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Il ritorno del rachitismo: supplemetazione universale con vitamina D ?
Inserito il 24 febbraio 2008 da admin. - pediatria - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Il problema dell’ipovitaminosi D è molto diffuso in età pediatrica, con conseguente aumento dei casi di rachitismo pertanto alcuni raccomandano di supplementare con vitamina D tutti i bambini, ma le linee-guida italiane sono discordanti.

Sono stati pubblicati su Arch Dis Child tre articoli originali ed un editoriale di commento sul tema del rachitismo, patologia riemergente e in parte legata all’aumento dei flussi immigratori. Due di questi articoli si occupano del rachitismo sintomatico nei bambini sotto i 5 anni e uno del rachitismo nelle adolescenti.

Il primo studio è una survey prospettica che ha coinvolto i pediatri del West Midlands in Inghilterra. I pediatri venivano contattati per posta 10 volte in un anno (tra il maggio 2000 e l’aprile 2001) e veniva loro richiesto di segnalare tutti i casi di rachitismo confermato radiologicamente o di convulsioni ipocalcemiche in bambini sotto i 5 anni di età. Hanno risposto il 76% dei 119 pediatri contattati. Sono stati segnalati 24 casi (13 maschi e 11 femmine). Di questi solo una bambina era supplementata con vitamina D. I segni/sintomi rilevati sono stati: gambe vare a un’età media di 17 mesi (11 bambini dei quali 10 allattati al seno), convulsioni ipocalcemiche a 6 settimane (6 bambini dei quali 3 allattati al seno da madre con deficit di vitamina D), ritardo motorio a 17 mesi (4 bambini tutti neri e allattati al seno). L’incidenza complessiva è stata di 7,5 casi per 100.000 bambini, con importanti differenze fra gruppi etnici (Sud-Est asiatico: 38 x 100.000; neri-africani e caraibici: 95 x 100.000; bianchi 0,4 x 100.000).

Il secondo lavoro è uno studio descrittivo retrospettivo che ha l’obiettivo di definire le caratteristiche demografiche e cliniche dei casi di rachitismo che si sono presentati nei 3 ospedali universitari di Sydney dal 1993 al 2003. Sono stati raccolti 126 casi di rachitismo confermati da un deficit ematico di vitamina D (<50 nmol/l) e/o da una diagnosi radiologica. Dallo studio sono stati esclusi i casi secondari a malassorbimento. La vitamina D ematica è stata misurata come 25-idrossivitamina D (che dosa sia l’ergocalciferolo che il colecalciferolo). I risultati hanno messo in evidenza che il 73% dei bambini presentava un livello di 25-idrossivitamina D <20nmol/l e il 78% evidenza radiologica di rachitismo. Il 64% dei casi erano maschi e con presentazione anticipata rispetto alle femmine. In metà dei casi era presente ipocalcemia, in pochi casi iperfosfatemia, nell’80% dei casi iperparatiroidismo secondario. I bambini studiati avevano un peso e una altezza inferiore rispetto alla popolazione generale. Rispetto ai fattori di rischio va segnalato che nell’88% dei casi non c’era stata esposizione al sole e che sono state anche in questo studio rilevate importanti differenze etniche (il 96% dei casi era in non-bianchi). Inoltre 63 madri sono state testate per i livelli ematici di vitamina D e tutte presentavano valori inferiori a 50nmol/l, di cui il 68% inferiori a 20nmol/l. Tutti i bambini hanno risposto alla terapia con vitamina D. Gli autori segnalano che dal 1994 al 2003 il numero di casi è raddoppiato.
I sintomi clinici di presentazione del rachitismo descritti in entrambi i lavori sono:
1) convulsioni con ipocalemia (che possono essere accompagnate da insufficienza cardiaca nei casi più gravi), caratteristiche dei bambini sotto i 6-12 mesi nei quali un fattore eziologico importante è il deficit di vitamina D nella madre;
2) deformità ossee soprattutto a carico degli arti inferiori che si presentano vari nei bambini che hanno raggiunto la stazione eretta e che iniziano a camminare;
3) ritardo motorio soprattutto nella deambulazione causato da una miopatia prossimale;
4) ritardo di crescita staturo-ponderale.

Il terzo lavoro è stato realizzato in Inghilterra (Manchester) e valuta la prevalenza dell’ipovitaminosi subclinica tra le adolescenti. Sono state studiate 51 ragazze di 10 anni che frequentavano una scuola inferiore multietnica. Sono stati valutati peso, statura, BMI, l’assunzione quotidiana di vitamina D col cibo e l’esposizione giornaliera al sole. Sono state inoltre dosate le concentrazioni ematiche di calcio, fosforo, fosfatasi alcalina, albumina, paratormone, 25-idrossivitamina D. I risultati hanno messo in evidenza che l’ipovitaminosi D era comune in questa popolazione di adolescenti sane: il 73% presentava livelli ematici di vitamina D inferiori a 30nmol/l e il 17% inferiori a 12,5nmol/l (livelli spesso associati a rachitismo e osteomalacia). La carenza era più accentuata nelle ragazze di colore. La ridotta esposizione al sole più che le differenze nella dieta spiegavano la variabilità dei risultati. Gli autori sottolineano che la carenza di vitamina D durante l’infanzia e l’adolescenza può rendere insufficiente l’acquisizione del picco di massa ossea alla fine dell’accrescimento e della maturazione scheletrica, aumentando perciò il rischio di fratture osteoporotiche nelle età successive e specialmente in menopausa. Ragazze con carenza severa di vitamina D possono sviluppare alterazioni scheletriche della forma della pelvi con conseguenti difficoltà nel parto ma soprattutto mantenere uno stato di carenza di vitamina D (per il persistere degli stili di vita) che si rifletterà poi sui figli.

Fonti:

1) Arch Dis Child 2006;91:606-607
2) Arch Dis Child 2006;91:564-568
3) Arch Dis Child 2006;91:569-572
4) Arch Dis Child 2006;91:549

Contenuto gentilmente concesso da: Associazione Culturale Pediatri (ACP) - Centro per la Salute del Bambino/ONLUS CSB - Servizio di Epidemiologia, Direzione Scientifica, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste; tratto da: Newsletter pediatrica. Bollettino bimestrale- Giugno Settembre 2006, Volume 4, pag. 66-68.

Commento
Vorremmo mettere in evidenza alcuni aspetti salienti che derivano dai risultati e dalle discussioni degli studi citati:
1) i fattori eziologici più importanti del rachitismo sono la mancata esposizione al sole e l’appartenenza a determinate etnie (asiatica, nera). L’assunzione dietetica copre solo il 10% del fabbisogno di vitamina D (presente in pesce grasso, uova, burro, margarina). L’esposizione al sole richiesta nella prima infanzia per raggiungere livelli adeguati di vitamina è di 30 minuti a settimana se il bambino è nudo, vestito solo con il pannolino, e di 2 ore a settimana se il bambino è completamente vestito, senza cappello. Un adulto dalla pelle chiara produce abbastanza vitamina D dopo 15 minuti di esposizione al sole 2-3 volte alla settimana. La melanina presente nella pelle scura compete per i fotoni UV-B e questo comporta la necessità di un maggior tempo di esposizione. Le comunità asiatiche e africane o quelle in cui l’esposizione al sole è ridotta per motivi religiosi o culturali sono quindi a maggior rischio di deficit di vitamina D, specie nei mesi invernali. Va ancora sottolineato che le creme protettive riducono molto la sintesi cutanea di vitamina.
2) la concentrazione di vitamina D nel latte umano è inferiore a 100 UI/die, ma può essere ancora più bassa se la madre non ha una dose ematica sufficiente (>50nmol/l). La concentrazione nei latti formulati è generalmente sufficiente a patto che il bambino assuma almeno 500 ml di latte al giorno e che non parta da una condizione di carenza (ad esempio in presenza di deficit di vitamina D materna).
3) la carenza di vitamina D della madre in gravidanza predispone fortemente alla carenza nel lattante.
Rispetto alla necessità di supplementazione con vitamina D dei lattanti segnaliamo alcuni documenti utili:
• le linee guida del 2003 dell’American Academy of Pediatrics (AAP) sulla prevenzione del rachitismo e dell’ipovitaminosi D raccomandano la somministrazione di 200 UI/die a tutti i bambini a partire dai primi mesi di vita fino all’adolescenza; sempre l’AAP riporta le stesse raccomandazioni nel Policy Statement sull’allattamento materno aggiornato nel 2005.
• le linee guida del Sistema Sanitario Inglese (segnalate sul n° 42 della newsletter CMO update, estate 2005) raccomandano la supplementazione con 280 UI/die nei bambini <5 anni.
• le raccomandazioni della SIN sull’allattamento al seno pubblicate anche su Medico e Bambino (2002;21:91-98) e accessibili sul web dell’ACP (sezione Allattamento, Raccomandazioni ufficiali) riportano che: “Nei primi 6 mesi di vita non sono necessarie supplementazioni nutrizionali routinarie … di vitamina D, che possono tuttavia essere indicate per singoli lattanti. Pur essendo povero di vitamina D, il latte umano non pregiudica la mineralizzazione ossea. La supplementazione di vitamina D andrà riservata ai bambini di pelle scura, quando poco esposti alla luce del sole o allattati da donne carenti di vitamina D”. Più o meno la stessa informazione è riportata nel libretto per i genitori del Ministero della Salute “Quando nasce un bambino”.
• le “Raccomandazioni sul corretto utilizzo degli integratori alimentari” presenti sul sito del Ministero della Salute indicano viceversa la necessità di supplementare tutti i bambini, alimentati con latte materno e con latte di formula, con 800-1200 UI/die di vitamina D almeno per 18-24 mesi. Pur indicando da chi sono state approvate non è riportato sul sito chi abbia prodotto queste raccomandazioni e con che metodologia. Il dosaggio appare inoltre più altro di quello riportato dall’AAP e dal servizio sanitario inglese (ad esempio, nel bambino già 2000 UI/die possono causare sintomi da iperdosaggio).
• recentemente (giugno 2006) l’Unione Europea ha prodotto delle raccomandazioni standard sull’alimentazione dei lattanti e dei bambini fino a 3 anni. La versione in italiano del documento può essere reperita sul sito web dell’ACP. Il documento a pagina 17 riporta che: “La carenza di vitamina D può aver luogo in bambini allattati esclusivamente al seno e non esposti sufficientemente alla luce del sole, cioè confinati in casa durante il giorno, troppo coperti quando sono all’aperto, abitanti ad alte latitudini con variazioni stagionali delle radiazioni ultraviolette, o in centri urbani dove alti edifici ed aria inquinata bloccano la luce del sole, con pigmentazione scura della pelle o uso di filtri solari. Brevi esposizioni di 15 minuti alla luce del sole molte volte a settimana sono un modo sufficiente e sicuro per garantire un’adeguata sintesi della vitamina D ed evitare scottature. La somministrazione di integrazioni di vitamina D ai bambini a rischio ne previene in ogni caso la carenza. I bambini alimentati artificialmente non hanno bisogno di queste integrazioni se il loro latte è arricchito con vitamina D”. Il documento riporta anche indicazioni per la supplementazione della donna durante la gravidanza (pagina 9).
Alcuni di questi aspetti sono discussi anche sulle pagine elettroniche di Medico e Bambino.

In conclusione il problema dell’ipovitaminosi D esiste e sembra essere molto diffuso in età pediatrica, con conseguente aumento dei casi di rachitismo in diverse parti del mondo (non disponiamo però di dati italiani). Come abbiamo visto, alcune delle raccomandazioni segnalate indicano la necessità di supplementare con vitamina D tutti i bambini, ma quelle italiane sono discordanti. Ci sembra comunque importante che il pediatra presti attenzione al problema, sia in grado di identificare le famiglie ad alto rischio e sappia dare indicazioni a riguardo.


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