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Lo screening del cancro prostatico: ecco i primi risultati degli RCT
Inserito il 22 marzo 2009 da admin. - urologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Pubblicati in anticipo due RCT sullo screening del cancro prostatico: i risultati contrastanti e alcune criticità non permettono di uscire dalla attuale incertezza circa la reale utilità dello screening.


Il New England Journal of Medicine pubblica in anteprima due RCT sullo screening del cancro prostatico.
Nel primo studio [1], statunitense, denominato PLCO, sono stati reclutati, dal 1993 al 2001, 76.623 uomini (età 55-74 anni) randomizzati a screening del cancro prostatico oppure a gruppo di controllo. Lo screening consisteva nel dosaggio annuale del PSA per 6 anni e nella esplorazione digitale del retto per 4 anni. Il gruppo randomizzato a controllo veniva seguito con quella che gli anglosassoni chiamano "usual care", che poteva includere anche lo screening con PSA, come consigliato da alcune organizzazioni. Nel gruppo screening la compliance fu dell'85% per il dosaggio del PSA e dell'86% per l' esplorazione del retto. Dopo 7 anni di follow-up l'incidenza di cancro prostatico per 10.000 persone/anno fu di 116 (2820 cancri) nel gruppo screeening e di 95 (2322 cancri) nel gruppo controllo. Si verificarono 50 decessi per cancro prostatico (2,0 per 10.000 persone/anno) nel gruppo screening e 44 decessi (1,7 per 10.000 persone/anno) nel gruppo controllo.
I dati a 10 anni sono al momento completi per il 67% e sono in linea con quelli trovati a 7 anni.
Gli autori concludono che dopo un follow-up di 7-10 anni i decessi dovuti a cancro prostatico sono stati molto pochi e non differiscono tra i due gruppi.
Il secondo studio [2], euroepo, denominato ERSPC, ha arruolato, a partire dai primi anni '90, 182.000 uomini (età 50-74 anni) in 7 paesi europei. I partecipanti sono stati randomizzati allo screening (dosaggio del PSA in media ogni 4 anni) oppure a gruppo di controllo. L'end-point primario era rappresentato dai decessi da cancro prostatico. Il follow-up è stato in media di 9 anni. L'analisi dei dati è stata effettuata nel cosiddetto "age core", gruppo così predefinito di partecipanti che comprendeva i soggetti di età compresa tra 55 e 69 anni (162.243 del totale).
L'incidenza cumulativa di cancro prostatico fu dell'8,2% nel gruppo screening e del 4,8% nel gruppo controllo. Si verificarono 214 decessi da cancro prostatico nel gruppo screenato e 326 nel gruppo controllo: rate ratio 0,80 (95%CI 0,65-0,98; P aggiustata 0,04). Il tutto si traduce in questi numeri: bisogna screenare 1410 uomini e trattare 48 soggetti per 10 anni per evitare un decesso da cancro prostatico.
Gli autori concludono che lo screening con PSA riduce il rischio di morte specifica del 20% ma è associato ad un elevato rischio di sovradiagnosi.


Fonte:

1. Andriole GL et al. for the PLCO Project Team. Mortality Results from a Randomized Prostate-Cancer Screening Trial. N Engl J Med 2009 Mar 26; 360:1310-1319.
2. Schröder FH et al. for the ERSPC Investigators. Screening and Prostate-Cancer Mortality in a Randomized European Study. N Engl J Med 2009 Mar 26; 360: 1320-1328.



Commento di Renato Rossi

Un editoriale [1] di commento titola provocatoriamente: " Lo screening del cancro prostatico - Una controversia che si rifiuta di morire". L'editoriale passa in rassegna alcune criticità dei due trials.
Intanto c'è da domandarsi perchè i due studi siano stati pubblicati ora dato che i risultati non sono quelli definitivi perchè i due trials sono ancora in itinere. Lo studio europeo è un' analisi ad interim (per la precisione la terza) mentre quello americano è stato pubblicato per la preoccupazione di rendere noti i rischi dello screening rispetto ai potenziali benefici. Entrambe queste decisioni sono premature e non permettono ai medici di uscire dall'incertezza. Alcune criticità dello studio europeo sono rappresentate dal fatto che la determinazione della causa di morte era fatta in cieco rispetto al gruppo di appartenza, ma non rispetto al trattamento effettuato e questo potrebbe aver portato ad attribuire meno decessi al cancro prostatico nei trattati con intento curativo. Siccome nel gruppo screenato il cancro veniva diagnosticato in fase più precoce e trattato quindi con intento curativo ci potrebbe esser stato un bias in favore dello screening.
Lo studio americano presenta pure dei punti discutibili: per esempio almeno un dosaggio del PSA fu effettuato anche dal 52% del gruppo controllo (sottoposto ad usual care) e questo potrebbe aver in qualche modo annacquato l'efficacia dello screening. Infatti in questo studio il rischio di sovradiagnosi risultò essere molto minore di quello riscontrato nello studio europeo.
In una tavola rotonda tra due esperti, pubblicata sempre dal New England Journal of Medicine, vengono discussi questi ed altri aspetti, per cercare di spiegare la differenza di risultato. Per esempio nello studio europeo la soglia decisionale di PSA per decidere ulteriori accertamenti era di 3 ng/mL, in quello mericano era di 4 ng/mL.
Dal canto nostro aggiungiamo alcune considerazioni che vengono spontanee dopo aver letto i lavori originali. Nello studio europeo l'analisi dei dati è stata fatta sulla popoazione "age core", vale a dire sui pazienti di età compresa fra 55 e 69 anni. Tuttavia se si contano i decessi totali osservati nella popolazione totale arruolata (che comprendeva anche pazienti più giovani e più anziani), si vede che i decessi totali sono stati 261 nel gruppo screening e 362 nel gruppo controllo: in questo caso la significatività statistica scompare (RR 0,85; 95%CI 0,73-1,00). Inoltre se dall'analisi si tolgono i pazienti arruolati in Svezia (poco meno di 12.000 soggetti) si ha di nuovo la scomparsa della significatività statistica (RR 0,84; 95%CI 0,70-1,01). Perchè? Gioco del caso?
Si aggiunga che le analisi ad interim, pur utili per certi versi perchè permettono di far partecipi medici e pazienti di benefici o pericoli di un trattamento prima che lo studio sia terminato, hanno un rovescio della medaglia rappresentato da una possibile enfatizzazione dell'efficacia dell'intervento.
Che dire? Ci sembra abbia colto nel segno l'editoriale di commento che conclude che l'efficacia dello screening nel ridurre i decessi da cancro prostatico, se pure esiste, è piccola e va bilanciata con i rischi reali di un sovratrattamento, ragion per cui è importante ancor più di prima informare correttamente i pazienti al fine di una decisione consapevole. In effetti dover sottoporre 48 soggetti a terapie pesanti (prostatectomia, radioterapia, terapia ormonale) per evitare un decesso in 10 anni non sembra uno scherzo da poco, considerando che 47 vengono trattati inutilmente.
Altri due RCT sono "in progress" e permetteranno, in futuro, di aggiungere ulteriori contributi a quanto oggi si sa su questo spinoso argomento.



Referenze

1. Barry MJ. Screening for Prostate Cancer — The Controversy That Refuses to Die. N Engl J Med 2009 Mar 26; 360: 1351-1354.






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