe aggravata dall'uso. Dato il loro effetto antiinfiammatorio, si poteva speculativamente ipotizzare che le statine diminuissero tale rischio, ma il loro vero impatto sulla malattia non era ben conosciuto. In base a quanto osservato nel presente studio, sussisterebbe una tendenza alla diminuzione della progressione della malattia nei soggetti che hanno osteoartrosi al basale. Questo è un tipico esempio di studio da non effettuare e sicuramente da non pubblicare. E' probabilmente uno studio post hoc, metodologicamente debole e dal risultato molto confuso. Ad esempio il sistema di scoring radiologico dell'OA potrebbe essere stato deciso ad hoc. Comunque il fatto che le donne con OA siano più frequentemente trattate con statine rispetto alle donne senza OA non è affatto sorprendente, anzi al contrario! L'OA è una patologia spesso associata al sovrappeso ed il sovrappeso è associato al dismetabolismo con relativa iperinsulinemia e glicazione non enzimatica del collageno. Pertanto le donne con OA sono anche più dislipidemiche, più obese e fanno una vita più sedentaria. Dunque le condizioni meccaniche, di sedentarietà e dismetaboliche sono verosimilmente alla base di questa associazione che risulta debolissima e raggiunge la significatività per un soffio e solo per i gradi maggiori di OA radiologica. Inoltre l'uso delle statine durante lo studio non solo non è risultato associato con un aggravamento della OA, ma al contrario con una tendenza, sia pur non significativa, verso una diminuzione della progressione. Gli studi delle statine in ambito reumatologico nell'uomo sono assai limitati. Si sa che nell'artrite reumatoide la speranza di vita è molto diminuita e nelle forme severe essa appare simile a quella di soggetti con malattia coronarica trivasale. Tale diminuita speranza di vita è stata principalmente attribuita alla disfunzione endoteliale indotta dalla flogosi che sta anche alla base del processo aterosclerotico. Se le statine agiscono sulla disfunzione endoteliale della ateroscelrosi perchè non provare il loro effetto anche nelle forme reumatiche? Nel Trial atorvastatin in rheumatoid arthritis (TARA - Lancet 2004;363:2015-21) 116 pazienti con AR sono stati randomizzati in uno studio doppio cieco a ricevere 40 mg di atorvastatina o placebo in aggiunta alla terapia standard. Dopo sei mesi di trattamento la PCR e la VES diminuirono del 50% e 28%, rispettivamente, ma il punteggio dell'attività di malattia diminuì di poco. Questi studi sull'uomo non confermano dunque le prospettive degli studi in vitro e sull' animale. Può essere una questione di dosi?


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