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L'utilizzo iniziale di placebo non inficia i benefici del successivo trattamento attivo
Inserito il 17 gennaio 2010 da admin. - psichiatria_psicologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

I pazienti adolescenti con depressione partecipanti a trials e trattati inizialmente con placebo raggiungono risultati a lungo termine simili a quelli dei pazienti che hanno ricevuto trattamenti attivi fin da subito.

Gli studi controllati con placebo sono necessari per stabilire l'efficacia e la sicurezza dei farmaci, ma sono state sollevate perplessità sull'impatto a lungo termine del ritardare, con l’utilizzo del placebo, l’inizio del trattamento attivo. In letteratura sono pubblicati molti meno studi controllati versus placebo sugli antidepressivi condotti nei bambini e negli adolescenti rispetto alla popolazione adulta e solo in un quarto dei trial è stata dimostrata la superiorità del farmaco rispetto al placebo (Emslie GJ et al, J Clin Psychiatry 2005; 66:14-20).
In questo lavoro gli autori hanno voluto valutare se l’utilizzo iniziale di placebo seguito poi da trattamento attivo, in pazienti adolescenti affetti da depressione maggiore o moderata, fosse associato nel lungo termine a risultati diversi rispetto a pazienti che avevano ricevuto trattamento attivo da subito, basandosi su diversi indicatori: i benefici diretti sui sintomi psichiatrici, il rischio di suicidio e il ricorso alle “procedure di salvataggio”, cioè quei servizi messi a disposizione dei pazienti per minimizzare le crisi.

Lo studio TADS è un trial randomizzato e controllato che ha confrontato il trattamento attivo con fluoxetina, la terapia cognitivo-comportamentale, l’associazione di fluoxetina+terapia cognitivo-comportamentale rispetto a placebo in adolescenti con disturbo depressivo maggiore.
Sono stati arruolati 439 pazienti (età 12-17 anni), randomizzati in 4 gruppi: fluoxetina (n=109; 10 mg/die la prima settimana, 20 mg/die la seconda, incrementabile, secondo il giudizio clinico, fino ad un massimo di 40 mg/die), terapia cognitivo-comportamentale (n=111), fluoxetina+terapia cognitivo-comportamentale (n=107) e placebo (n=112).

Il trattamento previsto dallo studio consisteva di 3 stadi: stadio 1, fase acuta (12 settimane); stadio 2, fase di consolidamento (6 settimane); stadio 3, fase di mantenimento (18 settimane). Ai pazienti randomizzati a placebo che al termine della fase 1 non avevano mostrato miglioramenti venivano proposte 12 settimane di trattamento attivo in aperto; a quelli che avevano risposto positivamente al placebo venivano offerte 12 settimane di follow-up telefonico o il passaggio a trattamento attivo nel caso di ricadute. Sono state condotte valutazioni ogni 6 settimane per 36 settimane.

Outcome primario era la risposta al trattamento e la remissione dei sintomi basati sui punteggi delle scale “Children’s Depression Rating Scale–Revised” (CDRS-R) e “Clinical Global Impression (CGI) improvement subscale”.

Dei 112 partecipanti al gruppo placebo, 98 (87,5%) erano inclusi nello stadio 2 e 90 (80,4%) erano ancora nello studio all’inizio dello stadio 3.
Sono state confrontate le caratteristiche di base dei partecipanti che hanno completato lo stadio 3 e quelle dei soggetti che hanno abbandonato il trial ed è emerso che i primi erano in media più giovani (età media 14,3 anni vs 15,1 anni, p=0,02) e presentavano episodi ricorrenti con una durata media maggiore (68,4 settimane vs 40,3 settimane, p=0,02). Non sono emerse differenze nei tassi di drop out finali tra i responder e i non responder dopo il primo stadio né sui tassi di drop out nell’arco delle 36 settimane tra il gruppo placebo e quello in trattamento attivo.

Alla fine dello stadio 1 i pazienti che hanno risposto al placebo erano 39 e i non responder 73; questi ultimi, nello stadio 2 hanno ricevuto fluoxetina nel 24,7% dei casi, terapia psicologica nel 2,7%, l’associazione delle due nel 45,2% e il 27,4% non ha ricevuto trattamento. Dei 39 pazienti placebo-responder, il 20,5% ha ricevuto fluoxetina, il 7,7% terapia psicologica e il 5,4% fluoxetina+ terapia psicologica nello stadio 2.

Alla 12° settimana non è emersa alcuna differenza significativa tra il placebo ed il trattamento attivo (5,3% vs 7,3%) così come alla 24° settimana (15,6% vs 15,9%). Alla 36° settimana, invece, il gruppo trattato inizialmente con placebo ha mostrato un maggiore ricorso a servizi esterni rispetto al gruppo in trattamento attivo (34,3% vs 18,1%; p<0,004).

I tassi di risposta, valutati con la scala CGI, per i pazienti del gruppo placebo-trattamento in aperto rispetto al gruppo in trattamento attivo erano rispettivamente: 35% vs 58% alla settimana 12; 67% vs 67% alla settimana 18; 72% vs 75% alla 24; 70% vs 80% alla 30 e 82% vs 83% alla 36; alla 36° settimana quindi i risultati erano comparabili (OR 1,22; 95% CI 0,62-2,40, p=0,86). Sebbene le differenze fra le varie valutazioni parziali non fossero significative. alla 12° settimana il gruppo in trattamento attivo aveva un tasso di risposta significativamente più alto (p <0,001).

I tassi di remissione, valutati mediante CDRS-R, tra il gruppo placebo-trattamento in aperto rispetto al gruppo trattato erano: 17% vs 26% alla settimana 12, 34% vs 39% alla 18, 45% vs 49% alla 24°, 39% vs 56% alla 30° e 48% vs 59% alla 36°. Anche per i tassi di remissione, a 36 settimane, i risultati erano simili (OR 1,71; 1,01-2,89, p=0,06); ma alla settimana 30 il gruppo trattato aveva una probabilità di remissione significativamente più alta (p <0,010). Sono stati calcolati i tassi di remissione alla 36° settimana per i pazienti identificati come placebo-responder alla fine della fase 1: per i responder è stato stimato un tasso di remissione del 61% alla 36° settimana rispetto al 39,7% dei non-responder (p=0,07).

A 36 settimane, il tasso di eventi avversi gravi non è stato statisticamente differente tra il gruppo placebo e i trattati (13,4% vs 11,3%). Dei 112 soggetti del gruppo placebo-trattamento in aperto, 12 (10,7%) hanno avuto un evento suicidario (tentativo di suicidio, azione preparatoria o ideazione suicidaria) tra la settimana 12 e la 36, rispetto a 32 su 327 (9,8%) dei pazienti in trattamento attivo, con una differenza non statisticamente significativa.
I tassi di peggioramento tra la 12° e la 36° settimana non erano significativamente differenti, così come non è stato differente il ricorso a procedure di salvataggio tra i due gruppi alla settimana 12: 17,4% del gruppo in trattamento attivo vs 17% del gruppo placebo-trattamento in aperto; alla settimana 24 rispettivamente 18,4% vs 6,25% (p<0,002) e alla settimana 36 il 9,5% dei pazienti in trattamento attivo e nessuno del gruppo placebo-trattamento in aperto hanno necessitato di procedure di salvataggio ?p <0,001).

L’obiettivo dello studio era quello di valutare la sicurezza dell’utilizzo di placebo come controllo negli studi clinici su adolescenti con depressione maggiore.
I risultati indicano che negli adolescenti il trattamento iniziale della depressione con placebo per 12 settimane e successivamente mediante interventi terapeutici clinicamente indicati non ha determinato, nel lungo termine, esiti significativamente peggiori, pur avendo risultati peggiori a 12 settimane (al termine cioè del trattamento con placebo). Da questi dati, sembra quindi emergere che ritardare il trattamento attivo per 12 settimane non si ripercuote negativamente sulla possibilità di un'adeguata risposta al successivo trattamento attivo.

I limiti dello studio, rilevati dagli stessi autori, risiedono nell’esiguità numerica del campione esaminato e nella difficoltà ad interpretare i risultati correlati ad un determinato trattamento: infatti essendo uno studio focalizzato su risultati a lungo termine, alla fine tutti i partecipanti erano in trattamento in aperto e molti non erano più nelle condizioni della randomizzazione iniziale.

In conclusione i risultati evidenziano che i pazienti trattati inizialmente con placebo raggiungono risultati a lungo termine simili a quelli dei pazienti che hanno ricevuto trattamenti attivi fin da subito.
Il placebo può quindi essere considerato un controllo accettabile nei trial randomizzati su adolescenti con depressione moderata e grave e continuano ad essere un importante strumento di ricerca per stabilire la sicurezza e l'efficacia di nuovi interventi.



Conflitto di interesse

Alcuni autori dichiarano di avere ricevuto finanziamenti da diverse ditte farmaceutiche.

Dottoressa Laura Franceschini

Riferimento bibliografico

Kennard B et al. Assessment of safety and long-term outcomes of initial treatment with placebo in tads. Am J Psychiatry 2009; 166: 337-44.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/


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