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Automonitoraggio del diabete tipo 2: inutile?
Inserito il 12 gennaio 2009 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Secodo due studi il self-monitoring non porta a migliorare il controllo glicemico, non è costo/efficace e potrebbe peggiorare la qualità di vita.


Serve l'automonitoraggio del diabete tipo 2? Due articoli pubblicati contemporaneamente dal BMJ hanno cercato di far luce sulla questione.
Nel primo lavoro [1] sono stati reclutati 184 pazienti (111 uomini) con diabete tipo 2 di nuova diagnosi ed età inferiore a 70 anni. Criteri di esclusione erano il diabete secondario, il trattamento con insulina, precedente automonitoraggio. I pazienti sono stati ramdomizzati ad autocontrollo della glicemia (n = 96) oppure a non autocontrollo (n = 56), seguiti per un anno e controllati ogni 3 mesi. Al baseline non c'erano differenze per quanto riguarda l'emoglobina glicata tra i due gruppi (8,5% vs 8,6%), però i pazienti randomizzati all'autocontrollo avevano un BMI più elevato (34 vs 32). Durante tutto il periodo del follow-up non si è riscontrata alcuna differenza nella glicoemoglobina, nel BMI, nell'uso di antidiabetici orali e nell'incidenza di episodi ipoglicemici. L'automonitoraggio risultò associato ad un rischio più elevato di sintomi depressivi. Gli autori concludono che nei pazienti con nuova diagnosi di diabete l'automonitoraggio della glicemia non ha effetti sul miglioramento del controllo glicemico ed è associato ad una maggior incidenza di depressione.
Nel secondo studio [2] sono stati seguiti 453 pazienti con diabete tipo 2 non insulino-trattato. E' stato valutato il costo dell'automonitoraggio e la qualità di vita dei pazienti stessi. Il costo era di 89 sterline per la cura usuale, di 181 per l'automonitoraggio meno intensivo e di 173 per l'automonitoraggio più intensivo. Nessun'altra differenza venne riscontrata tra i gruppi, tuttavia nelle fasi iniziali si registrò un peggiormento della qualità di vita nei due gruppi che si sottoponevano ad automonitoraggio.
Gli autori concludono che l'autocontrollo della glicemia nel diabete tipo 2 non insulino-trattato comporta un aumento dei costi ed un peggiormanento della qualità di vita. E' improbabile, considerato che non ci sono differenze per altri outcomes clinici, che l'automonitoraggio, in questi pazienti, sia costo/efficace rispetto allo standard di cura usuale.


Fonte:

1. O' Kane MJ et al. on behalf of the ESMON study group. Efficacy of self monitoring of blood glucose in patients with newly diagnosed type 2 diabetes (ESMON study): randomised controlled trial
BMJ 2008 May 24; 336:1174-1177
2. Simon J et al. on behalf of the Diabetes Glycaemic Education and Monitoring Trial Group.
Cost effectiveness of self monitoring of blood glucose in patients with non-insulin treated type 2 diabetes: economic evaluation of data from the DiGEM trial. BMJ 2008 May 24; 336:1177-1180


Commento di Renato Rossi

Ormai si stanno accumulando studi sia randomizzati che osservazionali che suggeriscono l'inutilità dell'automonitoraggio della glicemia nel diabete tipo 2 non insulino-trattato [1,2].
Nei due lavori recensiti in questa pillola si è visto che il self-monitoring non solo non porta ad un miglior equilibrio metabolico, ma fa aumentare i costi e, probabilmente, peggiora anche la qualità di vita del paziente. Per il momento ci sembra di poter concludere che in un soggetto ben compensato e che non necessita di terapia insulinica può essere sufficiente un controllo standard della glicemia ogni 3 mesi e della glicoemoglobina ogni 4-6 mesi. Un editorialista [3] ricorda che il BMJ pubblicò già nel 1997 un articolo critico sulla pratica dell'autocontrollo della glicemia nel diabete tipo 2 e riporta due metanalisi secondo le quali i benefici dell'autocontrollo sull' emogobina glicata sono minimi. Rammenta, inoltre, che già 25 anni fa il cardiologo John Hampton decretò la "fine della libertà clinica", soprattutto qaundo non ci sono abbastanza risorse per fare tutto quello che tecnicamente è possibile fare.
Questo richiamo ci sembra appropriato, ma non si tratta solo di un buon utilizzo delle risorse economiche: per essere implementata una pratica sanitaria deve dimostrare di produrre benefici per i pazienti in studi di buona qualità. Altrimenti si corre il rischio, sull'onda dell'emotività, di avvallare pratiche inutili.
Diverso è ovviamente in discorso nei diabetici trattati con insulina, in cui l'automonitoraggio giornaliero permette di variare le unità del farmaco da somministrare. L'automonitoraggio potrebbe essere utile anche nel diabetico tipo 2 in terapia con farmaci orali qualora ci fossero stati dei precedenti episodi ipoglicemici importanti.


Referenze

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2823
2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3465
3. Gulliford M. Self monitoring of blood glucose in type 2 diabetes. May not be clinically beneficial or cost effective and may reduce quality of life. BMJ 2008 May 24; 336:1139-1140



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