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Il punto sulle vaginiti
Inserito il 20 gennaio 2007 da admin. - ginecologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Lo stato dell'arte su una delle patologie ginecologiche di più frequente riscontro nella pratica clinica.


La vaginite è probabilmente la patologia ginecologica più comune in assoluto.
Le vaginiti più note sono quelle infettive: da candida, vaginite batterica (gardnerella vaginalis, micoplasma, batteroides) e infine da tricomonas. Esistono però anche le vaginiti atrofiche (deficienza estrogenica), quelle allergiche (dovute a prodotti per l'igiene intima, al diaframma, ecc.), quelle irritatative (da tamponi vaginali, saponi, preservativi al lattice). Infine sono descritte vaginiti da traumi (pessari, tamponi o dispositivi anticoncezionali intravaginali) e le vaginiti da lichen planus (lesioni desquamative di solito associate a lesioni buccali e vulvari).

I sintomi lamentati sono il prurito vulvare e vaginale che si può accentuare durante i rapporti sessuali e il ciclo mestruale, il bruciore, le perdite vaginali che possono essere di colorito biancastro come nelle forme da candida (perdite descritte come simili al caglio fresco), giallo-verdastre, più o meno male-odoranti.

Sebbene la diagnosi si basi spesso sui sintomi e sull'esame ginecologico (che può evidenziare eritema ed edema della vulva e delle piccole labbra, eritema vaginale, presenza di membrane biancastre, ecc.) in realtà per stabilire la causa esatta della vaginite spesso bisogna ricorrere ad indagini laboratoristiche. Infatti i sintomi e la tipologia delle perdite vaginali sono dei fattori poco affidabili per stabilire la causa etiologica della vaginite. Il tampone vaginale con successivo esame colturale è lo strumento più utile per la diagnosi microbiologica ma richiede tempo. Inoltre la gardnerella vaginalis si ritrova in molte donne asintomatiche e la candida può essere un semplice saprofita nel 10-25% delle donne, per cui bisogna sempre correlare i segni e i sintomi con i dati di laboratorio. In alternativa può essere effettuato un esame microscopico "a fresco" prelevando dell'essudato dal fornice vaginale posteriore. All'essudato prelevato va aggiunto del liquido di KOH al 10% che permette una digestione del materiale cellulare presente e quindi una miglior osservazione del preparato; si può anche eseguire una colorazione di Gram grazie alla quale viene evidenziata la presenza di batteri. Per la diagnosi di vaginosi batterica sono considerati accettabili i criteri di Amsel: perdite vaginali lattescenti, omogenee, aderenti, pH vaginale > 4,5, tipico odore di pesce delle perdite vaginali, presenza di "clue cells" nel preparato a fresco (le "clue cells" sono cellule epiteliali vaginali dai margini indistinti, oscurate da numerosissimi batteri attaccati alla superficie che conferiscono alle cellule stesse un aspetto granulare). Se sono presenti 3 dei 4 criteri di Amsel la diagnosi di vaginite batterica è probabile al 90%. La visualizzazione delle caratteristiche ife permette invece di diagnosticare una vaginite micotica. Tuttavia vi è da considerare che un esame microscopico negativo non esclude una vaginite batterica o micotica in quanto è stato visto che in alcuni di questi casi in realtà l'esame colturale risulta positivo e permette di isolare il germe responsabile.

Il trattamento di prima scelta nelle vaginosi batteriche è il metronidazolo (500 mgx2/die per 7 giorni per via orale). Altri trattamenti possono essere utili (metronidazolo in gel vaginale, clindamicina in crema oppure ovuli vaginali) ma sembra siano associati ad un rischio più elevato di recidiva. Le forme ricorrenti richiedono trattamenti più prolungati (in genere per 10-14 giorni).
Le vaginiti batteriche in gravidanza possono portare a parti prematuri e infezioni perinatali. Le linee guida non consigliano lo screening e il trattamento delle forme asintomatiche di vaginite batterica in gravidanza, almeno nelle donne a basso rischio. e anche una revisione Cochtrane conclude che vi sono poche prove che screning e trattamento nelle forme asintomatiche sia utile. Va ricordato tuttavia che un recente studio pubblicato dal Lancet suggerisce che il trattamento con clindamicina (300 mgx2/die per 5 giorni) delle vaginosi batteriche asintomatiche riduce la frequenza di aborti e parti pretermine.

Le vaginiti da candida albicans (15-30% delle vaginiti) sono caratterizzate da perdite vaginali bianche e spesse, prurito, bruciore, talora disuria, eritema vaginale. Possono essere trattate con un'unica dose orale di 150 mg di fluconazolo, che viene spesso preferito per la sua semplicità. Tuttavia possono essere prescritti anche trattamenti per via vaginale (per esempio clotrimazolo 1 tavoletta vaginale da 100 mg per 7 giorni oppure miconazolo 1 ovulo vaginale da 100 mg per sette giorni o altri ancora).
E' importante distinguere tra vaginiti da candida complicate e non complicate. Si considerano complicate le forme ricorrenti, quelle gravi, le forme dovute a specie di candida diverse dalla albicans e quelle che si verificano in donne con diabete, condizioni debilitanti, immunosoppressione o in gravidanza. Le forme complicate sono trattate con terapia topica per 10-14 giorni oppure con fluconazolo 150 mg/die per 3 giorni. Lo schema di trattamento per le forme ricorrenti (4 o più episodi in un anno) prevede l'uso di clotrimazolo tavolette vaginali da 100 mg per 7 giorni seguito da una terapia di mantenimento di una tavoletta ogni settimana oppure fluconazolo 150 mg per os per 3 giorni seguito da una dose di 150 mg una volta alla settimana come mantenimento.

Le vaginiti da tricomonas sono caratterizzate da perdite vaginali di colorito giallastro, schiumose, con aumento dell'odore, prurito, disuria, talore eritema cervicale o vaginale.
Vengono trattate con metronidazolo 2g per os in singola dose oppure 500 mgx2/die per 7 giorni. In caso l'infezione persista viene raccomandata un'ulteriroe dose di 2 g per os. Se nonostante questa seconda dose non si ottengono risultati si consiglia di somministrare 2 g per os di metronidazolo al giorno per 3-5 giorni.
Le vaginiti da tricomons in gravidanza possono complicarsi con parti pretermine e neonati di basso peso. Il CDC americano consiglia di trattare solo le forme sintomatiche con metronidazolo 2g per os in unica dose ma non raccomanda il trattamento delle forme asintomatiche.

Le vaginiti atrofiche vengono trattate, se provocano sintomi, con l'applicazione topica di estrogeni.



Rento Rossi


Bibiografia
1. Sexually transmitted diseases treatment guideline 2006. Diseases Characterized by Vaginal Discharge .
Centers for Disease Control and Prevention. http://www.cdc.gov/STD/treatment/2006/vaginal-discharge.htm. Accesso del 25 settembre 2006 .
2. Ugwumadu A et al. Effect of early oral clindamycin on late miscarriage and preterm delivery in asymptomatic women with abnormal vaginal flora and bacterial vaginosis: a randomised controlled trial. Lancet 2003;361:983-8.
3. McDonald H, Brocklehurst P, Parsons J, Vigneswaran R. Antibiotics for treating bacterial vaginosis during pregnancy. http://www.cochrane.org/reviews/en/ab000262.html. Accesso del 25 settembre 2006
4. Eckert LO. Acute Vulvovaginitis. N Engl J Med 2006 Sept 21; 355:1244-1251
5. Owen MK and Clenney TL. Management of vaginitis. Am Fam Phys 2004; 70: 2125-2132.

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