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Sordità: screening neonatale, età diagnosi e linguaggio
Inserito il 16 maggio 2006 da admin. - pediatria - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La gravità della sordità e non l’età alla diagnosi è il fattore che con più forza correla con gli outcome linguistici, ma non di lettura.

Uno studio di coorte realizzato nello stato di Vittoria (Australia) ha reclutato bambini nati tra il 1991 e il 1993, protesizzati non oltre ai 4 anni e mezzo per un difetto uditivo ritenuto congenito, senza ritardo di sviluppo o anomalie fisiche maggiori. Obiettivo del lavoro era quello di valutare la relazione tra gravità della perdita di udito, età della diagnosi e sviluppo del linguaggio. Lo sviluppo del linguaggio era valutato con test specifici. Di 132 famiglie con bambini con le caratteristiche sopra riportate, 89 (67%) hanno risposto e partecipato allo studio. In realtà in un secondo tempo sono stati identificati altri 45 bambini che avrebbero potuto essere inclusi nel campione ma che sono andati persi per problemi amministrativi. Le caratteristiche generali del campione arruolato e di quello non arruolato erano comunque simili anche per età media di applicazione delle protesi e gravità alla diagnosi. La perdita al follow up è comunque molto elevata e questo è il limite principale del lavoro. Tra gli 89 bambini reclutati il 21% presentava sordità lieve (26-40 dB di perdita di udito), il 34% moderata (41-60 dB), il 21% severa (61-80 dB) e il 20% profonda (>80 dB). Il 46% del campione seguiva regolarmente una scuola per sordi o una scuola con attrezzature per sordi mentre il 93% di quelli che seguivano una scuola normale avevano una maestra di sostegno o un maestro che li seguiva a casa. La diagnosi di sordità è stata realizzata in media a 1,8 anni (solo in 11 bambini la diagnosi è stata fatta prima dei 6 mesi) con protesizzazione a 1,9 anni ed inizio della riabilitazione a 2 anni. All’analisi univariata la severità della sordità alla diagnosi ed alla fine del trattamento ed il QI non verbale erano significativamente correlati con tutte le misurazioni per il linguaggio ma non per la lettura. La regressione lineare ha confermato che l’età alla diagnosi non influiva significativamente sul linguaggio o sulla lettura mentre la gravità del difetto correlava con tutte le misure per il linguaggio ma non con la lettura. Dai risultati riportati sembrerebbe quindi che sia la gravità della sordità e non l’età alla diagnosi il fattore che con più forza correla con gli outcome linguistici ma non di lettura. Nella discussione e nell’editoriale che accompagna l’articolo viene sottolineato che:
• Non si sono ancora certezze rispetto all’utilità dello screening neonatale e in particolare 1) manca ancora un test che possa essere considerato “gold standard” ed è evidente, visto che la percentuale di bambini con perdita di udito clinicamente significante si aggira intorno a 1 su 1000 nati, la necessità di un metodo di screening semplice, poco costoso ed affidabile; 2) anche se emissioni otoacustiche o PEU, singolarmente o in combinazione, sono state utilizzate per lo screening e la precoce dotazione di sofisticate protesi acustiche e interventi chirurgici per impianti cocleari è stata praticata con successo in vari centri, non si è ancora data risposta alla domanda fondamentale “questo cambia qualcosa nello sviluppo e nella vita del bambino?”.
• Solo studi prospettici, multicentrici con un lungo follow-up potranno dare risposte agli interrogativi aperti e fornire maggiori dettagli sui fattori che maggiormente influenzano il risultato finale. C’è quindi un bisogno crescente di concentrare sulla diagnosi precoce gli studi futuri in modo da consentire la valutazione dell’efficacia dei processi riabilitativi. I paesi che intendono incrementare gli screening neonatali per la sordità, dovrebbero essere consci che sono necessari servizi eccellenti in epoca neonatale, prescolastica e della scuola primaria se si vogliono raggiungere quei risultati per cui viene attuata una diagnosi precoce. Dovrebbero poi essere sistematicamente monitorati i risultati di ogni nuovo programma ben oltre gli anni della scuola primaria e non pensare che la diagnosi precoce da sola possa portare a benefici a lungo termine. L’incertezza esistente in questo ambito è confermata anche da un revisione Cochrane pubblicata sull’ultima edizione. Obiettivo della revisione era quello di confrontare l’efficacia a lungo termine di uno screening neonatale universale con trattamento precoce rispetto al screening e trattamento mirato e a screening e trattamento “opportunistici”. Non sono stati identificati studi utili a rispondere al quesito della revisione.
Un articolo pubblicato su ADC descrive invece una survey realizzata tra i pediatri del Galles per valutare gli esami realizzati in presenza di sordità grave per definirne l’eziologia. La parte di maggior interesse di questo lavoro è la descrizione degli esami di 1° e 2° livello raccomandati nel 2002 dalla BAAP (British Association of Audiological Physicians) e dalla BACDA (British Association of Community Doctors in Audiology) per facilitare la diagnosi etiologica delle sordità neurosensoriali bilaterali severe/profonde.

Esami di primo livello (da effettuare sempre)
- storia
- familiarità per sordità
- esame obiettivo
- esame dello sviluppo
- audiogrammi parenti di I grado
- ECG
- visita oculistica
- esame urine (per microematuria)
- mutazione connexina 26
- imaging della coclea e dei meati uditivi interni

Esami di secondo livello (indicati in base alla storia e ai reperti clinici)
- sierologia per infezioni congenite
- chimica clinica
- funzione tiroidea
- screening metabolico
- eco renale
- fotografie dei reperti clinici
- studi cromosomici
- consulenza genetica
- prove vestibolari

Secondo gli autori nell’organizzare l’indagine eziologica bisogna tener conto dell’invasività degli esami e del rapporto costo/beneficio. Tra gli esami di 1° livello, ECG ed esame delle urine sono particolarmente importanti perché non invasivi e primi indicatori di patologie importanti legate alla sordità (sindrome di Alport o di Jervell-Lange-Nielsen). Circa il 50% dei bambini con sordità severa/profonda presenta anomalie oculari, per la maggior parte sono vizi refrattivi. La correzione di tali errori è fondamentale: le informazioni visive sono canali essenziali per il bambino sordo. Un’anamnesi accurata è utile per sapere se altri membri della famiglia sono affetti da sordità e trovare portatori di caratteri per la sordità. La genetica è importante soprattutto per l’identificazione di diversi geni implicati in tale patologia, specialmente la connexina 26. L’articolo spiega poi perché alcuni esami sono stati inseriti in un 2° livello e debbano essere eseguiti solo nel caso in cui vi siano segni clinici particolari o indicazioni anamnestiche. Così ad esempio esami ematologici e biochimici sono utili solamente in presenza di un anamnesi importante (leucemia, malattia autoimmune) e lo stesso vale per esami che testino la funzionalità tiroidea (la maggior parte dei pazienti con sindrome di Pendred hanno una normale funzione tiroidea e il gozzo si sviluppa dopo i 10 anni di età). Per quanto riguarda poi gli esami sierologici questi sono utili solamente se fatti nei primi 6 mesi di vita (ovviamente in relazione alle infezioni congenite da CMV) e diventano fondamentali per la definzione eziologica in presenza di screening per la sordità su tutti i neonati.
Segnaliamo per concludere che Lancet di marzo ha pubblicato una rassegna sulla sordità neurosensoriale.

Fonti:
1) Arch Dis Child 2005;90:238-244.
2) Arch Dis Child 2005;90:221-222.
3) The Cochrane Database of Systematic Reviews 2005, Issue 2. Art. No.: CD003731
4) Arch Dis Child 2005;90:307-309.

Contenuto gentilmente concesso da: Associazione Culturale Pediatri (ACP) - Centro per la Salute del Bambino/ONLUS CSB - Servizio di Epidemiologia, Direzione Scientifica, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste; tratto da: Newsletter pediatrica. Bollettino bimestrale- Febbraio-Marzo 2005, Volume 2, pag. 7-9.

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