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Funzioni cognitive dopo esposizione fetale a farmaci antiepilettici
Inserito il 22 febbraio 2010 da admin. - ostetricia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L’esposizione in utero al valproato è stata associata in modo dose-dipendente ad esiti cognitivi più sfavorevoli rispetto a quella ad altri antiepilettici comunemente utilizzati.

Gli effetti dell’esposizione fetale ai farmaci antiepilettici può contribuire ad un ridotto sviluppo neurologico, anche se questo rischio va controbilanciato con i potenziali gravi rischi sia per la madre che per il feto dovuti alle crisi convulsive. Gli antiepilettici possono comportare differenti rischi durante la gravidanza ma le evidenze non sono sufficienti per effettuare una scelta tra i trattamenti disponibili sia per le donne già in gravidanza che per quelle che la stanno programmando.

Lo studio, di coorte di tipo prospettico, ha arruolato donne in gravidanza in monoterapia con cabamazepina, lamotrigina, fenitoina o valproato nel periodo ottobre 1999-febbraio 2004 in 25 centri degli Stati Uniti e del Regno Unito.
L’outcome principale era la valutazione delle capacità cognitive dei bambini a 6 anni di età. In questa sede vengono riportati i risultati dell’analisi ad interim condotta quando i bambini hanno raggiunto i 3 anni di età.

Sono state escluse dallo studio le donne che assumevano altri antiepilettici perché non in numero sufficiente e quelle in politerapia per l’associazione tra il trattamento con più farmaci e esiti avversi e per la non capacità dello studio di valutare le combinazioni multiple di farmaci. Non è stato incluso un gruppo di controllo di bambini non esposti.
Sono state escluse anche le donne con un QI (Quoziente Intellettivo) <70 per evitare l’effetto tetto e perché il QI materno è il maggiore fattore predittivo del QI del bambini (Sattler JM. Assessment of children. 3rd ed. San Diego, CA: Jerome M. Sattler, 1992). A questi criteri di esclusione sono stati aggiunti: test sierologici positivi per la sifilide o per il virus dell’immunodeficienza umana, la presenza di malattia cerebrale progressiva, altre importanti malattie (ad esempio il diabete), l'esposizione ad agenti teratogeni diversi dagli antiepilettici, la scarsa aderenza alla terapia antiepilettica, l’abuso di droghe nell’anno precedente e le relative conseguenze psicopatologiche.

Per la valutazione delle performance cognitive è stato usato il Mental Developmental Index of the Bayley Scales of Infant Development, seconda edizione (bambini da 21 a 34 mesi di età) e la Differential Ability Scales (bambini da 33 a 45 mesi di età). Sono stati calcolati i punteggi standardizzati. Per adattare la valutazione americana con quella inglese sono stati adottati diversi test di valutazione del QI: il Test of Nonverbal Intelligence in 267 madri, il Wechsler Abbreviated Scale of Intelligence in 18 e il National Adult Reading Test in altre 18.

L’analisi primaria è stata condotta seguendo il principio dell’intention to treat. Sono stati analizzati 309 nati vivi, di cui 6 gemelli. L’analisi secondaria è stata condotta sui bambini che hanno completato i test sia a 2 o 3 anni di età che ad entrambe le età (258 bambini), solo a 3 anni (232 bambini) e solo a 2 anni (187 bambini).

Sono state condotte le valutazioni cognitive in 258 bambini (nati da 252 madri) a 2 e/o 3 anni di età. Di questi bambini, 73 erano stati esposti a carbamazepina, 84 a lamotrigina, 48 a fenitoina e 53 a valproato. Questo campione rappresentava l’83,5% di quello iniziale (intention to treat).

I bambini esposti in utero al valproato presentavano dei valori di QI più bassi rispetto a quelli degli esposti ad altri antiepilettici.

In media, il punteggio del QI dei bambini esposti al valproato era inferiore di 9 punti rispetto a quello degli esposti a lamotrigina (95% CI 3,1-14,6; p=0,009), di 7 punti rispetto alla fenitoina (95% CI, 0,2-14,0; p=0,04) e di 6 punti rispetto alla carbamazepina (95% CI 0,6-12,0; p=0,04).

Non sono state rilevate differenze significative per il QI dei bambini esposti ad uno degli altri tre farmaci antiepilettici (p=0,68).

L'associazione tra valproato e gli esiti cognitivi sfavorevoli persisteva dopo l'aggiustamento per fattori di confondimento.

Nell’analisi in cui è stata valutata la correlazione tra la dose media di un antiepilettico assunto in gravidanza e il QI del bambino all'età di 3 anni, solo per il valproato è stata riscontrata una correlazione significativa (r=-0,38, p=0,005).

I risultati non variavano se si considerava il terzo trimestre o tutta la durata della gravidanza. I QI non differivano significativamente tra i bambini esposti a diversi principi attivi quando l’analisi è stata limitata ad un’esposizione a basse dosi.

La corrispondenza tra i valori più elevati di QI sia nelle madri che nei bambini è stata correlata in maniera statisticamente significativa per tutti gli antiepilettici tranne che per il valproato.

I bambini con gravi malformazioni presentavano un QI inferiore anche se tale effetto non è stato sufficiente per spiegare le differenze tra gli esiti cognitivi associati all'esposizione ai diversi farmaci antiepilettici.

L’esposizione in utero al valproato è stata associata ad esiti cognitivi più sfavorevoli rispetto a quella ad altri antiepilettici comunemente utilizzati. L’effetto del valproato era dose-dipendente. Come visto in precedenti studi, i valori di QI della madre erano fortemente correlati a quelli del bambino tranne per le donne che avevano assunto il valproato.


Commento

Lo studio NEAD, insieme ad altri dati, suggerisce che il valproato non dovrebbe essere usato come antiepilettico di prima linea nelle donne in gravidanza o nelle donne in età fertile. La relazione dose-dipendente tra l'uso di questo farmaco in gravidanza e il basso QI nella prole probabilmente indica una maggiore sicurezza delle dosi basse. Tuttavia, va sottolineata la notevole variabilità individuale tra i bambini esposti a dosi simili.
Gli autori sottolineano che meno della metà delle prescrizioni di farmaci antiepilettici dispensate sono per la terapia dell'epilessia o delle crisi convulsive; la maggior parte sono destinate per la gestione del dolore e per indicazioni psichiatriche. Sebbene questo studio non abbia incluso donne a cui sono stati prescritti antiepilettici per altre indicazioni, un report precedente (Holmes LB et al. N Engl J Med 2001;344:1132-8) ha suggerito che il rischio di malformazioni nella prole è simile a quella dei figli di donne che assumono antiepilettici per l'epilessia.

Nell’editoriale che accompagna l’articolo, vengono riportati alcuni limiti dello studio. Prima di tutto il fatto che si tratta di uno studio osservazionale (non randomizzato) che ha coinvolto una popolazione selezionata. Tuttavia, uno studio randomizzato porrebbe quesiti etici e pratici. È possibile che la selezione di farmaci antiepilettici possa essere associata a fattori che indipendentemente siano predittivi sullo scarso sviluppo cognitivo.
Inoltre, viene sottolineato che lo studio non comprende un gruppo di controllo di non esposti ad antiepilettici, insieme alla non ampia numerosità della popolazione inclusa.

Conflitto di interesse

Lo studio è stato finanaziato dal National Institute of Neurological Disorders and Stroke e dalla United Kingdom Epilepsy Research Foundation. Alcuni autori hanno dichiarato di avere ricevuto in passato finanziamenti da diverse ditte farmaceutiche.

Dottoressa Paola D'Incau

Riferimenti bibliografici

Meador KJ e. al. Cognitive function at 3 years of age after fetal exposure to antiepileptic drugs. N Engl J Med 2009; 360: 1597-605.

Tomson T. Which drug for the pregnant woman with epilepsy? N Engl J Med 2009; 360: 1667-9.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/


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