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Diuretici tiazidici efficaci per ipertensione anche nei diabetici
Inserito il 02 ottobre 2005 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Clortalidone efficace, come agente antipertensivo di prima linea, almeno quanto calcioantagonista ed ACE-inibitore anche nei soggetti con diabete mellito o ridotta tolleranza al glucosio.

Lo studio è una analisi post-hoc dello studio ALLHAT nel quale erano stati reclutati oltre 31.000 pazienti ipertesi (età >= 55 anni) con almeno un altro fattore di rischio cardiovascolare associato, randomizzati ad un trattamento antipertensivo a base di clortalidone, lisinopril o amlodipina. Nell'analisi i partecipanti sono stati stratificati in tre sottogruppi: soggetti con diabete mellito, alterata glicemia a digiuno (IFG = impared fasting glucose), non diabetici. Gli end-point considerati in questa analisi (effettuata secondo l'intenzione a trattare) sono stati la coronaropatia fatale, l'infarto miocardico non fatale, la mortalità totale e altre complicanze cliniche. L'analisi evidenzia che non ci sono differenze significative in merito agli end-points considerati per i diabetici rispetto ai non diabetici per amlodipina o lisinopril versus clortalidone e fra IFG e non diabetici per lisinopril versus clortalidone. Emerge invece un aumento dell'infarto non fatale negli IFG trattati con amlodipina rispetto a clortalidone (RR 1.73; 95%CI 1.10-2.72). Per quanto riguarda i non diabetici lo stroke era più frequente nel gruppo lisinopril rispetto a quello clortalidone (RR 1.31; 95%CI 1.10-1.57) mentre lo scompenso cardiaco, sia nei diabetici che nei non diabetici, era più frequente nel gruppo amlodipina (RR 1.39 con 95%CI 1.22-1.59 per i diabetici e 1.30 con 95%CI 1.12-1.51 per i non diabetici) e nel gruppo lisinopril (RR 1.15 con 95%CI 1.00-1.32 per i diabetici e 1.19 con 95%CI 1.02-1.39) rispetto al tiazidico.

Fonte: Arch Intern Med. 2005;165:1401 -1409.

Commento di Renato Rossi
Lo studio ALLHAT, il più ampio studio sulla terapia antipertensiva, continua a produrre dati. In questo caso l'analisi a posteriori voleva considerare i vari outcomes dei diversi trattamenti rispetto alla presenza di diabete mellito, alterata glicemia a digiuno e normoglicemia. Non è emersa nessuna superiorità dei trattamenti più nuovi (calcioantagonista ed aceinibitore) sul clortalidone in tutte e tre le categorie di soggetti esaminati. Lo studio ALLHAT ha ricevuto molte critiche, soprattutto in ambito europeo, ma è indiscutibile che si tratta dello studio più importante attualmente disponibile, sia per numerosità del campione che per durata, sulla terapia antipertensiva. Ancora una volta il diuretico tiazidico si dimostra insuperato e anzi migliore degli altri regimi per quanto riguarda alcune delle complicanze dell'ipertensione come lo stroke e lo scompenso cardiaco. E questo è tanto più importante se si considera che queste virtù valgono non solo negli ipertesi normoglicemici, ma anche nei diabetici o in chi ha una alterata glicemia a digiuno. Troppo spesso invece si assiste ad un sottoutilizzo dei tiazidici proprio in queste categorie di pazienti, per il timore di poter peggiorare l'equilibrio metabolico. Al contrario, i tiadicici si sono dimostrati farmaci sicuri ed efficaci anche nei pazienti con alterazioni del metabolismo glucidico.
In effetti le ultime linee guida americane (JNC VII) :
- li considerano farmaci di prima scelta nell'ipertensione non complicata in tutti i tipi di pazienti, qualora non vi siano controindicazioni o intolleranze
- li prevedono come farmaci essenziali in qualsiasi cocktail antipertensivo nei casi non controllati o complicati
- non contemplano il diabete tra le controindicazioni al loro uso.
Una maggior incidenza, peraltro marginale, di nuovi casi di diabete nei pazienti trattati con tiazidici rispetto ad altri trattamenti riscontrata in vari studi (compreso l'ALLHAT) non sembra portare ad outcomes peggiori, anche se i critici sostengono che questo dipende dalla durata troppo breve degli studi stessi che non permetterebbe alle complicanze dei nuovi casi di diabete di manifestarsi. Come norma prudenziale conviene comunque, nei diabetici in cui si usa il tiazidico, monitorare l'equilibrio metabolico con una certa attenzione.

Commento di Luca Puccetti
Lo studio è importante, tuttavia devono essere ricordati alcuni limiti che inducono ad interpretrarne con cautela i risultati. Prima di tutto il follow-up è breve 3-4 anni e se si desse per buona l'ipotesi che i diuretici aumentino i nuovi casi di diabete negli ipertesi trattati con tali farmaci gli effetti renali potrebbero non avere avuto il tempo di comparire e dunque dare i loro effetti deleteri successivamente. L'insorgenza di diabete durante il trattamento dell'ipertensione comporterebbe un aumento del rischio annuo di eventi cardiovascolari del 44% , percentuale non dissimile da quella attribuibile alla presenza di un diabete pre-esistente. Tuttavia anche riferendosi allo studio ALLHAT l'aumento degli eventi attribuibile all'insorgenza di nuovi casi di diabete è di solo il 2%, ossia una goccia nell'oceano. Secondo Paolo Verdecchia dell'Università di Perugia se il paziente iperteso è giovane e dunque ha molti anni da vivere deve essere incoraggiata una regolare attività fisica e cambiamenti nello stile di vita e se il rischio di insorgenza di diabete è molto alto (elevati livelli plasmatici di glucosio e bassi livelli di HDL colesterolo) sarebbe opportuno iniziare la terapia antipertensiva con ACE inibitori riservando l'aggiunta del diuretico a piccole dosi ai casi non rispondenti, come agente di seconda e terza linea. Marvin Moser, sostenitore storico dei diuretici, intervenenendo all' American Society of Hypertension 20th Annual Scientific Session, ha convenuto che i diuretici incrementano il rischio di insorgenza di nuovi casi di diabete, ma ha sostenuto che il SHEP (2) non ha confermato che un diabete insorto ex novo durante un trattamento ipertensivo rivesta lo stesso significato di uno pre-esistente e dunque non peggiorerebbe il rischio di eventi cardiovascolari.

1) Hypertens 2004; 43:963-969
2) Am J Cardiol. 2005;95:29-35.

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