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Prostatectomia radicale superiore a vigile attesa in K prostata iniziale
Inserito il 12 maggio 2005 da admin. - urologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La prostatectomia radicale riduce la mortalità generale, e specifica, la diffusione locale e metastatica nel carcinoma prostatico allo stadio iniziale.

Tra l'ottobre 1989 al febbraio 1999, 695 uomini con carcinoma prostatico iniziale insorto precocemente (età media, 64.7 anni) furono assegnati in modo randomizzato alla prostaectomia radicale(n=347) o ad un programma di sorveglianza vigile (n=348). Il follow-up si è concluso nel 2003 con l'esame in cieco delle cause di morte. L'end point principale dello studio era rappresentato dalla mortalità specifica dovuta a carcinoma prostatico e gli end points secondari dalla mortalità generale, le metastasi e la progressione locale. Durante un follow-up della durata media di 8.2 anni, morirono 83 uomini nel gruppo avviato alla chirurgia e 106 in quello sottoposto a sorveglianza vigile (P=0.04). In 30 dei 347 uomini assegnati alla prostatectomia (8.6 percento) e 50 dei 348 assegnati alla vigile attesa (14.4 percento), la morte fu attribuita al cancro prostatico. La differenza nell'incidenza cumulativa di morte da carcinoma prostatico aumentò da 2.0 punti percentuali dopo 5 anni a 5.3 punti percentuali dopo 10 anni, con un rischio relativo di 0.56 (95% CI: 0.36 - 0.88; P=0.01). Per quanto concerne le metastasi a distanza, l'incremento corrispondente fu da 1.7 a 10.2 punti percentuali, per un rischio relativo nel gruppo prostatectomia di 0.60 (95% CI:, 0.42 to 0.86; P=0.004), e per la progressione locale, l'incremento fu da 19.1 a 25.1 punti percentuali, per un rischio relativo di 0.33 (95% CI: 0.25 to 0.44; P<0.001).
Gli autori dello studio concludono che nel cancro prostatico localizzato la prostatectomia radicale riduce la mortalità totale tuttavia la riduzione del rischio di morte stimato a 10 anni è piccola; risulta invece sostanziale la riduzione nel rischio di comparsa delle metastasi e della progressione locale del tumore.

Fonte NEJM 2005; 352:1977-1984.

Commento di Renato Rossi
Uno studio apparso su JAMA (Albertsen PC et al. JAMA. 2005 May 4; 293:2095-2101), commentato in una pillola recente, suggeriva che nel cancro prostatico localizzato a basso grado di malignità il trattamento aggressivo potrebbe non essere giustificato. Ora il NEJM pubblica i risultati a lungo termine di un gruppo scandinavo che confronta prostatectomia e vigile attesa nelle forme localizzate. Nel 2002 lo stesso gruppo aveva pubblicato i risultati preliminari dello studio con un follow-up di circa 6 anni da cui risultava che la prostatectomia riduceva la mortalità specifica e il rischio di metastasi e di progressione, ma non la mortalità totale (Holmberg L et al. N Engl J Med 2002 sept 12; 347:781-789). In questa ulteriore estensione dello studio si dimostra che col passare degli anni si può avere dall'intervento chirurgico un beneficio anche sulla mortalità totale, seppure piccolo in termini statistici. Tuttavia si rendono necessarie alcune considerazioni. Il cancro prostatico era stato scoperto grazie all'esplorazione rettale oppure con esame istologico dopo una resezione trans-uretrale per ipertrofia prostatica e non tramite screening con PSA. Attualmente invece molti cancri della prostata sono diagnosticati grazie al dosaggio del PSA. Non sappiamo quindi se risultati di questo studio si possano automaticamente estendere ai cancri scoperti in questo modo, che potrebbero essere meno aggressivi. In secondo luogo l'analisi per sottogruppi ha dimostrato che i benefici della prostatectomia erano evidenti nei pazienti con età inferiore ai 65 anni mentre l'intervento chirurgico non è superiore alla semplice sorveglianza senza dosaggio seriato del PSA nei soggetti più anziani.
Tutto questo porta a ritenere ancora valide le raccomandazioni delle attuali linee guida che consigliano, nel cancro prostatico iniziale, la prostatectomia nei soggetti con aspettativa di vita superiore ai 10 anni e senza importante comorbidità mentre nei pazienti con aspettativa di vita più limitata e/o gravi patologie associate la semplice sorveglianza o la radioterapia possono essere una scelta accettabile.

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