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Rischi e benefici delle epoetine nel trattamento dell’anemia associata al cancro
Inserito il 10 aprile 2010 da admin. - oncologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

In pazienti oncologici con anemia correlata a cancro, l’uso delle epotine ha migliorato la qualità della vita e ridotto l’incidenza di trasfusioni ma ha aumentato la mortalità ed il rischio di eventi avversi gravi.

Nel paziente oncologico l’anemia può essere determinata sia dal tumore che dal trattamento chemioterapico. Considerato che l’anemia cancro-correlata ha un profondo impatto sulla qualità di vita dei pazienti e rappresenta un fattore critico per la loro sopravvivenza, la terapia con agenti stimolanti l’eritropoiesi è stata ampiamente utilizzata in campo oncologico.
Studi recenti hanno evidenziato che le epoetine sono associate a gravi eventi avversi, come il tromboembolismo. Una valutazione dell’efficacia clinica e della sicurezza delle epoetine nel trattamento dell’anemia dei pazienti oncologici potrebbe quindi essere molto utile sia agli operatori sanitari che agli enti che dovrebbero sviluppare procedure di rimborso basate sulle evidenze scientifiche per questi farmaci.
Questa revisione sistematica, effettuata sui dati raccolti dalla Canadian Agency for Drugs and Technology in Health, ha valutato i rischi e i benefici degli agenti stimolanti l’eritropoiesi in pazienti adulti con anemia secondaria alla patologia neoplastica o all’impiego della chemioterapia.

È stata condotta una ricerca elettronica degli articoli pubblicati su MEDLINE (dal 1950 al 22 ottobre 2007) ed EMBASE (dal 1988 al 22 ottobre 2007), di tutte le revisioni EBM (pubblicate fino al 22 ottobre 2007) e dei registri di trial clinici mediante l’uso di termini correlati ad eritropoietina, anemia e cancro. Sono stati inclusi tutti gli RCT a gruppi paralleli (pubblicati e non) che includevano soggetti di età >=18 anni con anemia cancro-correlata ed un numero minimo di 30 partecipanti per ciascun braccio di trattamento. Sono stati considerati gli studi che confrontavano pazienti esposti a epoetine (alfa o beta) o darbepoetina alfa con soggetti non esposti ad alcun trattamento (gruppo controllo), per valutare uno o più outcome clinici, quali mortalità da tutte le cause, eventi cardiovascolari (stroke, infarto miocardico, insufficienza cardiaca o rivascolarizzazione), ricoveri ospedalieri, qualità della vita, ipertensione, trasfusioni, eventi avversi. Sono state incluse le pubblicazioni redatte in lingua inglese, francese, spagnola o cinese.

Sono stati identificati 52 trial (n=12.006) conformi ai criteri di selezione, di cui 42 (n=7356) confrontavano l’uso delle epoetine (alfa o beta) con il non trattamento e 10 (n=4650) l’uso della darbepoetina alfa con il non uso. Quattro trial includevano pazienti oncologici anemici che si dovevano sottoporre ad interventi chirurgici e che avevano ricevuto terapia perioperatoria con agenti stimolanti l’eritropoiesi.
La durata mediana della terapia è risultata pari a 12 settimane (range 2-28), mentre la durata mediana del follow-up era di 12 mesi (range 1-37). Trenta RCT includevano partecipanti con tumori solidi, 10 RCT pazienti con neoplasie ematologiche e 11 trial soggetti con entrambi i tipi di cancro. L’età media dei partecipanti era di 62 anni (range 48-71).

Rispetto al controllo, nel gruppo che ha ricevuto epoetine, la mortalità da tutte le cause durante il trattamento era statisticamente maggiore (RR 1,15; IC 95% 1,03-1,29).
Le stime degli effetti della terapia farmacologica risultavano sovrapponibili quando le analisi venivano stratificate in base al farmaco (RR per epoetina 1.12, 0,97-1,29; RR per darbepoetina 1,22, 1,01-1,47) oppure alla patologia neoplastica (RR per tumori solidi 1.16, 0,99-1,37; RR per tumori ematologici 1,11, 0,77-1,61).

Nell’analisi di meta-regressione, sono state prese in considerazione alcune variabili di potenziale rilevanza, quali durata del trattamento con epoetine, limite superiore dei livelli di emoglobina al momento del reclutamento nello studio, livelli basali di emoglobina, uso di agenti stimolanti l’eritropoiesi conformemente alle linee guida dell’American Society of Oncology, livelli di emoglobina ottenuto dopo il trattamento, tipo di farmaco (epoetina vs darbepoetina) e suo dosaggio settimanale, tipo di cancro, somministrazione di trattamento chemioterapico, età media dei pazienti, percentuale dei soggetti di sesso maschile e indici di qualità degli studi.
Nessuna delle variabili di interesse modificava significativamente l’associazione tra uso di agenti stimolanti l’eritropoiesi e mortalità da tutte le cause (p>0.2 per tutte le variabili, ad eccezione degli indici di qualità degli studi con p=0.13).

Quattordici RCT (n=3281) hanno confrontato la frequenza di eventi cardiovascolari tra gruppo di trattamento e controllo e 17 RCT (n=3792) hanno valutato la frequenza di ipertensione. Non è stata osservata una variazione nel rischio di insorgenza di questi eventi nei pazienti trattati rispetto ai controlli (RR per eventi cardiovascolari 1.12, 0,83-1,50; RR per ipertensione 1,41, 0,94-2,12).
La qualità della vita è risultata migliorata nel gruppo dei trattati e l’incidenza di trasfusioni è stata ridotta (RR 0,64; 0,56-0,73).
Nel gruppo trattato è stato osservato, tuttavia, un aumento del rischio di eventi trombotici (RR 1,69; 1,27-2,24) e di eventi avversi gravi (RR 1,16; 1,08-1,25).

Gli autori riconoscono alcune limiti della revisione sistematica. Innanzitutto, la qualità metodologica degli studi analizzati era scarsa o moderata. La maggior parte dei trial non specificava i criteri di somministrazione delle trasfusioni, il che riduceva la validità interna della revisione. Sono stati esclusi gli studi con meno di 30 pazienti per ciascun braccio di trattamento ma, in considerazione del numero complessivo di partecipanti abbastanza cospicuo, ciò sembrerebbe non influire sulle conclusioni finali. Gli effetti clinici degli agenti stimolanti l’eritropoiesi risultano omogenei sulla base dell’analisi di meta-regressione, ma questa tecnica possiede di per sè un basso potere statistico; il rapporto rischio-beneficio delle epoetine può inoltre variare in alcuni sottogruppi di popolazione.


In pazienti oncologici con anemia correlata a cancro, l’uso delle epotine ha migliorato la qualità della vita e ridotto l’incidenza di trasfusioni. Tuttavia, ha aumentato la mortalità e il rischio di eventi avversi gravi.

Tali evidenze suggeriscono che nei pazienti con anemia correlata a cancro questo tipo di terapia non dovrebbe essere utilizzata di routine come alternativa alle trasfusioni.


Conflitto di interesse

Alcuni autori dichiarano di aver ricevuto finanziamenti dalla ditta farmaceutica Amgen.

Dottoressa Paola Cutroneo

Riferimento bibliografico

Tonelli M et al. Benefits and harms of erythropoiesis-stimulating agents for anemia related to cancer: a meta-analysis. CMAJ 2009; 180: E62-E71.


Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/


Commento di Luca Puccetti

Qando si tratta di affrontare le sfide della malattia oncologica terminale, medico e paziente devono trovare un'intesa, talora esplicita, talora demandata più al medico, talora sottintesa.

Certamente è opportuno informare il paziente, ma anche i caregivers che concorrono alla cura, del fatto che l'assunzione di eritropietine può comportare rischi ed anche aumentare la mortalità.

Non appaiono di minore imnportanza, in quella condizione, il miglioramento della qualità della vita, che anzi dovrebbe essere la rotta da seguire e la riduzione delle trasfusioni, in un contesto in cui la risorsa sangue è sempre scarsa. Le trasfusioni comportano notevoli disagi per il paziente, specie nei paesi ove è richista la presenza fisica del medico all'attoi dei prelievi per le prove crociate e durante la somministrazione degli emoderivati.

Inoltre le trasfusioni comportano oneri rilevanti per il servizio sanitario, impegnano il medico e gli infermieri e presentano rischi di reazioni avverse per il paziente.

Quindi l'approccio più corretto dovrebbe essere quello di informare molto chiaramente il paziente dei pro e dei contro e decidere, caso per caso, senza fare della durata della vita un totem, ma ponendo attenzione anche alla sua qualità.

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