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Immunosoppressione precoce vs terapia convenzionale nel Crohn iniziale
Inserito il 09 ottobre 2008 da admin. - gastroenterologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L’immunosoppressione combinata è risultata più efficace rispetto alla gestione tradizionale nell’indurre la remissione della patologia e nel ridurre il ricorso ai corticosteroidi in soggetti con recente diagnosi di Morbo di Crohn.

Molti pazienti affetti da Morbo di Crohn in fase attiva sono trattati inizialmente con corticosteroidi, in ottemperanza alle attuali linee guida. Sebbene questo approccio di solito sia utile nel controllare i sintomi, molti pazienti diventano resistenti o dipendenti al trattamento ed una lunga esposizione si associa ad un aumento del rischio di mortalità. Per questo motivo molti medici iniziano il trattamento con antimetaboliti come l’azatioprina, la mercaptopurina o il metotrexato, una volta che si è sviluppata la dipendenza o la resistenza ai corticosteroidi, ma l’impiego degli antimetaboliti nelle prime fasi della patologia non è raccomandato. Dato che questi farmaci sono moderatamente efficaci, sono spesso necessari cicli ripetuti o prolungati di corticosteroidi. Il ricorso ad antagonisti del tumor necrosis factor (TNF-alfa), come l’infliximab, ha permesso di migliorare il trattamento del Morbo di Crohn refrattario; ad oggi questi farmaci vengono utilizzati in caso di fallimento, nell’ordine, di corticosteroidi ed antimetaboliti.

Per confrontare l’efficacia clinica di un ricorso precoce ad un’associazione di immunosoppressori rispetto ad un trattamento convenzionale in pazienti affetti da Morbo di Crohn in fase attiva è stato condotto un trial randomizzato in aperto della durata di 2 anni (maggio 2001-gennaio 2004) che ha coinvolto 18 centri in Belgio, Olanda e Germania.
Sono stati definiti eleggibili i pazienti di 16-75 anni, con diagnosi di Morbo di Crohn nei 4 anni precedenti e che non erano già stati trattati con glucocorticoidi, antimetaboliti o farmaci biologici (es. infliximab). Da sottolineare che, all’epoca del disegno dello studio, i dati relativi alla terapia di mantenimento con infliximab non erano disponibili ed il farmaco veniva prescritto episodicamente.
Sono stati, invece, esclusi i pazienti che necessitavano di un intervento chirurgico nell’immediato e quelli con stenosi sintomatica intestinale o dilatazione pre-stenotica, gravi comorbidità, infezioni croniche documentate, coprocoltura positiva, test positivo alla tubercolina o segni radiografici di tubercolosi o presenza di neoplasie.

Lo studio ha randomizzato 133 pazienti a ricevere un trattamento precoce con un’associazione di immunosoppressori o un trattamento convenzionale.
Nel primo caso, 67 pazienti hanno ricevuto 3 infusioni di infliximab (5 mg/kg) alla settimana 0, 2 e 6 con azatioprina in associazione. È stato fornito un trattamento aggiuntivo con infliximab e, se necessario, con corticosteroidi per controllare l’attività della malattia.
I 66 pazienti assegnati al trattamento convenzionale hanno ricevuto corticosteroidi, seguiti, nell’ordine, da azatioprina ed infliximab.
L’outcome primario dello studio era rappresentato dalla remissione senza corticosteroidi e senza resezione intestinale alla 26a ed alla 52a settimana.
Quattro pazienti (2 per gruppo) non hanno ricevuto il trattamento secondo il protocollo e non sono stati considerati nell’analisi finale.

Alla 26a settimana, 39 pazienti (60%) del gruppo in terapia combinata hanno avuto una remissione senza aggiunta di corticosteroidi né resezione chirurgica, rispetto ai 23 (35,9%) del controllo, con una differenza assoluta del 24,1% (CI 95%: 7,3-40,8; p=0,0062). Le percentuali corrispondenti alla 52a settimana sono state 61,5% (40/65) e 42,2% (27/64) (differenza assoluta 19,3%; CI 95%: 2,4-36,3; p=0,0278).
Venti pazienti sottoposti a trattamento combinato (30,8%) hanno avuto eventi avversi gravi rispetto a 19 (25,3%) controlli (p=1,0).


In questo studio, l’immunosoppressione combinata è risultata più efficace rispetto alla gestione tradizionale nell’indurre la remissione della patologia e nel ridurre il ricorso ai corticosteroidi in soggetti con recente diagnosi di Morbo di Crohn, suggerendo la possibilità di ottenere risultati migliori con l’avvio precoce di un trattamento intensivo.


Commento

Nell’editoriale di accompagnamento, il dott. Sandborn, ricercatore del SONIC trial (Study of Biologic and Immunomodulator Naive Patients in Crohn’s Disease), i cui risultati sono di prossima pubblicazione, contesta diversi punti dello studio in oggetto. Innanzitutto, la terapia continuativa con azatioprina ed infliximab nella fase di mantenimento potrebbe essere più efficace dell’azatioprina in monoterapia, quindi nello studio sopra riportato i benefici della terapia combinata potrebbero essere sottostimati. Inoltre, i dati ottenuti potrebbero portare ad un ricorso a cicli di breve durata con infliximab nell’ambito della terapia di mantenimento con azatioprina, ma questa strategia non è appropriata perché favorirebbe l’insorgenza di immunogenicità nei confronti dell’infliximab. Le linee guida internazionali suggeriscono di iniziare il trattamento con azatioprina col primo ciclo di corticosteroidi e quindi nello studio riportato i benefici della terapia convenzionale potrebbero essere stati sottostimati.
Comunque, nella pratica clinica, sono pochissimi i casi in cui i medici iniziano routinariamente la somministrazione di azatioprina con il primo ciclo di corticosteroidi, quindi iniziare l’azatioprina dopo 2 cicli di corticosteroidi potrebbe sovrastimare i benefici della terapia convenzionale così come applicata nella pratica clinica.
Infine, sempre secondo Sandborn, i dati relativi a 131 pazienti non possono stabilire la frequenza di infezioni gravi, infezioni opportunistiche, neoplasie ed altri eventi avversi che possono insorgere. La sicurezza relativa dei 2 approcci terapeutici indagati nello studio su riportato rimane incerta ed i dati di efficacia non sono sufficienti a modificare la pratica clinica.
Sandborn suggerisce che un trial come il SONIC, che ha arruolato 500 pazienti con recente diagnosi di Morbo di Crohn randomizzandoli a ricevere per un anno azatioprina o infliximab in monoterapia o la loro associazione possa fornire dati più conclusivi. Dall’insieme dei dati ottenuti sarà possibile ipotizzare una modifica dell’algoritmo terapeutico.

Dott.ssa Maria Antonietta Catania

Riferimenti bibliografici

D’Haens G et al. Early combined immunosuppression or conventional management in patients with newly diagnosed Crohn’s disease: an open randomised trial. Lancet 2008; 371: 660-7.
Sandborn WJ. Initial combination therapy in early Crohn’s disease. Lancet 2008; 371: 635-6.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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