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Reazioni avverse al trattamento con farmaci tocolitici nel parto pretermine
Inserito il 20 gennaio 2010 da admin. - ostetricia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L’uso di farmaci agonisti ß-adrenergici e la terapia tocolitica multipla, utilizzati per prevenire la nascita pretermine, sono stati associati ad un incidenza elevata di reazioni avverse materne gravi. Indometacina e atosiban, in monoterapia, erano gli unici trattamenti tocolitici non associati a reazioni avverse materne gravi.

I farmaci autorizzati come tocolitici comprendono l’agonista ß-adrenergico ritodrina e l’antagonista dell’ossitocina atosiban. Gli inibitori della ciclossigenasi e i calcio antagonisti sono anch’essi utilizzati per evitare il parto pretermine, ma non sono attualmente registrati per questa indicazione. Pochi studi clinici hanno confrontato in maniera diretta il profilo di tollerabilità di questi trattamenti.
La scelta dei farmaci tocolitici di prima linea per il trattamento del parto pretermine è pertanto dibattuta poiché non esistono evidenze conclusive sulla sicurezza delle varie terapie.
Questo studio di coorte prospettico, in aperto, ha valutato l’incidenza di complicanze materne gravi associate all’uso di farmaci tocolitici utilizzati nel parto pretermine in situazioni cliniche routinarie.

Sono state arruolate pazienti consecutive trattate con farmaci tocolitici secondo il protocollo utilizzato a livello locale in 28 ospedali dei Paesi Bassi e in Belgio, tra Gennaio 2006 e Luglio 2007.
Sono state escluse dallo studio donne che avevano ricevuto tocolitici per altre indicazioni, quali versione cefalica per manovre esterne per presentazione podalica o rianimazione intrauterina in caso di sospetta sofferenza fetale durante il parto a termine. I dati raccolti comprendevano informazioni anagrafiche personali e ginecologiche di ogni donna comprese data di nascita, età gestazionale, numero di figli, dilatazione della cervice, perdita di sangue, numero di membrane lesionate rispetto a quelle intatte, numero di feti e la presenza di patologie concomitanti quali disturbi cardio-polmonari, pre-eclampsia, ipertensione, diabete, anomalie placentari o poli-idramniosi. Sono stati registrati inoltre il tipo di trattamento tocolitico ed ogni evento avverso materno che avesse richiesto la sospensione della terapia. L’ostetrica presente al parto decideva quando sospendere il trattamento in caso di un evento avverso.

Alla fine del periodo di registrazione tutti gli eventi avversi sono stati valutati e classificati da un gruppo di esperti costituito da 5 membri: tre ostetriche e due farmacologi. Al gruppo di esperti è stato inizialmente richiesto di stabilire se gli eventi avversi registrati rispettavano il criterio di essere insorti durante la tocolisi e di aver richiesto la sospensione del trattamento secondo l’opinione dell’ostetrica e, successivamente, di classificare gli eventi avversi in termini di intensità (grave o lieve).
I singoli membri hanno valutato tutti i casi di eventi avversi in cieco relativamente al tipo di tocolitico utilizzato. Per la definizione degli eventi avversi gravi, gli autori hanno fatto riferimento al “Council for International Organizations of Medical Sciences”, linea guida sulla cui base gli eventi avversi gravi correlabili al trattamento tocolitico comprendevano: ipotensione grave (sistolica <100 mmHg e riduzione >20% rispetto ai valori basali), dispnea grave, edema polmonare, infarto del miocardio, shock anafilattico, ricovero in terapia intensiva o morte materna. Un evento avverso lieve è stato definito come un evento che portava alla sospensione della terapia tocolitica (per esempio tachicardia, nausea, vertigini, cefalea) ma che non rientrava nella definizione di evento avverso grave. La causalità di ogni evento è stata effettuata da ciascun esperto per ciascun evento sulla base dei criteri di causalità dell’OMS (certa, probabile, possibile, dubbia, condizionale, non valutabile).

La somministrazione di tocolitici è stata classificata in base a tre modalità di trattamento: singola (un farmaco tocolitico), sequenziale (più tocolitici somministrati in periodi separati) o combinata (più tocolitici simultaneamente).

L’outcome primario dello studio era l’incidenza di reazioni avverse gravi ai tocolitici (generale e relativa alle singole categorie di trattamento). Per ogni modalità di trattamento gli autori hanno condotto un’analisi separata per ogni tipo di tocolitico. Mediante regressione logistica è stata effettuata un’analisi di sottogruppo per la verifica di possibili fattori relativi all’aumento dell’incidenza di reazioni avverse ai tocolitici, quali gestazione multipla, storia medica o qualsiasi altra patologia ginecologica.

Lo studio ha arruolato 1920 donne. L’età materna media è stata di 29.8 anni e l’età media gestionale di 29 settimane. I farmaci tocolitici utilizzati (singoli, combinati o sequenziali) sono stati il calcio antagonista nifedipina (n=1022; 34,3%), l’antagonista dell’ossitocina atosiban (n=1248; 41,9%), gli agonisti ß-adrenergici ritodrina e fenoterolo (n=411; 13,8%), l’inibitore della ciclossigenasi indometacina (n=261; 8%), solfato di magnesio (n=18; 0,6%) e nitroglicerina per via transdermica, un donatore di ossido nitrico (n=4).

Eventi avversi sono stati registrati in 38 donne, 16 le reazioni gravi e 15 quelle lievi. Tra le reazioni materne gravi sono stati riportati: per gli agonisti ß-adrenergici 5 casi di dispnea (2 in trattamenti combinati), 1 insufficienza cardiaca (trattamento sequenziale), 1 ipossia (trattamento combinato), 1 edema polmonare (trattamento combinato), 1 dispnea (associazione con il trattamento improbabile), e 1 trombosi venosa profonda (trattamento combinato, associazione con il trattamento improbabile); per atosiban 2 casi di dispnea (entrambi in trattamento combinato), 1 insufficienza cardiaca (trattamento sequenziale), 2 edemi polmonari (trattamento combinato); per nifedipina 2 casi di dispnea (1 in trattamento combinato), 4 ipotensioni, 1 ipossia (trattamento combinato), 2 edemi polmonari (trattamento combinato) e 1 trombosi venosa profonda (trattamento combinato, associazione con il trattamento improbabile). Non sono state riportate reazioni gravi per l’indometacina. Non sono state riportate morti fetali durante il trattamento e nessuno degli eventi lievi o gravi è stato seguito da morte fetale o neonatale.

Tra le 575 donne trattate con atosiban in monoterapia, nessuna aveva manifestato un evento avverso grave e 1 aveva avuto una lieve reazione avversa (0,2%). Delle 542 donne trattate con nifedipina, 5 avevano manifestato una grave reazione avversa (0,9%) e 6 lieve (1.1%). Tra le 175 donne trattate con un agonista ß-adrenergico, 3 avevano manifestato una grave reazione avversa (1.7%) e 4 lieve (2.3%).

Il numero necessario di pazienti da trattare con atosiban rispetto agli agonisti ß-adrenergici e alla nifedipina per prevenire una reazione avversa grave era rispettivamente di 59 (limite inferiore del 95% CI: 35) e 108 (limite inferiore del 95% CI: 56 . In confronto ad atosiban, il rischio relativo di un evento avverso (lieve e grave combinati) con gli agonisti ß-adrenergici era 22.0 (95% CI da 3.6 a 138) mentre con nifedipina era 12 (da 1.9 a 69.0). Dieci differenti combinazioni di atosiban, agonisti ß-adrenergici, nifedipina e inibitori delle ciclossigenasi sono state registrate in 311 casi. Nelle pazienti trattate con queste combinazioni, sono state osservate 5 reazioni avverse gravi (1.6%) e 1 lieve (0.3%). Non sono state riportate reazioni avverse gravi nelle combinazioni con l’uso degli inibitori delle ciclossigenasi (n=143). In 282 donne che ricevevano la terapia tocolitica sequenziale sono state osservate 1 reazione avversa grave e 2 lievi (0.7%), tutte durante la somministrazione del secondo farmaco; una volta con un farmaco ß-mimetico e due con nifedipina. L’assunzione di tocolitici è stata registrata in 414 donne con gravidanza multipla. Quattro di queste donne hanno manifestato una grave reazione avversa da tocolitico in confronto alle donne con una gravidanza singola (RR 1.5, 95% CI da 0.39 a 5.0). Due delle donne (2.0%) sono state trattate con terapia singola di nifedipina (n=101) e due (2.4%) con terapia combinata (n=84). La regressione logistica ha dimostrato che la rottura pretermine delle membrane, la perdita di sangue e altre patologie ostetriche non erano associate in modo indipendentemente ad alcun evento avverso.

L’uso di farmaci agonisti ß-adrenergici e la terapia tocolitica multipla, utilizzati per prevenire la nascita pretermine, sono stati associati ad un incidenza elevata di reazioni avverse materne gravi.
Indometacina e atosiban, in monoterapia, erano gli unici trattamenti tocolitici non associati a reazioni avverse materne gravi.
Viene sottolineata la necessità di un confronto diretto tra nifedipina e atosiban per verificarne l’efficacia nel posticipare il parto pretermine.


Commento

L’editoriale di accompagnamento allo studio può essere riassunto nei seguenti punti chiave:

- Beta-agonisti, atosiban e indometacina riducono l’incidenza del parto fino a 48 ore rispetto a placebo, ma nessuno di questi farmaci ha dimostrato di migliorare gli esiti neonatali. Nifedipina non è mai stata confrontata a placebo per questa indicazione, ma è risultata più efficace dei beta-agonisti nel ritardare il parto con evidenza di miglioramento degli esiti neontali. Atosiban e nifedipina non sono mai stati confrontati in maniera diretta.
- Dallo studio si evince una incidenza globale di eventi avversi ridotta, ma si evidenzia il pericolo legato a politrattamenti per i quali non esistono prove di efficacia né in combinazione, né in somministrazione sequenziale.
- Le definizioni utilizzate nello studio non hanno compreso l’emorragia post-partum tra gli eventi avversi. Questa omissione è quantomeno sorprendente considerando il meccanismo di azione dei trattamenti tocolitici.
- I risultati evidenziano una “sicurezza relativa” dei tocolitici, nonostante i ß-agonisti presentino l’incidenza più elevata di reazioni avverse. Continuare ad impiegarli con questa indicazione appare un atteggiamento difficile da giustificare.
- Atosiban risulta il farmaco con il miglior profilo di tollerabilità materna, ma non ha dimostrato di migliorare gli esiti neonatali ed è molto più costoso di nifedipina.
- Dopo più di 30 anni di ricerca non è ancora chiaro se la terapia tocolitica porti benefici per il feto, pertanto la scelta di quale farmaco impiegare rimane una questione secondaria. Il vero dilemma consiste nello stabilire se applicare o meno questi trattamenti. Non solo il trattamento tocolitico potrebbe non avere benefici, ma essere dannoso a lungo termine, come osservato nello studio ORACLE II in cui è stato dimostrato un aumento del rischio di paralisi cerebrale a 7 anni in bambini nati da donne trattate con antibiotici con parto pretermine con membrane intatte (Kenyon et al. Lancet 2008;372:1319-27).

Conflitto di interesse

Lo studio è stato finanziato da Ferring Pharmaceuticals BV, che commercializza atosiban. Uno degli autori ha ricevuto un finanziamento dalla stessa azienda per uno studio precedente.

Dottoressa Sabrina Montagnani e Renzo Tuccori

Riferimenti bibliografici

Heus et al. Adverse drug reaction to tocolytic treatment for preterm labour: prospective cohort study. BMJ 2009; 338; doi:10.1136/bmj.b744.

Carlin A et al. Tocolytics and preterm labour. BMJ 2009; 338: 727-8.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/


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