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Antipertensivi nei primi mesi di gravidanza ed esito della gravidanza
Inserito il 27 dicembre 2009 da admin. - ostetricia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L’associazione tra l’uso materno di antipertensivi all'inizio della gravidanza e i difetti cardiovascolari del bambino non sono specifici per gli ACE inibitori, ma si possono verificare anche dopo l'uso di altri antipertensivi, in particolare, i beta-bloccanti.

La gravidanza delle donne con ipertensione cronica presenta diversi e gravi complicanze tra cui un peggioramento della condizione della patologia stessa, un aumento del rischio di preeclampsia, eclampsia e sindrome HELLP; insufficienza epatica o renale; distacco prematuro della placenta (abruptio placentae); aborto spontaneo o morte del feto; parto prematuro e riduzione della crescita intrauterina; complicanze neonatali. Per ridurre questi rischi, durante la gravidanza l'ipertensione lieve o moderata va attentamente monitorata e trattata.

L’obiettivo dello studio è stato quello di esaminare l'associazione tra uso materno degli ACE inibitori o di altri antipertensivi e le malformazioni congenite neonatali, utilizzando i dati del registro svedese delle nascite (Swedish Medical Birth Register).
I ricercatori del Dipartimento di Farmacologia Clinica dell’Università di Umea e del Centro di Epidemiologia del National Board of Health and Welfare, di Stoccolma (Svezia), hanno condotto uno studio di coorte su 1.418 donne identificate nello Swedish Medical Birth Register.
Si tratta di una corte di donne che avevano utilizzato farmaci antipertensivi nei primi mesi di gravidanza e che avevano partorito 1.444 bambini tra il 1 luglio 1995 e la fine del 2006. A causa della forte associazione tra il diabete e l'ipertensione, le donne con una diagnosi di diabete sono state escluse dall’analisi.

I criteri di inclusione comprendevano: donne che avevano utilizzato antipertensivi con effetto simpaticolitico o attivi sulla muscolatura liscia delle arteriole, calcio-antagonisti, ACE-inibitori o antagonisti dell’angiotensina II, a prescindere dalla presenza di un codice di diagnosi di ipertensione cronica, e donne che avevano assunto beta bloccanti e che avevano avuto una diagnosi di ipertensione cronica al momento del parto. Quest'ultima restrizione era motivata dal fatto che questi farmaci sono ampiamente utilizzati per altre patologie, ad esempio, le aritmie cardiache e la profilassi dell’emicrania.

Considerando le caratteristiche basali delle donne, è stato rilevato che l'84% assumeva una sola categoria di antipertensivi (il 65% utilizzava un beta bloccante), il 14% due categorie, l’1,3% tre o quattro diversi gruppi di antipertensivi.
L’aumento dell’uso dei farmaci è stato correlato all’incremento dell’età materna. Le donne che assumevano antipertensivi fumavano di più all'inizio della gravidanza rispetto alle altre donne, avevano riportato un maggiore numero di aborti spontanei, un elevato indice di massa corporea e mostravano segni di fertilità al di sotto della norma. L’uso di antipertensivi era meno comune tra le donne nate non in paesi Nordici e tra le donne con un alto livello di istruzione. Le donne che assumevano tali farmaci lavoravano meno frequentemente con contratti full-time rispetto alle altre.

Come atteso, è stato riscontrato un elevato numero di diuretici e di ipolipemizzanti (questi ultimi usati di meno). L’impiego di anti-ulcera, corticosteroidi sistemici, farmaci per la tiroide, per l’emicrania e antidepressivi ha rilevato la presenza di comorbidità. Comunque, l'uso di ognuna di queste categorie di farmaci è stato evidenziato in meno del 5% di tutte le donne in trattamento con antipertensivi.

Tra le 1.418 donne trattate con antipertensivi, 15 hanno avuto il distacco prematuro della placenta; il 33% di tutti i parti è avvenuto con taglio cesareo rispetto al 15% nella popolazione. L’OR aggiustato era 2,12 (95% CI 1.89-2.37). Un eccessivo numero di tagli cesarei permaneva anche in seguito ad un'analisi in termini di bambini nati a termine: il 26% dopo l'uso di antipertensivi rispetto al 14% della popolazione (OR 1.61, 95% CI 1.41-1.84).

Considerando le caratteristiche dei bambini nati da donne che assumevano antipertensivi, tra i singoli parti c’è stato un marcato incremento di nascite pretermine, un basso peso alla nascita e una dimensione ridotta rispetto all'età gestazionale.

Il rischio di malformazione congenita aumentava significativamente fra i bambini le cui madri assumevano antipertensivi nei primi mesi di gravidanza. La stima dell’OR aumentava anche leggermente quando alcune comuni lievi e variabili malformazioni registrate venivano escluse.
È stato rilevato un marcato effetto sul rischio di difetti cardiaci (OR 2.59; 95% CI 1.92–3.51), particolarmente evidente per i difetti al setto ventricolare o atriale (in assenza di altri difetti cardiovascolari). Tra i bambini senza difetti cardiaci, il rischio di una malformazione congenita non era significativamente aumentato.
L'unica specifica condizione che ha mostrato un aumento statisticamente significativo è stato il piede torto congenito (pes equinovarus). Tale evidenza si basava su sette casi, di cui uno solo aveva il pes equinovarus mentre gli altri erano associati con altre malformazioni talvolta secondarie (es. spina bifida, idrocefalo).

Analizzando l’associazione tra antipertensivi specifici e difetti cardiovascolari, il rischio era inferiore quando veniva assunto 1 solo tipo di farmaco rispetto a =2, ma la differenza poteva essere dovuta al caso.
Il rischio era leggermente più alto se veniva usato un ACE-inibitore (OR 1.68, 95% CI 0.20–6.08), ma anche in questo caso la differenza poteva essere casuale e, di per sé, l’effetto degli ACE-inibitori non era statisticamente significativo. Quando la madre utilizzava solo i beta bloccanti, la stima del rischio era elevata e statisticamente significativa (OR 2.76, 95% CI 1.79–4.08).

In questo lavoro, è stato possibile dimostrare che nelle donne con ipertensione cronica vi è un aumento del rischio di distacco prematuro della placenta, di parto prematuro, con taglio cesareo e indotto. Gli effetti sui lattanti come il basso peso alla nascita, la riduzione della crescita rispetto all’età gestazionale e alcune diagnosi neonatali, dovrebbero ancora essere verificate.
Il rischio maggiore di diagnosi neonatale era in una certa misura (in particolare per i problemi respiratori) associato alla nascita pretermine.
È stato rilevato un aumento del rischio di mortalità infantile. È noto come l’uso di ACE - inibitori e degli antagonisti dell’angiotensina II sia associato ad un incremento della mortalità, tuttavia in questa corte un numero ridotto di madri di neonati morti aveva utilizzato questi farmaci nei primi mesi della gravidanza e, solo in un caso, nello stadio avanzato della gravidanza.

I risultati riportati suggeriscono che l’effetto teratogeno cardiovascolare non è una caratteristica degli ACE-inibitori, come noto, ma si manifesta anche con altri antipertensivi, in particolare i beta bloccanti.

Le spiegazioni possibili sono diverse, tra cui la correlazione alla stessa malattia di base, l’ipertensione cronica che è il vero fattore rischio (Rey E, Couturier A Am J Obst Gynecol 1994; 181: 410–16) insieme all’altra ipotesi: l'antipertensivo potrebbe attraversare la placenta e alterare la circolazione fetale, portando ad un aumentato del rischio di difetto del setto.

Tra i limiti dello studio la scarsa disponibilità di informazioni sulla dose esatta e sulla durata della terapia, sulla gravità dell’ipertensione, sia prima dell’inizio del trattamento sia durante le prime fasi della gravidanza, il monitoraggio dei livelli pressori nelle donne trattate.

I risultati di questo studio evidenziano che l’associazione tra l’uso materno di antipertensivi all'inizio della gravidanza e i difetti cardiovascolari del bambino non sono specifici per gli ACE inibitori, ma si possono verificare anche dopo l'uso di altri antipertensivi, in particolare, i beta-bloccanti.
Sarebbe utile svolgere ulteriori studi di grandi dimensioni sulla correlazione tra ipertensione cronica materna, uso di antipertensivi e difetti congeniti cardiaci.


Dottoressa Paola D'Incau

Riferimento bibliografico

Lennestal R et al. Maternal use of antihypertensive drugs in early pregnancy and delivery outcome, notably the presence of congenital heart defects in the infants. Eur J Clin Pharmacol 2009; DOI 10.1007/s00228-009-0620-0.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/


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