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Pillole di EBM - Capitolo 15
Inserito il 11 luglio 2007 da admin. - scienze_varie - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Negli RCT solo il bilancio completo degli eventi avversi totali (SAEs) che si verificano durante il follow-up permette di tracciare un profilo dell'impatto clinico che un determinato trattamento comporta.


SAEs è l'abbreviazione di Serious Adverse Events: si tratta di tutti gli eventi avversi che si verificano in uno studio e che hanno portato a morte il paziente, che hanno costretto al ricovero o che hanno prodotto una disabilità grave.
Conoscere i SAEs che si sono verificati durante uno studio è fondamentale.
Infatti solo il bilancio tra i benefici ottenuti dal trattamento e i suoi possibili rischi permette di capire se il farmaco è utile o meno. Purtroppo negli studi randomizzati e controllati, per quanto ben disegnati, con ampia casistica, e di lunga durata, spesso questi aspetti non vengono considerati (per la verità oggi meno che in passato) perché ai ricercatori interessa di più analizzare specifici end-point legati al trattamento oggetto dello studio.
Un' analisi interessante sui SAEs è stata compiuta da autori canadesi sugli studi che riguardano le statine. In questa analisi sono stati accorpati, separatamente, gli studi di prevenzione primaria e quelli di prevenzione secondaria. Ne risulta che mentre negli studi di prevenzione secondaria il beneficio delle statine è evidente sia sulla morbidità e sulla mortalità cardiovascolari che sulla mortalità totale, le cose per la prevenzione primaria sono meno chiare. Infatti in questo caso le statine si mostrano utili a ridurre gli eventi cardiovascolari ma non la mortalità totale. Inoltre negli studi in cui è stato possibile calcolare i SAEs (purtroppo non in tutti gli studi questo si è potuto fare) risulta che essi non sono ridotti dalla terapia. I canadesi si domandano quindi: perché le statine riducono gli eventi cardiovascolari ma non i SAEs (che comprendono TUTTI gli eventi gravi e i decessi verificatisi nello studio, quindi anche quelli cardiovascolari)? Forse perché ad una riduzione degli eventi cardiaci fa da controcampo un aumento di altre patologie? La risposta non è semplice, ma secondo gli autori il beneficio globale delle statine in prevenzione primaria sulla salute dei pazienti sarebbe troppo enfatizzato.
Un altro esempio interessante di analisi del rapporto benefici/rischi di un trattamento ci viene dallo studio VIGOR, in cui il rofecoxib venne paragonato al naproxene: ogni 1000 pazienti trattati si ebbero 4 ulcere complicate con il rofecoxib e 9 con il naproxene, ma nello stesso tempo si verificarono 4 infarti del miocardio con rofecoxib e 1 con il FANS non selettivo. Ciò vuol dire che trattando 1000 pazienti con il rofecoxib evito 5 ulcere complicate a scapito di 3 infarti del miocardio in più. Qual è l’importanza clinica del beneficio ottenuto sul versante gastrico?
Un esempio addirittura clamoroso è quello dello studio WHI sulla terapia ormonale sostitutiva in post-menopausa, ormai notissimo: a fronte di una riduzione statisticamente significativa del rischio fratturativo del 24% e del rischio di cancro del colon del 37% la TOS produceva, in questo storico RCT, un aumento del rischio di tumori mammari, infarti miocardici, ictus ed embolie polmonari, tanto che i ricercatori ritennero di interromperlo anticipatamente perché i benefici erano inferiori ai rischi: ogni anno per 10.000 donne trattate si avevano 19 eventi avversi in più con la TOS. Potrebbe sembrare un aumento del rischio molto piccolo, ma tenendo conto che la terapia veniva proposta a donne sane, ogni cautela è d’obbligo. I risultati del WHI sono stati così importanti che numerose società scientifiche hanno emanato delle linee guida in cui viene sconsigliato l'uso della terapia ormonale per la prevenzione di patologie croniche come la cardiopatia ischemica e l'osteoporosi.
In conclusione sarebbe auspicabile che gli RCT, più che limitarsi a misurare singoli end-point, registrassero e riportassero tutti i SAEs avvenuti durante il follow-up. Solo in questa maniera, infatti, si può avere un quadro completo e tracciare un bilancio dei reali benefici (e degli eventuali danni) che un trattamento può provocare.

Renato Rossi

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