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La pretesa di raccontare la storia naturale della steatosi non alcolica
Inserito il 29 luglio 2006 da admin. - epatologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Nei pazienti con una epatopatia steatosica non alcolica, la mortalità è maggiore rispetto alla popolazione generale. Età, ridotta tolleranza glucidica e cirrosi sono predittivi per un aumento del rischio di morte.


Scopo dello studio era valutare quale fosse la storia naturale dell’epatopatia steatosica non alcolica (non-alcoholic fatty liver disease, NAFLD) nell’ambito della popolazione generale. Sono stati considerati 435 pazienti (età media 49 anni) con diagnosi di NAFLD, steatoepatite (non-alcoholic steatohepatitis, NASH) o cirrosi criptogenetica (confermata con ecografia, tomografia computerizzata o risonanza magnetica). Sono stati esclusi i casi di epatopatie diverse da quelle elencate, quelli a rischio di epatite virale, o con steatosi da farmaci, AIDS, bypass gastrointestinale e consumo medio di etanolo superiore o uguale a 140 grammi alla settimana. End points principali erano la mortalità globale e quella correlata alla epatopatia. Globalmente sono deceduti 53 dei 420 pazienti arruolati (12,6%) La mortalità nei pazienti con NAFLD è risultata superiore rispetto a quella della popolazione generale (RR 1,34, IC95% 1,00 - 1,76, p=0,03). I fattori rivelatisi associati con un aumento della mortalità sono l'età 2,2 per decade (1,7 - 2,7; p <0,001), l'intolleranza glucidica- diabete 2,6 (1,3 - 5,2 p = 0,005) e la cirrosi 3,1 (1,2 - 7,8 p = 0,02). Sette pazienti (1,7%) sono deceduti per cause correlate all'epatopatia. Tredici pazienti (3,1%), nell'arco di un follow-up medio di 7,6 anni, hanno sviluppato complicanze in rapporto all’epatopatia. Gli autori concludono che nei pazienti con epatopatia steatosica non alcolica, la mortalità è superiore rispetto alla popolazione generale. L’età, la ridotta tolleranza glucidica e la cirrosi sono risultati predittivi di un aumento del rischio di morte.

Fonte: Gastroenterology 2005;129:113-21

Commento di Luca Puccetti e Renato Rossi

Questo studio si prefiggeva di disegnare una fotografia della storia naturale dell'epatopatia steatosica non alcolica in una coorte rappresentativa della popolazione generale e non di un subset selezionato. In base ai risultati emerge che l'aumento del rischio di morte a livello di popolazione è aumentato rispetto a quello della popolazione generale, ma in realtà l'aumento del rischio è correlato a fattori di rischio ben noti anche nella popolazione generale quale l'età (fattore non modificabile) e la ridotta tolleranza al glucosio/diabete, oltre che alla cirrosi. Gli autori prospettano che l'evoluzione in cirrosi avviene in un caso su 30. Ma questo studio non è in realtà idoneo a fotografare l'evoluzione della storia naturale della malattia nella popolazione dei pazienti con steatosi non alcolica in quanto i 420 pazienti non sono stati selezionati in modo randomizzato tra i 420000 abitanti della Contea di Olmsted e dunque possono esserci dei fortissimi squilibri legati alla selezione di arruolamento che può aver selezionato un subseti di pazienti a più alto rischio in quanto presentavano segni sintomo o comunque motivazioni che li avevano spinti a rivolgersi ad un centro. La prevalenza stimata della NAFLD è attorno al 20-30% a seconda delle casistiche e dei metodi di stima. Gli studi autoptici (1,2) danno prevalenze per la NAFLD del 24% e per la NASH del 2,1-6,3%. Gli studi bioptici (3) in pazienti con persitente innalzamento delle transaminasi senza altra causa nota danno per la NASH una prevalenza della NASH del 26%. Gli studi ecografici (4), tra cui anche il braccio di controllo del progetto Dyonisos, danno per la NAFLD una prevalenza del 16,4-23%. Di particolare importanza lo studio effettuato sull'intera casistica Dallas, Texas popolazione del Dallas Heart Study coinvolgente 2287 partecipanti (734 bianchi, 1,105 neri, 401 ispanici e 47 altre razze) sottoposti a risonanza magnetica a spettro protonico che misura quantitativamente i trigliceridi epatici, in cui la prevalenza della NAFLD è risultata deiversa in base alla razza (45% ispanici; 33% bianchi; 24% neri) e, limitatatmente alla sola razza bianca, anche in base al sesso (42% uomini bianchi; 24% donne bianche). Da notare che il 79% dei soggetti con evidenza di NAFLD alla RM presentava transaminasi normali. Pertanto i 420 pazienti considerati nel presente studio sono un campione molto piccolo e oltretutto gravato da un probabile bias di selezione nell'arruolamento e pertanto scarsamente rappresentativo dell'intera popolazione dei potenziali pazienti con NAFLD. Il rischio di evoluzione è verosimilmente molto più basso. Il fatto poi che l'età e l'intolleranza al glucosio siano fattori indipendenti predittivi di un aumento del rischio di morte non costituisce certo una sorpresa e può essere interessante solo come dato che corrobora l'ipotesi dell'insulinoresistenza quale cofattore patogenetico della NAFLD. In realtà l'aumento del rischio di morte, fatto salvo per i fattori di rischio ben noti e non specifici della malattia, è solo per la cirrosi. Sembra ragionevole dunque raccomandare al paziente con NAFLD di evitare l'alcol ed i farmaci inutili o non necessari, il controllo del peso, con lento dimagrimento in caso di sovrappeso, il contenimento dell'apporto glucidico, una regolare, ma leggera attività fisica e forse sarebbe da prendere in considerazione anche la vaccinazione antiepatite B. Un'interessante prospettiva per identificare i soggetti ad evoluzione verso una NASH e quindi a rischio di cirrosi può essere la misura dei livelli plasmatici di tioredoxina, molecola scavenger indotta da stress ossidativo che è stata proposta come predittore di NASH in soggetti con NAFLD (6). Non pare invece appropriato proporre l'esecuzione della biopsia epatica nei soggetti con NAFLD in quanto la NASH ha una bassa prevalenza e non ha una terapia specifica. La vicenda della NAFLD suscita un dubbio: se siamo arrivati a identificare una malattia che ha una prevalenza del 30 % nella popolazione generale ci deve essere qualcosa che non quadra nella nostra concezione delle malattie oppure si tratta di un fulgido esempio di medicalizzazione esasperata che etichetta come malati persone che non lo sono affatto? Che stia per arrivare qualche nuovo rimedio "specifico" o qualche nuovo test? potrebbe proprio essere così in quanto sono stati proposti molti sistemi per identificare con metodi alternativi alla biopsia l'evoluzione verso la NASH. Il FibroTest-FibroSURE è un test non invasivo per predire la fibrosi in soggetti con NAFLD (7). Il test è un computo basato su un algoritmo (naturalmente coperto da brevetto: USPTO 6,631,330) che assembla i risultati dei livelli di α2-macroglobulina (A2M), apolipoproteina A1, aptoglobina, bilirubina totale, e γ-glutamyl-transpeptidasi (GGT), mentre l'indice di infiammazione con necrosi combina gli stessi 5 markers, più la ALT. Il test, già usato per valutare la fibrosi nell'epatite cronica C e B e nella epatopatia alcolica, se impiegato con valori di cut-off di 0.30 ha un 77% sensibilità con un 90% di valore predittivo negativo per fibrosi avanzata con una capacità predittiva anche per la fibrosi a ponte o la cirrosi (92% di sensibilità e 98% di valore predittivo negativo). Con uno score di cut-off di 0.70 la specificità è del 98% ed il valore predittivo positivo del 76%. Per evidenziare in modo non invasivo la fibrosi, è stato proposto anche un metodo di imaging: il Fibroscan (8). In pratica è una particolare ecografia con una sonda appoggiata alla parete del torace che emette un’onda elastica a bassa frequenza la cui velocità di propagazione varia a seconda della maggiore o minore presenza di fibrosi o cirrosi. Il Fibroscan ha correlato bene con i risultati delle biopsie di soggetti con epatopatie virali croniche esaminate con lo score METAVIR (9). Un'esperienza italiana in 228 pazienti affetti da epatite cronica B e/o C, dimostra che valori di Fibroscan ≥8.3 kPa e ≥14 kPa hanno un’accuratezza diagnostica dell’87.3% e dell’88.2% nell’identificare rispettivamente i soggetti con fibrosi epatica ≥F2 o cirrosi. I valori del fibroscan oltre che dall'entità della fibrosi risentono anche del grado di infiltrazione infiammatoria che incide sulla "stiiffnness" epatica, come dimostrato dalle variazioni dei valori dell'elastometria epatica in funzione delle fluttuazioni dell'attività di malattia.Un ulteriore metodo non invasivo per valutare la fibrosi è il Dynamic breath tests. Il breath test con 13C-metacetina stima quantitativamente le funzoni epatiche dipendenti dal citocromo P450, mentre il breath test con 13C-octanoato valuta la beta-ossidazione epatica mitocondriale. Entrambi i meccanismi correlano con lo stress ossidativo che sarebbe implicato nella patogenesi della NASH. Un sistema integrato basato su entrambi i succitati breath tests sarebbe in grado di distinguere la NASH dalla NAFLD (10). I soggetti con NASH presentano un rischio aumentato di sviluppo di epatocarcinoma e pertanto potrebbe essere giustificato un monitoraggio specifico. La disponibilità di tests non invasivi per l'identificazione della NASH nella moltitudine dei casi di NAFLD può dunque essere utile anche per attuare questo monitoraggio.

1) Scand. J Gastroenetrol 1977; 12:593
2) Hepatology 1990; 12:1106
3) Am J Gastroenterol 1999; 94:3010
4) Ann Intern Med 2000; 132:112
5) Hepatology 2004; 40:1387-1395
6) J Hepatology 2003; 38:32
7) BMC Gastroenterology 2006; 6:6
8) Hepatology. 2005;42:492A
9) Hepatology 2005; 42: 435A
10) Hepatology. 2005;42:752A
11) Hepatology. 2005;42:625A

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