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Pochi vantaggi con aggiunta di exenatide ai tiazolidinedioni nel diabete tipo 2
Inserito il 21 febbraio 2008 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L'aggiunta dell'exenatide vs placebo sul controllo glicemico in pazienti con diabete tipo 2 ed in trattamento con tiazolidinedioni senza metformina conferisce miglioramenti modesti sul controllo glicemico a prezzo di molti effetti collaterali.

L'exenatide è un nuovo antidiabetico approvato come terapia di combinazione con metformina o solfaniluree per il trattamento del diabete tipo 2. Farmaci più recenti come i tiazolidinedioni (TZD) sono comunemente usati, ma non è nota l'efficacia dell'exenatide in associazione con questi farmaci.
Per valutare l'effetto dell'exenatide vs placebo sul controllo glicemico in pazienti con diabete tipo 2 ed in trattamento con TZD ( con senza metformina) è stato condotto un trial randomizzato in doppio cieco multicentrico ( 49 centri clinici in Canada, Spagna e USA). Sono stati arruolati 233 pazienti con controllo sub-ottimale del diabete ( HbA1c media 7.9%) in trattamento con TZD ( pioglitazione o rosiglitazone associati o meno a metformina). Il trattamento attivo, riservato a 121 pazienti ( 112 gruppo placebo) è consistito in 2 iniezioni sottocutanee di 10 µg di exenatide al giorno (una iniezione prima di pranzo e cena) in aggiunta alla abituale terapia per un periodo di 16 settimane. L'outcome primario è stato considerato il livello di HbA1c rispetto al basale, obiettivi secondari la glicemia a digiuno, il peso corporeo, la glicemia automisurata ed ogni evento avverso.
Il trattamento con exenatide ha ridotto l'emoglobina glicata ( -0.98% CI 95% - 0.74 -1.21), la glicemia (differenza media - 30.5 mg/dL) e il peso ( - 1.51 kg , CI, 2.15 - 0.88 kg). Il 16% dei soggetti in trattamento attivo ed il 2% nel gruppo placebo hanno sospeso il trattamento per effetti avversi.


Fonte: Ann Intern Med 2007; 146: 477-485

Commento di Marco Grassi

Annals of Internal Medicine pubblica questo trial clinico che mette a confronto un nuovo antidiabetico, l'exenatide, ad attività incretino-mimetica vs placebo in pazienti già in trattamento per diabete tipo 2.
Già da una sommaria lettura salta all'occhio, anche di un modesto recensore come chi scrive questo commento, che lo studio cui la prestigiosa rivista ha dato spazio è un tipico trial a valenza prettamente commerciale, come se ne trovano ad abundantiam in molte riviste di ben più modesto impact factor. Che succede? I revisori di Annals hanno preso una cantonata? E' cambiata improvvisamente la qualità del peer reviewing o la politica editoriale? Se si ha l'accortezza (e la pazienza) di proseguire la lettura della rivista ben presto è rivelato l'arcano.
Lo studio è infatti accompagnato da un editoriale [1] che stronca perfidamente tutto l'impianto del trial, dal disegno dello studio ai metodi, non mancando, inoltre, di sottolineare come gli sponsor commerciali di questo genere di trial attraverso il disegno dello studio, esecuzione, analisi e diffusione dei dati, controllino saldamente il flusso di informazioni sui loro farmaci.
Zinman e coll. nella loro presentazione, molto obiettiva e bilanciata (come sottolinea, sarcastico, l'editorialista) ci mostrano come aggiungendo exenatide ad una terapia a base di glitazioni ( associati o meno a metformina) si ottiene una riduzione dell'1% della emoglobina glicata in 16 settimane di trattamento. Risultato veritiero? Ma soprattutto clinicamente rilevante? L'editoriale citato pone seri dubbi, date le numerose pecche metodologiche. I punti deboli (ma veramente deboli!) sono numerosi:
1) Popolazione target: difficile determinare a quale tipologia di pazienti i risultati possono essere applicati. Infatti i soggetti partecipanti al trial sono molto particolari. Sono pazienti scarsamente controllati (frequenti nella realtà clinica), ma il cui scarso controllo è imputabile ad un regime terapeutico sub-ottimale ( sia di tipo farmacologico che non farmacologico come dieta e aumento dell'attività fisica). Sarebbe buona pratica clinica prima di aggiungere altri farmaci, vedere se migliori risultati si ottengono utilizzando al meglio i farmaci a disposizione ( in questo caso la metformina era utilizzata ad un dosaggio medio di 1800 mg e solo nei 2/3 dei pazienti) ma soprattutto tentare ( almeno provarci) di mettere a dieta appropriata e adeguato esercizio fisico i pazienti ( in scarso controllo metabolico come da criterio di inclusione dello studio). A questo punto ci sarebbe da chiedersi anche come abbia fatto questo trial a passare al vaglio di un comitato etico. In ogni caso non sappiamo se questi pazienti trattati al meglio, come linee guida comandano [2], sarebbero stati esclusi dallo studio così come non sapremo mai se l'aggiunta del nuovo farmaco funziona meglio rispetto alla semplice aggiunta di mezzo grammo in più di metformina o all'inizio di una dieta o di un programma di esercizio fisico.
2) Durata del trial: sebbene il diabete sia una delle più classiche patologie croniche il follow up si ferma ad appena 16 settimane. Per una terapia che in teoria è di durata illimitata il concetto di lungo termine si arresta allo scadere dei 4 mesi. Giusto il tempo per vedere se funziona su end point biochimici, peraltro con tutte le limitazioni già descritte. Riduzione di mortalità, di sviluppo di complicanze, miglioramento della qualità di vita sono evidentemente end point di minore importanza. Senza considerare la possibilità che la prosecuzione a più lungo termine della terapia sveli effetti collaterali o avversi più gravi di quelli rilevati a 16 settimane ( peraltro tutt'altro che lievi)
3) Numerosità del campione: su milioni di pazienti diabetici riportare i dati di efficacia su 121 pazienti è piuttosto azzardato (come minimo), senza contare che sono stati attivati ben 49 centri clinici per reclutare questo esiguo numero di pazienti. Su numeri così bassi e per follow up così brevi è impossibile tracciare qualsiasi profilo di sicurezza di un farmaco che deve essere assunto a tempo indefinito. Oltre a importanti effetti collaterali spiacevoli che hanno colpito un elevato numero di pazienti in trattamento con exenatide (il 40% ha riportato nausea) sono segnalati anche effetti avversi più gravi come l'ipoglicemia, sebbene non statisticamente significativa e un caso di possibile reazione allergica ( alveolite allergica). In ogni caso lo studio ha presentato una percentuale di drop out (pazienti che hanno sospeso la terapia per qualunque causa) insolitamente elevata per studi di breve periodo, ben il 26%. Se è vero che i drop out per intolleranza agli effetti collaterali si sono avuti prevalentemente all'inizio del trattamento, come riferiscono gli autori, è tuttavia possibile che una terapia prolungata oltre le 16 settimane possa ulteriormente ridurre i diabetici in grado di sopportare gli effetti collaterali.
4) Ruolo dello sponsor: gli sponsor hanno ideato e condotto il trial e analizzato i dati. Da una attenta lettura risulta chiaramente il ruolo svolto dagli sponsor attraverso personale dipendente che hanno anche firmato la ricerca come co-autori . Lo sponsor si è inoltre occupato della randomizzazione e del monitoraggio degli eventi avversi ( non esisteva quindi un board indipendente del monitoraggio della sicurezza). Nonostante il ruolo preponderante dello sponsor nella ideazione e conduzione del trial, i ricercatori clinici sono stati accomunati come autori poichè, come esplicitamente dichiarato, hanno interpretato i dati , partecipato alla redazione della bozza e approvato il testo finale della pubblicazione.
Raramente è dato vedere un trial clinico a sponsor commerciale con difetti di merito e di metodo così grossolani tutti tesi a favorire gli interessi commerciali dello sponsor ( peraltro legittimi), così come è altrettanto raro leggere sulla stessa rivista un editoriale che acutamente viviseziona e mette a nudo le falle metodologiche e le correla con gli stessi interessi.
E' legittimo avere interessi commerciali, specie per chi produce e commercializza beni e servizi, così come è legittimo produrre ricerche, come questa, che mettano in buona luce i propri prodotti. Sarebbe altrettanto legittimo, anzi doveroso, che tutte le riviste che pubblicano queste ricerche associassero anche articoli di appropriato commento critico come quello pubblicato sugli Annals. Per il momento non ci resta che ringraziare gli Annals of Internal Medicine per aver mostrato la strada da imboccare.

Referenze

[1] Malazowski S. Exenatide in combination therapy: small study, big market, and many unanswered questions. Ann Intern Med 2007; 146: 527-528
[2] Standards of medical care in diabetes-2007. Diabetes Care. 2007;30(Suppl 1):S4-S41


Commento di Luca Puccetti

Certamente lo studio recensito ha vari problemi che sono stgati già ampiamente evidenziati dal commento di Marco Grassi. Tuttavia occorre riflettere su alcuni aspetti.

Quello più importante è che purtroppo la letteratura "diabetologica" ha pochissimi studi su eventi clinicamente rilevanti e dunque poggia principalmente su un end point intermedio come l'emoglobina glicata. Ben sappiamo quali siano i possibili problemi correlati all'uso di tali end point biologici, ma purtroppo per adesso dobbiamo prendere atto che tranne la letteratura cardiologica, abbiamo una grande carenza di studi su end point clinici e dobbiamo altresì considerare che gli studi clinici in campo diabetologico raramente durano molto a lungo.
Ciò detto e dopo aver anche riconosciuto la piccola dimensione del campione e la brevità del follow-up, occorre sottolineare che è da preferire che i dipendenti dello sponsors che hanno attivamente partecipato allo studio siano inseriti apertamente tra gli autori dello studio a tutti gli effetti piuttosto che far uso di ghost writers, piuttosto sarebbe da chiedersi quali sia il contributo reale degli autori clinici indipendenti. In tal modo comunque il lettore è informato esplicitamente di quale sia stato il livello di coinvolgimento dello sponsor nello studio.
L'altro elemento degno di nota è che la metformina non è proprio tollerata benissimo e sono relativamente pochi i pazienti che tollerano dosi massimali del farmaco. Dopo la vicenda dei glitazoni, dalle prospettive non propriamente esaltanti, i farmaci che agiscono sul GLP1 e gli inibitori della DPP4 sono una speranza non solo per il controllo del diabete, ma anche per la modifica della storia naturale della malattia, anche se tali utilizzi speculativi sono tutti da dimostrare, siamo cioè allo stadio delle premesse plausibili. E' tuttavia degno di nota che i pazienti non abbiano preso peso e questo è molto importante ed è qui che potrebbe giocarsi la partita di questi farmaci che, nell'uso concreto, dovrebbero essere impiegati prevalentemente in associazione alla metformina.
In uno studio (1) su pazienti diabetici tipo 2 in cui la solfanilurea non controllava la glicemia, a 30 settimane la variazione dell' HbA1c rispetto al basale fu -0.86 ± 0.11 nel gruppo exenatide 5 microgrammi bid e 0.12 ± 0.09% (±SE) nel gruppo placebo ( P < 0.001). A 30 settimane i soggetti arruolati nel gruppo exenatide presentarono inoltre un calo ponderale rispetto al basale di tipo dose dipendente, che nel gruppo 5 microgrammi bid di exenatide fu di -1.6 ± 0.3 kg (P < 0.05 vs. placebo).
In uno studio simile in cui i pazienti erano trattati con associazione sulfanilurea e metformina exenatide nel gruppo 5 microgrammi bid si accompagnò ad una riduzione di -0.8 ± 0.1% dell'HBA1c rispetto al gruppo placebo+terapia abituale in cui la variazione della Hb glicata rispetto al basale fu +0.2 ± 0.1% ( adjusted P < 0.0001 vs. placebo), Anche in questo caso nei pazienti trattati con exenatide si osservò a 30 settimane un calo ponderale rispetto al basale (-1.6 ± 0.2 kg ) che fu significativamente maggiore di quello osservato nel gruppo il placebo -0.9 ± 0.2 kg; P ≤ 0.01 vs. placebo). La nausea fu l'effetto collaterale più frequente. L'incidenza di ipoglicemia di grado lieve/moderato fu rispettivamente del 28% nel gruppo exenatide 5 µg bid, del 19% in quello exenatide 5 µg die e del 13% in quello placebo.
LA FDA ha lanciato un warning (3) circa la possibile associazione tra uso di exenatide e pancreatite anche se su 30 segnalazioni ben 27 presentavano ben noti fattori di rischio quali abuso di alcool, colelitiasi e ipertrigliceridemia. In nessun caso la pancreatite fu di tipo necrotico-emorragico. In 5 casi si svilupparono serie complicanze ed in 3 casi dopo la risoluzione del quadro l'assunzione di exenatide si accompagnò ad un nuovo peggioramento o ad una recrudescenza dei sintomi pancreatitici.

vedi anche per approfondire:

http://www.pillole.org/public/aspnuke/articles.asp?id=106

Referenze

1 Diabetes Care 20004; 27(11):2628-2635
2) Diabetes Care 2005;28(5):1083-1091
3) http://www.fda.gov/CDER/Drug/InfoSheets/HCP/exenatideHCP.htm

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