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Le statine non causano il cancro
Inserito il 07 agosto 2008 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

In nove anni di follow-up su oltre 361000 pazienti non sono state rilevate forti evidenze a sostegno dell’eventuale ruolo delle statine, somministrate a lungo termine, nel causare o prevenire il cancro.

Le statine sono largamente utilizzate come farmaci ipolipemizzanti nella prevenzione delle patologie cardiovascolari connesse all’aterosclerosi.
Le evidenze relative ad una possibile correlazione tra l’uso di statine e il rischio di cancro sono ancora controverse: una recente metanalisi di 26 RCT non ha rilevato alcuna correlazione (positiva o negativa) tra impiego di statine ed incidenza di cancro (Dale KM et al. JAMA 2006; 295: 74–80).
In questo studio è stata valutata l’incidenza di cancro per un follow-up di 9,4 anni (valore mediano 4,91 anni) in 361.859 soggetti che assumevano statine inclusi nel Kaiser Permanente Medical Care Program della California del Nord (KPMCP). Il follow-up si riteneva concluso alla diagnosi di carcinoma, ed in seguito all’abbandono dello studio per qualsiasi motivo incluso il decesso. L’uso di statine e lo sviluppo di tumore è stato accertato attraverso i registri delle farmacie inserite nel programma e dai registri dei tumori, dall’agosto 1994 al dicembre 2003.
Sono stati considerati solo i casi di tumore invasivo, mentre i pazienti cui era stato diagnosticato un cancro prima del follow-up sono stati esclusi dall’analisi specifica per quel tipo di cancro. Il rischio relativo di tumore, stimato come Hazard Ratio (HR), è stato determinato utilizzando il modello di rischio proporzionale Cox, in cui l’età dei pazienti è stata usata come scala di tempo e l’uso di statine come variabile tempo-dipendente.
Sono stati effettuati due distinti set di analisi negli uomini e nelle donne:
- 1° set, riguardante l’intervallo di tempo intercorso fino alla diagnosi di tumore, suddiviso in “no lag”, cioè tutti i casi di cancro verificatisi subito dopo la prescrizione delle statine, e in “2-year lag”, cioè tutti i casi diagnosticati ad almeno 2 anni dalla prescrizione iniziale.
- 2° set, riguardante la durata del trattamento, suddiviso in tre sottogruppi (utilizzo minore di 3 anni, dai 3 ai 5 anni e utilizzo per più di 5 anni), in base alla somma dei giorni di utilizzo, verificata attraverso la conta delle capsule dispensate.

Entrambi i set di analisi sono stati confrontati con il gruppo di controllo non ricevente statine.
Inoltre, poiché molto spesso le statine vengono prescritte anche ai fumatori ad alto rischio di patologie cardiovascolari connesse all’aterosclerosi, è stato apportato un aggiustamento dei risultati per i fumatori, valutando un range di rischio relativo attribuibile solamente all’abitudine al fumo da parte degli utilizzatori di statine.
Un altro tipo di correzione è stato apportato per coloro che sono risultati utilizzatori di FANS, per i quali sono stati descritti effetti preventivi per alcuni tipi di tumori.
Ancora, poiché esiste una correlazione tra estrogeni in post-menopausa e tumori femminili, è stata effettuata un’analisi dei tumori ormone-dipendenti nelle donne.

Tra le statine incluse nello screening circa il 66% dei pazienti ha ricevuto la lovastatina, il 28% la simvastatina, circa il 5% l’atorvastatina, <1% la pravastatina e la rimanente percentuale altre statine.
Tra i partecipanti, il 72% ha ricevuto la prescrizione di una sola statina, il 25% circa ha seguito un trattamento con 2 statine e il 3% ha ricevuto 3 o più statine.
La prevalenza dell’utilizzo, misurata in base alle fasce di età coinvolte, cresceva con l’età sia negli uomini che nelle donne, con un picco massimo di utilizzatori tra i 70 e i 79 anni.
I risultati presentati riguardano i sottogruppi “2-year lag” e con >5 anni di utilizzo.

Dall’analisi dei risultati relativi ai soggetti di sesso maschile è emerso che le sedi a maggior rischio di sviluppo di tumore (aumento del rapporto di rischio) per gli utilizzatori di statine erano esofago (>5 anni di utilizzo), la vescica (sia nei “2-year lag” che > 5 anni di utilizzo), rene e uretere (“2-year lag”), pelle e tiroide.
I distretti corporei con ridotto rapporto di rischio erano colon, fegato e dotti biliari epatici o intraepatici.
Nel gruppo “2-year lag” dei soggetti di sesso femminile solo per il polmone è stato rilevato un aumento del rischio nelle utilizzatrici di statine, mentre come negli uomini, una significativa riduzione dell’HR è stata riscontrata per il fegato e i dotti biliari epatici o intraepatici.

L’aumento del rischio di cancro al polmone nelle donne potrebbe essere parzialmente attribuibile all’abitudine al fumo. Inoltre, i rapporti di rischio sono rimasti pressoché inalterati anche in seguito all’aggiustamento dei risultati relativamente all’uso della terapia ormonale sostitutiva.

Osservati nella loro totalità ad un follow-up di 9,4 anni i risultati aggiungono esigue evidenze in merito ad una relazione tra l’uso di statine e rischio di cancro; i valori di HR erano egualmente suddivisi tra aumento e riduzione del rischio.
Sono state rilevate poche relazioni statisticamente significative tra uso di statine e aumento del rischio di cancro, che gli autori suppongono dovute anche al caso e al grande numero di analisi condotte. Inoltre, non è possibile quantificare la reale assunzione delle statine da parte dei pazienti, ma soltanto la loro dispensazione. Altri possibili limiti dello studio erano relativi all’impossibilità di distinguere tra statine lipofile e idrofile (queste ultime con un maggiore potenziale cancerogeno) o ad altri fattori confondenti come razza, educazione e indice di massa corporea, che non sono stati registrati durante lo studio.


È quindi possibile concludere che non sono state rilevate forti evidenze a sostegno dell’eventuale ruolo delle statine, somministrate a lungo termine, nel causare o prevenire il cancro.


Fonte: Pharmacoepidemioloy and drug safety 2008; 17: 27-36.

Dottoressa Ilaria Campesi

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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