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Funziona il vaccino antinfluenzale negli anziani?
Inserito il 06 ottobre 2007 da admin. - infettivologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Studi contrastanti sulla efficacia della vaccinazione antinfluenzale negli anziani riaccendono la polemica sulla bontà di una pratica vaccinale ormai consolidata.



Due studi recentemente pubblicati rinfocolano la "querelle" se il vaccino antinfluenzale sia efficace negli anziani. In un primo studio [1] si sottolinea che, nonostante quanto consigliato dalle autorità sanitarie, l'efficacia della strategia che prevede di vaccinare ogni anno gli anziani è controversa: anche se RCT contro placebo hanno dimostrato che il vaccino è efficace nei giovani, ci sono pochi RCT negli anziani, specialmente negli over 70. I benefici dimostrati dagli studi osservazionali potrebbero essere stati esaltati da un bias di selezione dei pazienti, per cui i soggetti più sani vengono vaccinati più spesso di quelli fragili e malati. Inoltre non sarebbe corretto aver usato come end-point la mortalità da ogni causa e altri end-point non specifici. Se si considerano questi fattori le evidenze si dimostrano insufficienti a determinare l'entità del beneficio del vaccino negli anziani. A partire dal 1980 la copertura vaccinale degli anziani nei paesi industrializzati è progressivamente aumentata fino ad arrivare al 65% eppure, nonostante questo, gli studi non hanno documentato una riduzione corrispondente della mortalità influenza-associata. Anzi vi è il paradosso che, mentre si stima che i decessi invernali causati dall'influenza siano circa il 5% di tutti i decessi, molti studi di coorte mostrano una riduzione della mortalità totale del 50% associata al vaccino antinfluenzale. Tuttavia, nonostante questi caveat, gli autori consigliano di continuare a vaccinare gli anziani perchè anche un' efficacia parziale della vaccinazione è preferibile a nessuna protezione.
In una lettera pubblicata online [2], Jefferson e Di Pietrantoni suggeriscono che la maniera giusta per rispondere alle questioni aperte da Simonsen e coll. sarebbero degli RCT verso placebo effettuati nella popolazione anziana. Nel suo sito web Jefferson fa notare [3] che mentre gli RCT hanno dimostrato una efficacia della vaccinazione nel ridurre l'influenza, le malattie influenza-like e le ospedalizzazioni per polmonite, non c'è stata alcuna riduzione della mortalità totale. Al contrario gli studi osservazionali mostrano una riduzione della mortalità da ogni causa attorno al 50% senza una corrispondente riduzione della mortalità per polmonite e influenza: un dato in evidente contraddizione che si può spiegare, ovviamente, con la natura non randomizzata degli studi considerati.
A risultati diametralmente opposti arriva uno studio pubblicato dal New England Journal of Medicine [4] che ha assemblato i dati derivanti da 18 coorti di anziani (relativi alle stagioni 1990-2000) e di altre due coorti (relativi alle stagioni 1996-2000). I risultati di questo studio sembrano negare che vi sia un bias di selezione in quanto è risultato che molte delle patologie mediche considerate a rischio erano prevalenti nella popolazione vaccinata rispetto a quella non vaccinata. I dati sembrano testimoniare una efficacia della vaccinazione nel ridurre il rischio di ospedalizzazione per polmonite e influenza (OR aggiustato 0,73; IC95% 0,68-0,77) e della mortalità da tutte le cause (OR aggiustato 0,52; IC95% 0,50-0,55). Tali risultati erano generalmente stabili nei vari sottogruppi di pazienti a diverso rischio e nelle varie età, solo per i soggetti a basso rischio e di età inferiore a 70 anni non si registrò una riduzione statisticamente significativa della mortalità. Gli autori hanno anche effettuato delle sensitivity analyses (onde correggere una possibile sovrastima dei benefici del vaccino legata a fattori confondenti sconosciuti), ma anche in questo caso si è trovato che la vaccinazione antinfluenzale negli anziani residenti in comunità riduce sia il rischio di ospedalizzazione che di mortalità.
Un editorialista, pur ammettendo che queste evidenze derivano da studi osservazionali, suggerisce che non si dovrebbe vaccinare solo gli anziani ma anche chi si prende cura di loro, perchè queste persone possono fungere da veicoli del virus.
Che dire? Non è la prima volta che l'efficacia della vaccinazione antinfluenzale negli anziani viene messa in dubbio. Una revisione Cochrane [5] evidenziava che il vaccino si è dimostrato efficace nel ridurre l'influenza e le sue complicazioni negli anziani ricoverati in case di riposo o in istituti per lungodegenti: in questo setting si ottiene la prevenzione di circa il 45% dei casi di polmonite, di ricoveri ospedalieri e di morti associate all'influenza. Al contrario l'efficacia del vaccino negli anziani che vivono in comunità appare modesta e statisticamente non significativa nel prevenire le ospedalizazioni per influenza o per malattie respiratorie. Gli studi osservazionali, che suggeriscono un' efficacia del vaccino nel ridurre la mortalità totale, riflettono probabilmente un bias di selezione tra soggetti vaccinati e non vaccinati (stato socio-economico, condizioni di salute, comportamenti di vita) piuttosto che un effetto reale del vaccino stesso. Nel nostro commento [6], però, si faceva notare che, pur derivando la maggior parte delle evidenze da studi osservazionali, dopo correzione per vari fattori confondenti la vaccinazione riduceva pur sempre i ricoveri per influenza o polmonite del 27%, per malattie respiratorie del 22% e per cardiopatie del 24%.
D'altra parte probabilmente un RCT contro placebo non si farà mai, per varie ragioni, e si continuerà quindi a discutere su evidenze più deboli derivanti da studi non randomizzati. Comunque, anche ammesso che i dati dell'ultimo lavoro pubblicato dal NEJM sulla mortalità siano sovrastimati, non si può non tener conto sia del fatto che la popolazione vaccinata era più a rischio di quella non vaccinata (il che farebbe venir meno, o rende meno probabile, l'ipotesi di un bias di selezione a favore dei vaccinati), sia il fatto che gli autori hanno adottato idonee tecniche statistiche per correggere fattori confondenti non noti ricorrendo alle sensitivity analyses.
Tutto questo ci porta a ritenere ancora valido quanto sostenuto in pillole precedenti, a cui si rimanda per ulteriori dettagli [6,7]: anche se i vantaggi fossero inferiori a quelli attesi riteniamo ragionevole continuare a seguire le raccomandazioni delle linee guida e vaccinare gli anziani, non solo quelli istituzionalizzati ma anche coloro che vivono in comunità, perchè è probabile che si possa comunque, se non diminuire la mortalità, almeno ridurre le complicanze più gravi della virosi.


Renato Rossi

Referenze

1. Simonsen L et al. Mortality benefits of influenza vaccination in elderly people: an ongoing controversy. Lancet Infect Dis 2007; 7: 658-66
2. Jefferson T, Di Pietrantonj C. Inactivated influenza vaccines in the elderly – are you sure? Lancet 2007. DOI:10.1016/S0140-6736(07)61389-0
3. http://www.attentiallebufale.it:80/newsletter/11_algoritmi_valutazione.html
4. Nichol KL et al. Effectiveness of Influenza Vaccine in the Community-Dwelling Elderly N Engl J Med 2007 Oct 4; 357.1373-1381 http://content.nejm.org/cgi/content/full/357/14/1373
5. Rivetti D, Jefferson T, Thomas R, Rudin M, Rivetti A, Di Pietrantonj C, Demicheli V. Vaccines for preventing influenza in the elderly. Cochrane Database of Systematic Reviews 2006, Issue 3. Art. No.: CD004876. DOI: 10.1002/14651858.CD004876.pub2.
6. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2637
7. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2976

Commento di Luca Puccetti

Colpisce il contrasto tra le incertezze delle evidenze e la sicurezza con cui qualche esperto affronta la questione, con toni apodittici. Secondo l'agenzia ADN Kronos Fabrizio Pregliasco, virologo dell'università di Milano in un incontro tenutosi a Milano sul tema promosso da Anifa (Associazione nazionale dell'industria farmaceutica dell'automedicazione) avrebbe affermato:

"Per ridurre l'impatto dell'influenza sulla popolazione è fondamentale la fase di prevenzione, ma la copertura vaccinale in Italia resta ancora troppo bassa. Al siero anti-influenza ricorre solo il 66% degli anziani e il 10% dei bambini a rischio. che sono proprio i soggetti che devono mettersi al riparo dall'attacco del virus in quanto più fragili. L'influenza vera e propria, infatti, è pericolosa per gli strascichi e le complicanze che colpiscono per esempio il 70% della popolazione anziana. Per ottenere un effetto protettivo nelle fase cruciale dell'epidemia la percentuale di persone che ricorre al vaccino dovrebbe aumentare. La sua utilità è infatti provata, almeno per i soggetti a rischio. Negli anziani: secondo alcuni studi il vaccino riduce del 50% la mortalità e i ricoveri. Ma il siero è consigliato anche ad altri soggetti a rischio, tra cui gli asmatici. Peccato che, fra questi ultimi, solo il 26% ne faccia ricorso, nonostante la vaccinazione sia utile a prevenire le esacerbazioni dell'asma, Si tratta di un gesto di prevenzione utile anche per chi vuole mettersi semplicemente al riparo dall'influenza e trascorrere un inverno sereno. L’influenza, sottolinea, è un problema di sanità pubblica e non va sottovalutato. Nel 2006 gli esperti hanno registrato una vera e propria corsa al vaccino, in corrispondenza della prima ondata di freddo, seguita però da un'immediata flessione. Circa 19 milioni le dosi vendute in tutta Italia (3/4 distribuite dalle Asl e un quarto dalle farmacie). Ancora troppo poche. L'influenza può sembrare una patologia banale, ma per ogni epidemia, la società paga un prezzo non indifferente. I costi diretti per il Ssn si aggirano intorno ai 6 euro a persona, che diventano 13 se è necessario il ricorso agli antibiotici. Sommando anche i costi indiretti, causati dalle assenze sul lavoro e da altri indicatori simili, la cifra sale fino a 500-600 euro pro capite".


Se alcune delle affermazioni appaiono condivisibili e corroborate da evidenze, altre sono più delle opinioni e sarebbe corretto che per tali fossero espresse e non presentate come evidenze inequivocabili.

L'ultimo lavoro pubblicato sul NEJM (4) fornisce evidenze a supporto della tesi dell'efficacia del vaccino nella popolazione anziana. Lo studio è infatti stato realizzato su molte coorti di età e ha una durata prolungata prendendo in considerazioni le stagioni influenzali dal 1990 al 2000. I risultati dello studio dimostrano che il vaccino risulta associato con una riduzione delle ospedalizzazioni per polmonite ed influenza del 27%; (adjusted odds ratio, 0.73; 95% CI da 0,68 a 0,77) e della mortalità del 48% (adjusted odds ratio 0,52; 95% CI da 0,50 a 0,55).

Una delle più importanti e ricorrenti critiche a questo tipo di lavori è che possono essere inficiati da bias di selezione in quanto non randomizzati. In effetti anche in questo caso la popolazione vaccinata differiva sensibilmente da quella non vaccinata, essendo molto più frequentemente affetta da malattie croniche e comprendeva molti più soggetti di sesso maschile. Gli Autori hanno attuato una serie di metodi correttivi per limitare l'effetto di queste deifferenze che tuttavia, in teoria, avrebbero dovuto sovrastimare l'effetto del vaccino. Un ulteriore sforzo è stato fatto anche per valutare il ruolo di possibili confounding factors non considerati . A tale scopo è stata effettuata un'analisi di sensibilità cambiando vari parametri nel modello per osservare l'effetto del vaccino in diverse condizioni. L'assunto è stato di introdurre un confounding che potrebbe avere dimezzato la probabilità dei non vaccinati di esserlo e triplicato il rischio di ospedalizzazione e di morte nei vaccinati. Inoltre è stato studiato l'effetto del confounding a vari livelli di prevalenza. Nello scenario più estremo tra quelli sfavorevoli all'effetto del vaccino, ossia supponendo un confounding con una prevalenza del 60% e con effetto di triplicare l'outcome, l'efficacia del vaccino si riduce al 7% per le ospedalizzazioni e al 33% per la mortalità, ma rimane significativa. Dunque questo lavoro, pur essendo osservazionale, fornisce, una certa evidenza a favore dell'efficacia della vaccinazione negli anziani.

La parte più stimolante è quella dell'estensione del consiglio a vaccinarsi anche ai soggetti non a rischio. In Italia ed in molti altri paesi la strategia è quella di vaccinare i soggetti a rischio per minimizzare le conseguenze dell'influenza nei soggetti anziani, nei bambini e nei soggetti con comorbidità che presentano un aumentato rischio di complicanze. Non si applica una strategia volta a limitare la circolazione del virus. Nella stagione 2006 2007 in effetti ci si sarebbe dovuto aspettare, in base al classico andamento epidemico, che si fosse verificata una robusta epidemia di influenza, invece i rilievi epidemiologici hanno dimostrato che solo pochi soggetti si sono ammalati. Questo non è stato causato da una circolazione diversa da quella attesa dei ceppi virali, quanto piuttosto ad una estensione della vaccinazione anche a soggetti non a rischio per la paura dell'aviaria. Questo può aver portato ad una minore circolazione di virus e quindi può aver determinato una sorta di confinamento dell'epidemia.
L'efficacia del vaccino negli anziani è molto controversa, in alcuni lavori la copertura efficace è risultata molto scarsa nei soggetti anziani, specie se istituzionalizzati. Nonostante la maggior parte degli studi dimostri l'efficacia anche sulla mortalità della vaccinazione degli anziani è altrettanto vero che la mortalità per influenza negli anziani è in aumento. Ciò è dovuto anche alla migliore capacità di diagnosi, ma anche al progressivo invecchiamento della popolazione in cui la bontà in termini di efficacia dell'intervento non riesce a contrapporsi sufficientemente all'incremento dei soggetti a rischio.
La strategia della minimizzazione delle conseguenze dell'influenza va ancora bene nel mondo attuale? In un mondo ove il tempo è denaro ove gli spostamenti sono incontrollabili, forse sarebbe opportuno vaccinare universalmente gli untori ossia i bambini.Si tratterebbe di sostituire ad una strategia di minimizzazione delle conseguenze del contagio una di minimizzazione della circolazione virale che ovviamente esporrebbe anche molti meno soggetti a rischio al virus, dato che, anche grazie alle vicende aviaria e similari le aziende riescono oggi a produrre molto più rapidamente i vaccini e le reti di sorveglianza internazionali permettono un monoitoraggio più accurato della circolazione dei ceppi virali. Con queste premesse (migliore conoscenza della circolazione dei ceppi e tempi di reazione-produzione più brevi ) è possibile attuare la famosa vaccinazione universale "indovinata" che alcuni studi farmacoeconomici USA hanno accreditato di cost-effectiveness a patto che il vaccino sia appunto "indovinato". Anche nel recente lavoro di Nichol (4) l'efficacia del vaccino è stata nettamente inferiore negli anni in cui il vaccino non ha effettivamente indovinato i ceppi realmente circolanti. Milioni di persone a letto sono un danno incalcolabile, sia dal punto di vista sanitario che economico se si considerano (in Italia non si riesce per mancanza di dati) i costi indiretti . Inoltre l'influenza è una vera e propria emergenza sanitaria che scompagina tutto il sistema assistenziale sia territoriale che nosocomiale.
Ma una vaccinazione universale è efficace ? In Ontario è stato tentato un programma di vaccinazione universale su 5 anni. Gli autori concludono che nonostante un aumento dei vaccinati non si è osservata una riduzione dell'incidenza di influenza. Tuttavia nel programma canadese la vaccinazione, pur essendo stata universalmente offerta, non è stata affatto universalmente effettuata, essendo stata eseguita nel 70% degli anziani ed in percentuali molto più basse nei ragazzi. Anche usando la strategia della somministrazione scolastica si è raggiunto appena il 38%. Dunque il problema potrebbe risiedere nel fatto che non si è riusciti a raggiungere una massa critica di vaccinati nei soggetti a maggiore contagiosità potenziale e dunque si sia abbattuta di poco la carica circolante (Il Canada è un paese poco popolato con grandi distanze, che possono avere reso più difficile raggiungere elevati livelli di vaccinazione effettiva).

Dunque la discussione si sposta dal beneficio teoricamente raggiungibile all' effettiva implementabilità del programma. La disponibilità di vaccini vivi attenuati già disponibili USA ma limitati per ora ai soggetti 5-59 anni può contribuire a migliorare la fattibilità di un tale programma. Ricordiamo poi che gli altri paesi non hanno il pediatra di base e se i pediatri avessero la prospettiva di evitare le molte visite che sono costretti a fare durante il cluster avrebbero fortissime motivazioni a vaccinare. Poi esiste la possibilità di attivare la vaccinazione negli asili e nelle scuole, nei centri di aggregazione sociale tramite un'adeguata programmazione.
Lo sforzo sarebbe enorme per i primi anni poi, se ci fossero vantaggi tangibili, diventerebbe un'abitudine consolidata.
Non possono essere dimenticati gli effetti avversi correlati con una vaccinazione universale che inevitabilmente si associerebbe con un aumento delle sindromi allergiche e neurologiche vaccino-correlate. Pertanto la vaccinazione dovrebbe essere facolativa e non obbligatoria.
Alcuni autori hanno pertanto sollevato dubbi circa l'eticità di vaccinare universalmente bambini sani, indipendentemente dalle controversie sui vantaggi conseguibili. Se non malati cronici o molto piccoli i bambini non presentano un rischio di complicanze elevato e dunque avrebbero scarsi benefici da una pratica che li esporrebbe ad un piccolo rischio con vantaggi prevalentemente per i familiari e per la società. Tuttavia possono esserci vantaggi in termini di minor rischio di ricombinazione genica "maggiore" tra virus umani ed animali data la potenziale minore circolazione di virus. Tale vantaggio risulterebbe teoricamente importante alla luce della scoperta che una singola mutazione potrebbe conferire al ceppo H5N1 la capacità di sopravvivere alla temperatura del corpo umano.


Referenze

1) JAMA. 2000; 284:1655-1663
2) DRUGS 2002; 62:1013-24
3) Clin Infect Dis 2006; 42: 132-5
4) N Engl J Med 2007; 357: 1373-1381
5) Virology. 2005; 337:149-61
6) Vaccine. 2005; 23:1973-80
7) CMAJ. 2004;171:1213-22
8) Arch Pediatr Adolesc Med. 2004;158: 867-74.
9) http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=1914
10) http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=1458
11) http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=277
12) Jama 2000; 284:1677-82
13) http://www.acp.it/vaccinazioni/antinfluenzale_ACP.pdf
14) JAMA. 2006; 295: 2709
15) http://www.ecdc.eu.int/documents/pdf/Flu_vacc_18_Jan.pdf

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