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Effetti delle statine nelle nefropatie croniche
Inserito il 22 ottobre 2008 da admin. - nefrologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Secondo una metanalisi le statine, nei pazienti con nefropatia cronica, riducono gli eventi cardiovascolari ma non la mortalità totale, mentre non si è potuto determinare gli effetti su end-point renali come uremia terminale o trapianto.


Questa metanalisi aveva come scopo quello di valutare i benefici e i rischi delle statine in pazienti affetti da nefropatia cronica in vari stadi (prima della dialisi, durante la dialisi e nel trapianto renale). E' noto infatti che il nefropatico ha un aumentato rischio di eventi cardiovascolari per cui è ipotizzabile che l'uso di una statina possa portare ad una loro riduzione.
Con il termine malattia renale cronica si è inteso compredere pazienti in trattamento dialitico o con trapianto di reni, oppure con valori di creatinina > 1,4 mg/dL oppure con velocità di filtrazione glomerulare inferiore a 60 ml/min oppure con segni di danno renale (per esempio presenza di proteinuria).
La ricerca ha permesso di ritrovare 50 trial in cui una statina era stata confrontata con placebo o nessun trattamento, per un totale di oltre 30.000 pazienti. Molti studi avevano arruolato pochi pazienti ed erano di qualità discutibile.
Rispetto al placebo le statine hanno ridotto il colesterolo totale ed LDL e la proteinuria ma non hanno portato ad un miglioramento della velocità di filtrazione glomerulare.
Per quanto riguarda end-point più strettamente clinici le statine hanno ridotto gli eventi cardiovascolari fatali (RR 0,81; IC95% 0,73-0,90) e non fatali (RR 0,78; IC95% 0,73-0,84), ma non la mortalità totale (RR 0,92; IC95% 0,82-1,03). Se però si limita l'analisi ai pazienti nefropatici in pre-dialisi le statine portavano ad una riduzione della mortaltà totale (RR 0,81; IC95% 0,74-0,89).
Per quanto riguarda gli effetti avversi (alterazioni epatiche , aumento della CPK) non si sono riscontrate differenze rispetto al placebo.
Gli autori concludono che le statine ridicono gli eventi cardiovascolari nei pazienti con nefropatia cronica indipendentemente dallo stadio di malattia ma non la mortalità totale. L'effetto nefroprotettivo delle statine è incerto a causa dei pochi dati disponibili e di possibili bias.


Fonte:

Strippoli GFM et al. Effects of statins in patients with chronic kidney disease: meta-analysis and meta-regression of randomised controlled trials. BMJ 2008 Mar 22; 336:645-651.


Commento di Renato Rossi

Secondo il dettato dell'attuale nota 13 AIFA le statine sono rimborsate dal SSN per i pazienti affetti da insufficienza renale cronica. La metanalisi recensita in questa pillola mostra infatti che, in questi pazienti, le statine riducono gli eventi cardiovascolari fatali e non fatali. Non si ha invece una riduzione della mortalità totale se si considera il pool globale dei pazienti. Limitando l'analisi ai soli pazienti in pre-dialisi si evidenzia una riduzione della mortalità totale del 19%, tuttavia gli autori fanno notare che questo dato deriva solo dal pool degli studi con la pravastatina: dato che lo stadio di malattia non sembra avera alcun effetto sull'efficacia delle statine, essi ritengono che quest'ultimo risultato sia dubbio e che sia più affidabile il dato globale di mancata riduzione della mortalità totale trovato nell'insieme dei pazienti. Per quanto riguarda l'effetto delle statine sugli outcomes renali la metanalisi non è stata in grado di arrivare a conclusioni attendibili in quanto nessuno studio riportava come esito l'uremia terminale o il raddoppiamento della creatinina. E' vero che le statine riducono la proteinuria ma non sembrano avere influenza sulla velocità di filtrazione glmerulare.
Quali sono le conclusioni che si possono trarre?
Anzitutto va evidenziata la sicurezza delle statine nei nefropatici, mentre si poteva ipotizzare, almeno in via teorica, che questi farmaci avrebbero potuto portare ad esiti avversi in chi ha una ridotta funzionalità renale. In secondo luogo l'efficacia che le statine hanno dimostrato nei nefropatici cronici sembra sovrapponibile a quella che si ha nei pazienti a rischio cardiovascolare in prevenzione primaria: si ottiene una riduzione degli eventi cardiovascolari fatali e non fatali, ma non si impatta sulla mortalità totale (a differenza di quanto è avvenuto, invece, negli studi di prevenzione secondaria in cui le statine sono state in grado di ridurre anche la mortalità totale). Infine mancano dati sufficientemente affidabili per poter dire se le statine abbiano o non abbiano effetto sugli end-point renali (riduzione della necessità di dialisi e di trapianto).
In definitiva è giustificato l'uso di una statina nella insufficienza renale cronica? Probabilmente lo è, come suggerisce la nota 13 AIFA, se non altro come è giustificata la prescrizione in altri pazienti in prevenzione primaria ad elevato rischio cardiovascolare. Tuttavia, come notano gli autori della metanalisi nella loro discussione, il ruolo delle statine in prevenzione primaria nei pazienti nefropatici deve ancora essere completamente chiarito: ulteriori dati potranno venire da due studi attualmente in svolgimento (SHARP e AURORA).


Commento di Marco Tuccori

La malattia cardiovascolare rappresenta la maggiore causa di eventi fatali in pazienti affetti da malattia renale cronica. La dislipidemia è uno dei vari fattori di rischio cardiovascolare (tra cui anche ipertensione, diabete e abitudine al fumo) associati a malattia renale cronica e alla progressione della malattia renale stessa. È possibile ipotizzare, pertanto, che il controllo ottimale della dislipidemia possa associarsi ad un beneficio sia cardiovascolare che renale.
A differenza di quelli condotti nella popolazione generale ed in pazienti con diagnosi certa di malattia cardiovascolare, studi clinici randomizzati realizzati in pazienti con malattia renale cronica, benché limitati nel numero, hanno prodotto risultati contrastanti circa la possibilità che una riduzione dei lipidi circolanti (primariamente LDL) si associ in modo lineare ad una riduzione della mortalità cardiovascolare e totale.
L’obiettivo di questa metanalisi è valutare efficacia e sicurezza delle statine su diversi esiti renali e cardiovascolari nei vari stadi della malattia renale cronica (pre-dialisi, dialisi e trapianto). I risultati sono che :

Le statine riducono in maniera significativa le concentrazioni lipidiche e gli end point cardiovascolari in pazienti con malattia renale cronica, indipendentemente dallo stadio della malattia.

Non sono stati osservati benefici significativi del trattamento con statine sulla mortalità per tutte le cause.

Il ruolo delle statine nella prevenzione primaria in pazienti con malattia renale cronica deve essere ancora stabilito.

Gli effetti protettivi renali delle statine sono incerti poiché i dati sono scarsi e c’è la possibilità di reporting bias.

Un editoriale ha commentato i risultati di questa metanalisi, soffermandosi sui punti critici e ponendosi una serie di domande alle quali lo studio può contribuire a rispondere:
a) In pazienti ad alto rischio di eventi cardiovascolari per malattia cardiovascolare o fattori di rischio convenzionalmente riconosciuti, una ridotta velocità di filtrazione glomerulare può influire sul beneficio o sui rischi legati al trattamento con statine?
Dalla metanalisi emerge che il trattamento con statine in pazienti in pre-dialisi riduce il rischio di mortalità per tutte le cause del 19%, valore che è assimilabile al beneficio legato allo stesso trattamento nella popolazione generale. Quando l’analisi viene estesa ai pazienti dializzati e a quelli trapiantati il beneficio scompare. Viene confermato invece un rischio inferiore di mortalità legata a cause cardiovascolari. In termini di tollerabilità, non sono state rilevate differenze relativamente al rischio di alterazioni epatiche o muscolari (aumento CPK). Questi risultati suggeriscono che il beneficio osservato per le statine nella popolazione generale si applica anche ai pazienti con velocità di filtrazione glomerulare ridotta, a quelli dializzati e a quelli trapiantati, ammesso che essi abbiano un profilo di rischio cardiovascolare che giustifichi il trattamento.
b) In pazienti che sono ad alto rischio di malattia cardiovascolare soprattutto a causa di malattia renale cronica (ridotta velocità di filtrazione glomerulare o albuminuria), le statine possono fornire una prevenzione da eventi cardiovascolari?
Non sono disponibili studi randomizzati e controllati con potenza sufficiente per rispondere a questa domanda. Uno studio di questo genere (Baigent C, Landry M. Study of heart and renal protection (SHARP). Kidney Int Suppl 2003; 63: 207-10) su 9000 pazienti dializzati o con ridotta velocità di filtrazione glomerulare, trattati con simvastatina/ezetimibe o placebo è attualmente in corso. Finché i risultati non saranno disponibili, la ridotta velocità di filtrazione glomerulare o la dialisi da sole non possono essere considerate una indicazione al trattamento con statine.
c) In pazienti con velocità di filtrazione glomerulare ridotta il trattamento con statine può prevenire la progressione dell’insufficienza renale e la progressione fino allo stadio finale della malattia renale?
La metanalisi dimostra che le statine possono ridurre la proteinuria in modo modesto ma non influenzano i tempi di declino della velocità di filtrazione glomerulare. È possibile che i marker utilizzati per descrivere la progressione della malattia non siano adeguati. Inoltre non ci sono studi che abbiano valutato come esito la progressione della malattia fino allo stadio finale. I risultati dello studio SHARP potrebbero fornire dati interessanti anche su questo outcome.

Referenze

Clase CM. Statins for people with kidney disease. BMJ 2008;

Commento di M. Tuccori gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/


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