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Cancro al seno dopo utilizzo di estroprogestinici in donne in menopausa
Inserito il 27 novembre 2009 da admin. - oncologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Il rischio di cancro al seno associato alla terapia estro-progestinica è nettamente diminuito subito dopo l'interruzione del trattamento e non è stato correlato a variazioni dell’impiego della mammografia.

Lo studio WHI (Women’s Health Initiative) sull’associazione di estrogeni equini coniugati e medrossiprogesterone è stato interrotto prematuramente quando è stato dimostrato che i rischi della terapia ormonale sostitutiva superavano i benefici (Rossouw JE et al. JAMA 2002; 288: 321-33). L’incidenza di cancro al seno era più elevata nel gruppo randomizzato alla terapia ormonale e le neoplasie erano più estese e più avanzate (Chlebowski RT et al. JAMA 2003;289:3243-53).
In seguito della divulgazione dei primi risultati dello studio WHI nel 2002, l’utilizzo della terapia ormonale sostitutiva è notevolmente diminuito negli Stati Uniti. Circa un anno dopo, è stata osservata una sostanziale riduzione dell’incidenza di cancro al seno, tuttavia ciò non si è verificato in tutti i paesi. Le cause di questa riduzione rimangono tuttora controverse. Durante il periodo di follow up (media 2.4 anni) dello studio WHI è stato osservato un numero maggiore di tumori al seno fra le donne trattate con la terapia estroprogestinica rispetto al placebo; sembrava inoltre che la terapia ormonale rendesse difficile la rilevazione del cancro.

I criteri originari di eleggibilità dello studio WHI comprendevano donne di 50-79 anni di età, con una sopravvivenza prevista di almeno 3 anni, senza storia di cancro al seno invasivo o di isterctomia, con mammografia di base ed esame obiettivo non indicativi di reperti patologici.
La popolazione iniziale, costituita da 16.608 donne, è stata randomizzata ad una dose giornaliera di estrogeni equini coniugati 0.625 mg+ medrossiprogesterone 2.5 mg o a placebo. I dati di follow-up post-intervento erano disponibili per 15.387 donne, nessuna delle quali ha ricevuto una diagnosi di cancro al seno; queste donne sono state incluse nelle analisi successive.
In questo lavoro sono stati esaminati anche i dati raccolti per 41.449 donne arruolate in un’altra coorte del WHI, di tipo osservazionale, i cui criteri di eleggibilità erano simili a quelli del trial clinico: assenza di storia di isterectomia o di cancro al seno ed esiti normali della mammografia entro 2 anni dall’arruolamento.
Al basale, 25.328 donne non avevano assunto la terapia ormonale mentre 16.121 erano utilizzatrici della terapia estro-progestinica. Il primo arruolamento risaliva al 1994 ed i dati sono stati raccolti fino alla fine del 2005. A tutte le donne è stata inviata una lettera informativa sui risultati della fase interventistica del trial parecchie settimane dopo la pubblicazione iniziale degli esiti dello studio.

Nel trial clinico sono state effettuate mammografie ed esame obiettivo con cadenza annuale mentre nello studio osservazionale questa procedura diagnostica non faceva parte del protocollo.
Quando la fase interventistica del trial è stata interrotta, in seguito all’identificazione dell’eccessivo rischio per la terapia ormonale combinata; le donne sono state invitate ad sospendere la terapia, ormonale o placebo. Tale comunicazione ha segnato l’inizio della fase di post-interventistica iniziata 3 anni in anticipo rispetto alla data stabilita originariamente.

Trial clinico

I fattori di rischio delle 15.387 donne che avevano partecipato alla fase interventistica, senza precedente diagnosi di cancro al seno invasivo e per le quali erano disponibili gli esiti al follow-up, erano bene bilanciati tra i due gruppi randomizzati.
Come precedentemente riportato, durante la fase interventistica il rischio di cancro al seno invasivo era più alto nel gruppo trattato con la terapia ormonale rispetto al placebo (rispettivamente 199 casi vs 150; HR 1.26; 95% CI 1.02-1.55). Durante i primi 2 anni del trial, i valori lineari e tempo-dipendenti di HR utilizzati per calcolare l’influenza della terapia ormonale sul rischio di cancro al seno erano al di sotto di 1.00 (ma non significativamente differenti da 1.00), successivamente sono aumentati durante la fase interventistica per poi diminuire in quella post-interventistica.
L’analisi “intention to treat” non ha rilevato differenze significative tra le due fasi (p=0.28). In un’analisi di sensibilità aggiustata per l’aderenza al trattamento, è stata riscontrata una differenza significativa tra la fase interventistica e postinterventistica: 1.62 (1.10-2.39) e 1.26 (0.73-2.20), rispettivamente.
Durante gli ultimi anni della fase interventistica, l'incidenza annuale di cancro al seno era maggiore nel gruppo in terapia ormonale rispetto al placebo. Dall’ultimo anno della fase interventistica fino al primo di quella post-interventistica, tuttavia, il numero di diagnosi di cancro al seno nel gruppo trattato è diminuito del 28% (da 48 casi [0.61%] a 34 [0.44%]).
Durante la fase post-intervento, i tumori diagnosticati nel gruppo in terapia ormonale erano significativamente più estesi rispetto a quelli del gruppo placebo (diametro medio [±SD], 1.5±1.2 cm vs 1.1±0.8 cm; p=0.03) ma altre caratteristiche, compresa la stadiazione, erano simili. Anche le mammografie con anomalie erano più comuni nel gruppo trattato rispetto al placebo (7.5% vs 5.4%) e le biopsie erano molto più frequenti (2,3% vs 1,4%; p<0.001).

Studio osservazionale

La durata media della terapia ormonale nel gruppo trattato dall’inizio dello studio è stata di 6,9 ± 5,4 anni. L'incidenza di cancro al seno tra le donne trattate era relativamente stabile per il periodo compreso tra il 2000 e il 2002, notevolmente maggiore rispetto a quella tra le donne non in terapia. Parallelamente al decremento anno dopo anno dell’utilizzo di ormoni, iniziato nel 2002 e accelleratosi nel 2003, si è cominciato a rilevare una minore incidenza annuale di tumori al seno, con una riduzione del 43% nell’incidenza/anno dal 2002 al 2003 [122 casi (0.81%) vs 68 (0.46%)].
La frequenza annuale di mammografie era più bassa nel gruppo di donne che non assumevano la terapia rispetto a quelle trattate, con un trend costante nel tempo.


Il rischio di cancro al seno associato alla terapia estro-progestinica è nettamente diminuito subito dopo l'interruzione del trattamento e non è stato correlato a variazioni dell’impiego della mammografia.
Questi esiti supportano l'ipotesi che la recente riduzione dell'incidenza di cancro al seno negli Stati Uniti in alcune fasce di età sia prevalentemente connessa alla diminuzione dell'uso combinato di estrogeni e progestinici.


Conflitto di interesse

Lo studio è stato finanziato dal National Heart, Lung and Blood Institute. Gli autori dichiarano di avere ricevuto, in passato, finanziamenti da diverse ditte farmaceutiche.

Dottoressa Laura Franceschini

Riferimento bibliografico

Chlebowski T et al. Breast cancer after use of estrogen plus progestin in postmenopausal women. N Engl J Med 2009; 360; 573-85.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.pharmtox.org/sif/

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