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Bevacizumab e cetuximab nel carcinoma colorettale metastatico
Inserito il 04 dicembre 2009 da admin. - oncologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

l’aggiunta del cetuximab a capecitabina, oxaliplatino e bevacizumab nel trattamento di prima linea del carcinoma colorettale metastatico causa una significativa riduzione della sopravvivenza libera da progressione ed una qualità della vita inferiore.

Il bevacizumab, anticorpo monoclonale umanizzato anti-Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF), in combinazione con la chemioterapia a base di fluoropirimidine (ad es. fluorouracile e capecitabina) è ad oggi lo standard per il trattamento di prima linea del carcinoma colorettale metastatico. Data l’efficacia del cetuximab, immunoglobulina chimerica IgG1 anti-Epidermal Growth Factor Receptor (EGFR), in monoterapia e in combinazione con l’irinotecan (farmaco citotossico inibitore della topoisomerasi I, usato nel carcinoma colorettale metastatico) in pazienti irinotecan-resistenti, lo studio randomizzato di fase III, in aperto, CAIRO-2* del Dutch Colorectal Cancer Group (DCCG) ha valutato gli effetti dell’associazione di questo anticorpo monoclonale con capecitabina, oxaliplatino e bevacizumab nel trattamento di prima linea del carcinoma colorettale metastatico.

Nello studio, condotto in 79 ospedali olandesi tra giugno 2005 e dicembre 2006, 736 pazienti (età media 62 anni) con carcinoma colorettale metastatico non precedentemente trattato sono stati randomizzati a ricevere il regime CB (n=368), capecitabina per os (1000 mg/m2 2 volte/die nei giorni 1-14) + oxaliplatino ev (130 mg/m2 il giorno 1) + bevacizumab ev (7,5 mg/kg il giorno 1) o il regime CBC (n=368), in cui a CB è stato aggiunto cetuximab ev (400 mg/m2 il giorno 1 del primo ciclo di terapia e 250 mg/m2 alla settimana nei cicli successivi). Ogni ciclo è stato somministrato ogni 3 settimane.

I principali criteri di inclusione sono stati: età >18 anni, diagnosi istologica di carcinoma colorettale, con malattia metastatica non operabile, tumore misurabile, nessuna precedente chemioterapia sistemica per tumore metastatico, grado 0 o 1 della scala di valutazione dello stato di validità generale di un paziente (WHO), nessuna chemioterapia adiuvante nei 6 mesi prima della randomizzazione e funzioni midollari, epatiche e renali adeguate. I principali criteri di esclusione sono stati: neuropatia sensoriale di grado >1, precedente intolleranza alla chemioterapia adiuvante, metastasi sintomatiche a carico del SNC, diatesi emorragiche, disturbi coagulativi, patologie cardiovascolari clinicamente significative o altri tumori negli ultimi 5 anni ad eccezione di carcinoma basocellulare o squamoso della cute adeguatamente trattato o carcinoma in situ della cervice.

L’end point primario era la sopravvivenza libera da progressione mentre quelli secondari erano la sopravvivenza totale, la sicurezza, la percentuale di risposta, la qualità della vita e la valutazione della mutazione del gene KRAS come fattore predittivo di outcome.
La verifica della risposta tumorale è stata condotta ogni 3 cicli di trattamento (9 settimane), attraverso scansione tomografica computerizzata secondo i criteri RECIST (Response Evaluation Criteria in Solid Tumors).
Le caratteristiche dei pazienti appartenenti a questi 2 gruppi erano simili, ad eccezione del sesso (gruppo CB: 55,7% maschi; gruppo CBC: 63,3% maschi). La durata mediana del follow-up è stata di 23 mesi.

L’end point primario è stato raggiunto in 293 pazienti del gruppo CB e in 316 di quello CBC. L’aggiunta di cetuximab ha significativamente ridotto il tempo mediano di sopravvivenza libera da progressione (10,7 mesi nel gruppo CB vs 9,4 nel CBC; p=0,01).
La qualità della vita, valutata in 532 pazienti (276 nel gruppo CB e 256 nel CBC) è risultata più bassa nel gruppo CBC: sia la qualità della vita totale che lo stato di salute globale sono aumentati in modo significativo maggiormente nel gruppo CB rispetto al CBC (p=0,007 e p=0,03, rispettivamente). La sopravvivenza totale e la percentuale di risposta non sono state significativamente diverse nei 2 gruppi. I decessi sono stati 407: 193 nel gruppo CB e 214 in quello CBC.

L’incidenza di reazioni avverse di grado 3-4 (secondo i National Cancer Institute Common Toxicity Criteria) è stata significativamente più alta nel gruppo CBC rispetto a quello CB (81,7% vs 73,2%, p=0,006), differenza attribuita alla tossicità cutanea del cetuximab (definita come qualsiasi reazione cutanea ad eccezione della sindrome mano-piede). Infatti, escludendo la tossicità cutanea, l’incidenza di tossicità di grado 3-4 è risultata simile nei 2 gruppi. Tale tossicità ha rappresentato la ragione di interruzione della somministrazione di tutti i farmaci in studio in 12 pazienti appartenenti al gruppo CBC. Le altre ragioni di interruzione del trattamento (313 pazienti nel gruppo CB vs 334 in quello CBC) sono state: progressione della malattia (54,0% vs 48,5%; p=0,16), eventi avversi (25,9% vs 29,6%; p=0,28), rimozione delle metastasi (4,2% vs 5,4%; p=0,46), rifiuto del trattamento da parte dei pazienti (6,1% vs 7,5%; p=0,48).
Nei pazienti trattati con cetuximab che presentavano un tumore con mutazione del gene KRAS è stata osservata una riduzione significativa della sopravvivenza libera da progressione rispetto ai pazienti con tumore wild-type- KRAS del gruppo CBC e ai pazienti con mutazione del gene KRAS del gruppo CB.


Gli autori concludono che l’aggiunta del cetuximab a capecitabina, oxaliplatino e bevacizumab nel trattamento di prima linea del carcinoma colorettale metastatico causa una significativa riduzione della sopravvivenza libera da progressione ed una qualità della vita inferiore.
Inoltre, questo studio dimostra che la mutazione del gene KRAS condiziona la risposta al trattamento anti-EGFR, rappresentando pertanto un fattore predittivo di outcome nei trattati con cetuximab.




*I risultati ad interim dello studio CAIRO-2 sono stati riportati su SIF-Farmaci in evidenza numero 13 del 01.05.2008. http://www.sifweb.org/farmaci/sif_farmaci_evidenza_13.php

Commento

L’editoriale di accompagnamento allo studio, sottolinea che l’effetto negativo causato dalla combinazione di anticorpi monoclonali anti-VEGF e anti-EGFR (somministrati in concomitanza alla chemioterapia a base di oxaliplatino e irinotecan) non è attribuibile alla limitata intensità del trattamento dovuta agli eventi avversi, dal momento che non ci sono state differenze di tollerabilità del trattamento nei 2 gruppi in studio. È stata quindi ipotizzata un’interazione inaspettata tra i 2 anticorpi monoclonali che, tuttavia, non è stata ancora identificata. Uno studio attualmente in corso, condotto dal Cancer and Leukemia Group B, potrà forse fornire maggiori informazioni a riguardo.

I dati forniti dal CAIRO-2 suggeriscono che la combinazione di forme multiple di targeted therapies potrebbe non essere analoga alla combinazione di diversi farmaci citotossici, presumibilmente a causa di un’impercettibile interazione tra le vie di segnale intracellulari. A questo proposito, l’editorialista conclude che “più non è sempre meglio”.

Conflitto di interesse

Lo studio ha ricevuto finanziamenti da diverse aziende farmaceutiche.

Dottoressa Lorenza Rattazzi

Riferimenti bibliografici

Tol J et al. Chemotherapy, bevacizumab, and cetuximab in metastatic colorectal cancer. N Engl J Med 2009; 360: 563-72.

Myer R J. Targeted therapy for advanced colorectal cancer-More is not always better. N Engl J Med 2009; 360: 623-4.


Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.pharmtox.org/sif/

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