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Una febbre ingannatrice
Inserito il 16 marzo 2007 da admin. - casi_clinici - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La comparsa di febbre in un giovane paziente affetto da colite ulcerosa era il sintomo iniziale di una patologia epatica autoimmune.


Simone è un bel ragazzo di 29 anni che non ha mai avuto particolari problemi di salute. Da una settimana però ha cominciato a lamentare diarrea e dolori addominali per i quali ha consultato il medico curante che, dopo aver posto diagnosi di enterite acuta di probabile origine virale, gli ha consigliato una terapia sintomatica e alcuni giorni di riposo.
Tuttavia la sintomatologia invece che attenuarsi si è andata progressivamente aggravando con comparsa di diarrea ematica, febbricola, anoressia importante. Simone consulta nuovamente il medico che, nel sospetto di una rettocolite ulcerosa, richiede una colonscopia. In effetti l'esame endoscopico mostra un quadro macroscopico compatibile con rettocolite ulcerosa estesa a tutto il colon sinistro e l'esame istologico dei prelievi bioptici conferma la diagnosi. Simone viene posto in terapia con mesalazina e dopo circa due settimane la diarrea ematica è quasi del tutto scomparsa, come anche i dolori addominali e l'anoressia.
Passano circa due mesi e Simone deve di nuovo consultare il medico per una sindrome febbrile. Il medico curante pensa ad una banale virosi respiratoria anche se in realtà il giovane non lameta che un lieve mal di gola, con obiettività faringea del tutto negativa. La febbre persiste nonostante l'assuzione di paracetamolo e così, dopo qualche giorno, viene richiesta una radiografia del torace che risulta negativa. Anche l'esame obiettivo non è dirimente e Simone, a parte le febbre sui 38°C, l'astenia e i dolori muscolari non riferisce altri sintomi. Viene iniziata una terapia ex-juvantibus a base di amoxicillina/clavulanico che però non sortisce alcun risultato. A questo punto si rendono necessari accertamenti mirati per cui il medico, per abbreviare l'iter diagnostico, ricovera il paziente. Durante il ricovero vengono eseguiti vari esami bioumorali che mostrano un aumento consistente delle transaminasi, della VES e delle gammaglobline. Gli anticorpi antinucleo e anti muscolo liscio risultano positivi, i markers virali di epatite, varie emocolture ed urinocolture sono invece negativi, così come una TAC del torace, mentre una ecografia addominale evidenzia segni aspecifici di epatopatia (fegato iperecogeno). Viene decisa una agobiopsia epatica che permette di arrivare alla diagnosi di epatite autoimmune.


Commento al caso clinico

Una alterazione delle transaminasi è un reperto abbastanza frequente nella colite ulcerosa tuttavia una epatite vera e propria si realizza solo in una minoranza dei pazienti, valutabile attorno al 2-5%. Le due forme più gravi di interessamento epatico descritte in pazienti con colite ulcerosa sono l'epatite autoimmune e la colangite sclerosante primitiva. Depongono per una epatite autoimmune la positività degli autoanticorpi anti-nucleo e anti-muscolo liscio, anticorpi anti microsomi epatici e/o renali, la presenza di fattore reumatoide, l'aumento importante delle gammaglobuline per incremento delle IgG. La biopsia epatica mostra aspetti caratterizzati da marcata infiltrazione di linfociti e di plasmacellule. La terapia si basa sull'uso di steroidi che talora, nelle forme più impegnative, vengono associati all'azatioprina.

Renato Rossi

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