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Pioglitazone riduce ictus ma solo in diabetici che ne abbiano già sofferto
Inserito il 21 luglio 2008 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Rispetto al placebo il pioglitazone aggiunto alla terapia standard, riduce l'incidenza di ictus solo nei diabetci con pregresso ictus.

Razionale e scopi

Il diabete è un importante fattore di rischio per l’ictus. Sono state effettuate alcune analisi nei pazienti, con o senza pregresso ictus, che avevano partecipato allo studio PROactive per valutare gli effetti sugli eventi macrovascolari dell’ aggiunta di pioglitazone, rispetto al placebo, alle terapie già in atto per la dislipidemia, l’ipertensione e l’iperglicemia nei pazienti con o senza pregresso ictus (almeno 6 mesi prima della randomizzazione) che avevano partecipato allo studio.


Metodi

Lo studio prospettico randomizzato, in doppio cieco PROactive (della durata media di 34,5 mesi) ha randomizzato 5238 pazienti con diabete di tipo 2 ed un' anamnesi di malattia macrovascolare al trattamento con pioglitazone o placebo in aggiunta alle terapie già in atto per il diabete e per la malattia cardiovascolare. La presente analisi ha valutato il rischio d’ictus e gli altri outcome cardiovascolari in pazienti con (n = 984) o senza (n = 4254) pregresso ictus. L’ictus è stato definito come un deficit neurologico acuto focale della durata di > 24 ore dall’inizio dei sintomi, o conclusosi con la morte entro 24 h dall’insorgenza dei sintomi causato da una lesione cerebrale di origine vascolare esclusa l’emorragia subaracnoidea. Quando possibile, è stata effettuata la diagnostica neurologica per immagini, ma, quando non disponibile, è stata accettata la diagnosi clinica. Gli ictus fatali sono stati identificati mediante un processo di aggiudicazione (cioè caso per caso, non mediante definizione). E' stato utilizzato un cut-off arbitrario di 30 giorni per definire l’ictus fatale. L’IM non fatale è stato definito quello di un paziente con IM che è sopravvissuto nelle prime 24 ore dall’insorgenza dei sintomi. Le morti cardiovascolari sono state tutte le morti escluse quelle da provata causa non cardiovascolare e classificate come IM, da altra causa cardiaca, cerebrovascolare o altra. L’analisi degli outcome è stata esclusivamente un analisi del tempo all’insorgenza degli eventi, e gli HR stimati; i CI 95% sono stati calcolati applicando un modello di sopravvivenza rischio-proporzionale secondo Cox con il trattamento come unica covariata. I modelli multivariati sono stati utilizzati per indagare l’effetto del trattamento dopo l’aggiustamento per i fattori basali identificati come fattori prognostici del risultato. La selezione delle variabili è stata condotta con un algoritmo di selezione stepwise ed una significatività di 0.05.



Risultati

In pazienti con pregresso ictus (486 nel gruppo pioglitazone e 498 nel gruppo placebo), non ci sono state differenze significative negli endpoints primario e principale secondario definiti nel PROactive principale; c’è stato un trend vantaggioso con il pioglitazone per l’obiettivo primario di morte per tutte le cause, infarto del miocardio non fatale, sindrome coronarica acuta ed intervento cardiaco (che comprendeva bypass coronarico o intervento coronarico percutaneo), ictus, amputazione maggiore di arto inferiore o bypass chirurgico o rivascolarizzazione degli arti inferiori (hazard ratio [HR] = 0,78; tasso degli eventi = 20,2% per pioglitazone contro 25,3% per placebo; 95% CI = 0,60 – 1,02; p = 0.0670) e per l’obiettivo principale secondario di morte per tutte le cause, infarto del miocardio non fatale, o ictus non fatale (HR = 0,78; tasso degli eventi = 15,6% per pioglitazone contro 19,7% per placebo; 95% CI = 0,58 – 1,062; p = 0.1095). Il pioglitazone riduce l’ictus fatale o non fatale (HR = 0,53; tasso degli eventi = 5,6% per pioglitazone contro 10,2% per placebo; 95% CI = 0,34 – 0,85; p = 0.0085). Tassi più elevati di eventi sono stati osservati in pazienti con pregresso ictus rispetto a quelli senza pregresso ictus. Il pioglitazone non ha avuto alcun effetto nel ridurre il rischio di un primo ictus nei pazienti senza pregresso ictus. Non ci sono state differenze significative in nessuno degli endpoints (HR = 0.94; 95% CI = 0.82 – 1.07; p = 0.3501 per l’endpoint primario; HR = 0.86; 95% CI = 0.72–1.03; p = 0.1092 per l’obiettivo principale secondario; HR = 1.06; 95% CI = 0.73 – 1.52; p = 0.7671 per l’ictus fatale o non fatale e HR = 0.86; 95% CI = 0.71 – 1.04; p = 0.1289 per la morte cardiovascolare, l’ictus non fatale o IM non fatale).



Conclusioni

Gli Autori concludono che in un' analisi di sottogruppo dello studio PROactive, il pioglitazone ha ridotto significativamente il rischio di ricorrenza dell’ictus in pazienti ad alto rischio con diabete di tipo 2.

Fonte: Stroke. 2007;38:865-873


Commento di Luca Puccetti

Il presente studio è una post-hoc analisi dello studio PROACTIVE realizzata al fine di valutare gli effetti sugli eventi macrovascolari dell’ aggiunta di pioglitazone, rispetto al placebo, alle terapie già in atto per la dislipidemia, l’ipertensione e l’iperglicemia nei pazienti con o senza pregresso ictus (. 6 mesi prima della randomizzazione) che avevano partecipato allo studio.
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Nello studio PROactive furono arruolati 5238 pazienti con diabete tipo 2 di 19 paesi europei. L'età media era di 61.8 anni, la durata media della malattia diabetica era di 9,5 e i soggetti avevano evidenza di malattia cardiovascolare.
Si trattava quindi di diabetici particolarmente a rischio elevato. I pazienti furono randomizzati per 3 anni a ricevere pioglitazone o placebo. Inoltre i pazienti ricevettero la terapia standard per il diabete (più di metà assumeva metformina od una sulfanilurea e un terzo usava insulina in associazione agli antidiabetici orali). Oltre alla terapia antidiabetica i pazienti erano in trattamento ottimale con aspirina, statine, farmaci antipertensivi.
L'obiettivo dello studio era la valutazione di un end-point primario composto da ben sei diversi eventi (morte, infarto non fatale, sindrome coronarica acuta, interventi cardiaci, ictus, amputazione maggiore degli arti e by-pass coronarico o PCI). Questo end-point supercomposito venne ridotto del 10% dal trattamento con pioglitazone, ma non raggiunse la significatività statistica ( P = 0,095). Tuttavia l'analisi dell'end-point secondario (che era costituito dai componenti individuali dell'end-point primario) mostrava che il pioglitazone riduceva il rischio di attacco cardiaco, stroke e morte del 16%, una riduzione significativa dal punto di vista statistico ( P = 0,027).
Inoltre il pioglitazone ridusse del 50% il numero di pazienti in cui si rendeva necessario l'uso dell'insulina. Il 6% dei pazienti trattati con pioglitazone e il 4% di quelli nel gruppo placebo vennero ricoverati per scompenso cardiaco tuttavia la percentuale di casi di scompenso cardiaco fatale non differiva tra i due gruppi. Ottantasei pazienti (3,3%) nel gruppo pioglitazone in confronto a 107 (4,1%) nel gruppo placebo ebbero un’ictus con un HR di 0,81 (95% CI = 0,61 – 1,07; p = 0.140) per il tempo al primo evento.
L’aggiunta di pioglitazone alle terapie cardiovascolari esistenti non ha alcun effetto sulla prevenzione di un primo ictus (incidenza del 2,6%), ma, nei pazienti che hanno partecipato allo studio e che avevano avuto un pregresso ictus più di 6 mesi prima della randomizzazione, pioglitazone ha ridotto il rischio di una recidiva di ictus fatale/non fatale del 47% (p = 0.0085). Le stime di Kaplan-Meier sul tasso degli eventi a 3 anni in questo gruppo con pregresso ictus sono state del 5,6% nel gruppo pioglitazone e del 10,2% nel gruppo placebo. C’è stata, inoltre, una riduzione dell’endpoint di morte cardiovascolare, ictus non fatale o IM non fatale (HR = 0,72, tasso dell’evento del 13% nel gruppo pioglitazone contro il 17,7% nel gruppo placebo; p= 0.0467). Si deve notare che il beneficio per questo obiettivo è dato principalmente dall’ictus. Questi dati sono simili a quelli ottenuti nel sottogruppo di pazienti del PROactive con diabete di tipo 2 e pregresso IM, dove il pioglitazone è stato efficace nel prevenire la recidiva del IM (dati Presentati all'American Heart Association Scientific Sessions, Dallas, Tex, 2005.)

In questo studio si è pertanto cercato di stabilire se almeno nei pazienti ad elevatissimo rischio, ossia quelli che avevano già avuto un ictus, il pioglitazone portasse benefici rispetto alla terapia standard. Dunque si tratta di una sotto-analisi particolare di una post-hoc! Ebbene neppure in questo scenario l'end point principale è stato raggiunto in modo significativo, si sono osservati meno ictus solo nel gruppo che ne aveva già sofferto.
La spiegazione del perché il pioglitazone incida sulla recidiva dell’ictus, ma non sul primo ictus, è semplicemente nel fatto che il rischio di un primo ictus era basso (2,6% nell’arco di 3 anni) rispetto a quelli con pregresso ictus (10,5%).

A parte tutte le considerazioni sulla potenza statistica completamente assorbita dall'end point primario ed a parte i caveat sul significato delle analisi a posteriori per sottogruppi, gli Autori avrebbero potuto al più concludere che rispetto al placebo il pioglitazone aggiunto alla terapia standard, riduce l'incidenza di ictus solo nei diabetici con pregresso ictus.

Per approfondire

http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=1952
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=1971
http://www.pillole.org/public/aspnuke/downloads.asp?id=136
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=1975
http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3521

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