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Rischio ricaduta per le gravide depresse che cessano la terapia antidepressiva
Inserito il 08 febbraio 2006 da admin. - ostetricia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La gravidanza non protegge da una eventuale ricaduta depressiva e le pazienti dovrebbero essere informate del rischio prima di sospendere il trattamento.

Questo studio prospettico si proponeva di valutare il rischio di recidiva di depressione nelle donne gravide che smettono l'assunzione di un antidepressivo rispetto alle gravide che continuano la terapia. A questo scopo sono state arruolate, fra il marzo 1999 e l'aprile 2003, 201 donne gravide seguite presso tre centri specializzati nel trattamento di patologie psichiatriche in gravidanza. Per essere incluse nello studio le donne dovevano avere una storia di depressione maggiore antecedente la gravidanza, un periodo di gestazine inferiore alle 16 settimane, essere in uno stato di eutimia da almeno tre mesi prima del loro ultimo ciclo mestruale, essere in trattamento con un farmaco antidepressivo oppure averlo smesso da meno di 12 settimane prima dell'ultima mestruazione.
Fra le donne che continuarono ad assumere il farmaco antidepressivo 21 pazienti (26%) ebbero una ricaduta della depressione mentre nelle donne che avevano smesso il trattamento la recidiva si verificò in 44 (68%).
Gli autori concludono che la gravidanza non protegge da una eventuale ricaduta depressiva e le pazienti dovrebbero essere informate del rischio prima di sospendere il trattamento.

Fonte: JAMA. 2006 Feb 1; 295:499-507.

Commento di Renato Rossi

Era stato ipotizzato che la gravidanza potesse costituire una specie di barriera protettiva verso vari disturbi psichici, compresa la depressione. Tuttavia mancavano studi sul rischio di recidiva depressiva alla sospensione del trattamento al momento del concepimento. Questo studio suggerisce che in realtà il rischio di ricaduta è superiore nelle donne che smettono la terapia. Di questo rischio sarà utile informare le pazienti che, spaventate dal timore di possibili pericoli per il feto, decidano di interrompere il trattamento. In realtà i rischi fetali legati alla somministrazione di antidepressivi sembrano complessivamente bassi anche se recentemente le agenzie regolatorie hanno richiamato alla prudenza nell'uso della paroxetina. Per un approfondimento su questo punto vedi le pillole relative ai seguenti links: http:// www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2091 e http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=1929
Da ultimo va ricordato che le donne arruolate nello studio avevano una storia positiva per episodi depressivi maggiori, non è noto quindi se questi risultati siano validi anche per le pazienti che soffrono di forme più lievi.

Commento di Luca Puccetti

L'uso degli SSRI durante la gravidanza e l'allattamento è molto controverso. La depressione materna, di per se, è associata ad una serie di effetti avversi sul neonato, quali: basso livello di vitalità, diminuzione del tono motorio, difficoltà nella vocalizzazione. Inoltre i bambini nati da madri con depressione cronica mostrano bassi punteggi alle scale di valutazione psicomotoria, iposviluppo percentile ad 1 anno di età, ritardo nello sviluppo del linguaggio e difficoltà comportamentali.
Le donne depresse durante la gravidanza hanno più facilmente complicazioni ostetriche quali parto prematuro, induzione pretermine del travaglio, basso peso alla nascita e preeclampsia.
Alla luce di tali rischi, alle donne in gravidanza e dopo il parto di solito viene consigliata una terapia con SSRI, che presentano maggiore tollerabilità e minore potenzialità di effetti avversi.
Il passaggio placentale degli antidepressivi è ampiamente dimostrato. Sono state riportate complicazioni neonatali associate all’esposizione a SSRI assunti dalla madre. Nei bambini esposti durante il III° trimestre agli SSRI, è riferita una sindrome da scarso adattamento alla vita extrauterina, caratterizzata da : distress respiratorio, ipoglicemia, ittero, letargia, ipotonia, pianto assente o debole, difficoltà di allattamento, convulsioni neonatali e iperbilirubinemia. Tali sintomi neonatali sono attribuiti all'interruzione drastica dell’esposizione a SSRI (sindrome da astinenza) o ad un’iperstimolazione del sistema serotoninergico conseguenziale all’esposizione prenatale a tali farmaci.
L’esposizione prenatale e perinatale ad SSRI, potrebbe dunque esercitare effetti avversi sullo sviluppo fetale del cervello e conseguenti anomalie nel normale sviluppo neurologico nei bambini o a lungo termine, ma i risultati non sono del tutto concordanti.
Pochissime sono le informazioni disponibili riguardo gli effetti a lungo termine sul neonato dell’esposizione cronica ad alte dosi di antidepressivi durante l’allattamento al seno. I segni più comunemente riportati sono irritabilità, sonno inquieto e scarsa attitudine alla alimentazione ed alla suzione.
In definitiva la scelta non è facile e comporta rischi sia la decisione di trattare che quella di non trattare la depressione materna e/o puerperale o sospedere un trattamento già in atto. La decisione deve pertanto essere assunta caso per caso, tenendo conto di una serie molteplici di variabili legate alla situazione clinica della madre, ma anche al contesto sociale e familiare.

Fonte: Anna Gentile, www.farmacovilanza.org

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