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Nuovi farmaci e nuove speranze per il diabete mellito
Inserito il 13 luglio 2007 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

I nuovi farmaci che agiscono agonizzando il GPL-1 o inibendo la sua degradazione ad opera della dipeptidil peptidasi-4 rappresentano una prospettiva per cambiare la storia naturale della malattia.

la storia naturale del diabete mellito

Il diabete mellito di tipo 2 è una malattia progressiva, in cui le glicemie e l’emoglobina glicata tendono ad aumentare (mediamente) nel tempo, nonostante i trattamenti farmacologici, soprattutto a causa di un progressivo, inesorabile deterioramento della funzione β-cellulare.
Gli elementi fondamentali nella genesi del diabete mellito tipo II sono rappresentati da:
L’obesità correlata all’incremento dell’introduzione di nutrienti ed alla scarsa attività fisica
La resistenza all’azione insulinica
La minore possibilità delle Beta Cellule a tollerare una prolungata richiesta di fabbisogno insulinico.

Questi tre fattori sono tra loro intrecciati a creare le condizioni per la comparsa clinica e la progressione della malattia.

la disfunzione beta cellulare

La beta cellula risponde alla sollecitazione della richiesta con l’aumento della massa cellulare dell’insula.

Gli stimoli alla crescita della massa cellulare, per la probabile neogenesi di nuove cellule da quelle duttali, o per proliferazione dalle beta cellule esistenti, sono rappresentati in primo luogo dai nutrienti, poi anche da fattori di crescita (IGF) e dagli aumenti dei livelli delle incretine.(vedi sotto)

La progressiva perdita di capacità compensatoria della beta cellula è determinata da un’altrettanto progressiva riduzione della massa cellulare, secondaria a morte cellulare per apoptosi.

Il primum movens di tale processo è correlato all’incremento di produzione di Radicali Liberi dell’Ossigeno (ROS), secondario all’aumentato metabolismo.

In tali condizioni, ed in presenza di bassi livelli di adiponectina, come accade nelle situazioni d’incrementata adiposità viscerale, anche la possibilità della lipo-ossidazione si riduce, con conseguente incremento di trigliceridi e acidi grassi (TG e FFA), di cui alcuni particolarmente nocivi (Ceramide) derivati da grassi saturi, steatosi e lipoapoptosi.

Altri fattori tossici che compartecipano poi alla progressione del danno della betacellula, sono rappresentati dallo stress del Reticolo Endotelio plasmatici e l’accumulo di amiloide insulare.

le incretine

L’infusione endovena di glucosio determina reazioni diverse rispetto all’ingestione di glucosio sulla secrezione di insulina e di glucagone.

Questo diverso comportamento è principalmente dovuto all’azione delle incretine (GLP-1 e GIP).

Il Glucagon-Like Peptide-1 (GLP-1) ed il Glucose-dependent Insulinotropic Peptide (GIP) che vengono prodotti a livello intestinale nella fase post-prandiale precoce, stimolano la secrezione insulinica, per azione diretta sulle cellule β pancreatiche, in condizioni di elevati livelli di glicemia.

L’azione di questi due ormoni contribuisce in maniera rilevante, in condizioni fisiologiche, alla secrezione insulinica in fase post-prandiale precoce, che è deficitaria nel diabete di tipo 2, al blocco di quella del glucagone ed al rallentamento della motilità gastroenterica, meccanismi tramite cui si esplica un miglior controllo glicemico.

Il GPL-1 aumenta inoltre la contrattilità delle miocellule cardiache per azione metabolica diretta e per il miglioramento della funzione endoteliale.
L’effetto favorevole sulla frazione d’eiezione si evidenzia particolarmente sul miocardio ischemico.

Inoltre, sia il GLP-1 sia il GIP hanno importanti azioni trofiche a livello insulare: favoriscono la proliferazione e la differenziazione in senso β -cellulare di precursori indifferenziati nei dotti pancreatici ed esercitano azioni anti-apoptotiche sulle β -cellule.

Ma il GPL-1 sembra agire anche a livello del sistema nervoso centrale giacché, essendo secreto da nuclei sottotentoriali, induce senso di sazietà ed anoressia selettiva verso alcuni cibi, contribuendo così al miglior controllo metabolico tramite la riduzione della fame ed il controllo del peso.

la dipeptidil peptidasi-4

Tali azioni mediate dal GLP-1 avvengono nonostante l’emivita del peptide sia molto breve poiché viene rapidamente catabolizzato dalla dipeptidil peptidasi-4 (DPP-4), un enzima ampiamente espresso nel nostro organismo, presente nel plasma ed alla superficie delle cellule endoteliali.

Questo enzima catalizza l’inattivazione di vari ormoni e neurotrasmettitori peptidici.

E’ difficile ipotizzare che, con una così breve emivita, il GLP-1 esplichi i suoi effetti solo tramite uno stimolo recettoriale: è possibile esista un meccanismo intermedio tramite cui l’ormone agisce a distanza, ad esempio sulle beta cellule pancreatiche.

E’ stato dimostrato che i livelli post-prandiali di GLP-1 sono ridotti nel diabete di tipo 2 per un deficit secretivo e tale fenomeno è presente sin dalle fasi più precoci della storia naturale della malattia.

Nei pazienti con scompenso glicometabolico, l’esposizione all’iperglicemia cronica induce un aumento dell’espressione e dell’attività della DPP-4; con aumento della degradazione del GLP-1 che può contribuire alla riduzione delle concentrazioni circolanti dell’ormone attivo.

nuovi farmaci e nuove speranze

Nessuno dei farmaci esistenti si è dimostrato capace di arrestare l’evoluzione naturale del diabete di tipo 2 ed alcuni (come le sulfaniluree) potrebbero addirittura accelerarla.

Mancano farmaci che modifichino la storia naturale della malattia, preservando od addirittura recuperando la funzione β –cellulare. Sulla base di queste conoscenze scientifiche sono stati sviluppati due tipi di farmaci:

gli analoghi del GPL-1, ovvero molecole che attivano il suo recettore

gli inibitori della DPP IV che prolungano l’emivita della molecola endogena.

Per quanto riguarda il GIP, nei pazienti diabetici di tipo 2, le concentrazioni dell’ormone sono normali, ma gli effetti biologici sono ridotti per una sorta di parziale resistenza al GIP, per cui occorrono concentrazioni più elevate dell’ormone per ottenere gli stessi effetti.

gli analoghi del GLP-1

Il GLP-1, come tale, non è utilizzabile in terapia, perché viene rapidamente degradato dalla DPP-4; la sua emivita è di pochi minuti. Sono stati sviluppati, pertanto, degli analoghi del GLP-1 con durata d’azione di 6-8 ore, come l’exenatide e liraglutide, che possono essere impiegati nel trattamento del diabete di tipo 2.

Il principale svantaggio di queste molecole, che hanno struttura polipeptidica, è che devono essere somministrate per via iniettiva (sottocutanea), una o due volte al giorno a dosi sovrafisiologiche di svariati ordini di grandezza rispetto ai livelli fisiologici di GPL-1.

Poiché il GLP-1 rallenta lo svuotamento gastrico, i suoi analoghi , che raggiungono concentrazioni molto al di sopra di quelle fisiologiche, provocano nausea e vomito in una proporzione rilevante di pazienti e possono indurre una diminuzione del peso corporeo.

Sono allo studio formulazioni ritardo che potrebbero consentire la somministrazione di una singola dose sottocute di farmaco ogni 2 settimane.

Sono stati sviluppati farmaci orali che, somministrati una volta al giorno, inibiscono in maniera stabile l’attività dellaDPP-4, determinando un aumento delle concentrazioni circolanti di GLP-1 e di GIP attivi a livelli di 2-3 volte superiori rispetto ai livelli fisiologici.

Il trattamento con inibitori della DPP-4, quali sitagliptin e vildagliptin, riduce sia la glicemia a digiuno che, in maniera ancora più marcata, quella post-prandiale. Tuttavia questo effetto avviene solo se è presente ipoglicemia pertanto il rischio di ipoglicemie è molto basso con questi farmaci.

gli inibitori della DPP-4

Gli studi clinici dimostrano che gli inibitori della DPP-4 riducono l’emoglobina glicata sia in monoterapia che in combinazione con metformina o tiazolidinedioni con un’intensità comparabile a quella delle sulfaniluree, anche se l’effetto ipoglicemizzante è più lento manifestandosi in maniera completa solo dopo qualche settimana di trattamento.

Il profilo di tollerabilità di questi farmaci appare buono, poiché non inducono aumento di peso (ma non lo riducono, al contrario degli analoghi del GPL-1), non provocano ipoglicemia, non determinano ritenzione idrica, e non si accompagnano ad effetti collaterali gastrointestinali in virtù del relativamente modesto incremento dei livelli di GLP-1 che essi determinano.

Una preoccupazione teorica potrebbe derivare dal fatto che l’inibizione della DPP IV non è selettiva e che dunque potrebbero insorgere interferenze sulla funzione di alcuni step della risposta immunologia legata all’attivazione delle cellue T in cui è implicata la DPP IV, ma, fino ad ora, nessun elemento clinico ha avvalorato questa preoccupazione speculativa.

Un aspetto interessante, dimostrato per ora soltanto in modelli animali di diabete, è che il ristoro della secrezione del GPL-1 preserva la massa β -cellulare a lungo termine. Questi dati fanno sperare che questi nuovi farmaci possano ostacolare efficacemente la naturale progressione del diabete di tipo 2, ma ciò deve essere dimostrato ancora nell’uomo.

In conclusione i farmaci che agiscono sul GLP-1 sono assai interessanti per le prospettive di arresto della progressione della disfuzione betacellulare e dunque per un possibile ruolo nel modificare la storia naturale del diabete, viste anche le perplessità evidenziatesi con i glitazoni.

Sono necessari tuttavia ampi studi di lunga durata e su end points forti per comprendere l'effettivo ruolo che questi nuovi farmaci potranno avere nella terapia del diabete mellito nella pratica clinica allargata.

Luca Puccetti


leggi l'articolo in esteso con le figure degli studi: http://www.pillole.org/public/aspnuke/articles.asp?id=106

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