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Nuova influenza A/H1N1: come stanno le cose?
Inserito il 04 settembre 2009 da admin. - infettivologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Alcune riflessioni sulla nuova influenza A/H1N1


La campagna mass mediatica di questi ultimi mesi e le varie prese di posizione dell'OMS, dei Centri per il controllo delle malattie infettive e delle società scientifiche sulla nuova influenza A/H1N1, comunemente detta "influenza suina", portano a chiedersi cosa in realtà sappiamo e come stiano le cose.
Cercheremo di fare il punto della situazione su alcuni punti essenziali.


La nuova influenza è veramente così grave come sembrava?
Anche se il virus appare molto contagioso, questo non sembra tradursi in una mortalità molto elevata. Si calcola che la mortalità nell'influenza stagionale sia di circa 10 casi ogni 10.000, mentre la mortalità dovuta al nuovo virus si aggira attorno a 30-40 casi ogni 10.000, ma il dato è probabilmente sovrastimato. Va detto, infatti, che è difficile stabilire con precisione la mortalità perchè il numero dei casi di infezione non può essere conosciuto con esattezza dato che molti pazienti sviluppano una malattia lieve che non viene diagnosticata nè registrata. Ne consegue che la mortalità è probabilmente inferiore a quella descritta.
Anche la stima del numero dei morti per anno dovuti alla comune influenza stagionale è un dato difficile da ottenere con sicurezza perchè può essere inquinato da bias di attribuzione.

E' possibile distinguere la nuova influenza da quella stagionale?
I sintomi della nuova influenza sono del tutto sovrapponibili a quelli dell'influenza stagionale e di altre forme virali delle prime vie respiratorie: febbre, tosse, malessere, mialgie, mal di gola, rinite, etc.
Pertanto la distinzione su base clinica è impossibile. Solo il test di laboratorio è in grado di diagnosticare la nuova influenza A/H1N1. Ovviamente il ricorso al test in tutti i casi di pazienti con sintomi di questo tipo è del tutto improponibile perchè porterebbe, durante i mesi invernali, alla completa paralisi dei sistemi sanitari.
D'altra parte va considerato che:
1) nella quasi totalità dei casi la malattia decorre in modo non diverso da quello di altre malattie febbrili respiratorie (influenza stagionale compresa)
2) è autolimitata a pochi giorni
3) nei casi normali la terapia non sarebbe comunque diversa anche dopo aver effettuato una diagnosi certa
Pertanto è giocoforza concludere che la richiesta del test appare ragionevole solo in casi ben selezionati (per esempio pazienti gravi ospedalizzati o donne gravide).

Chi colpisce la nuova influenza A/H1N1?
Finora il virus ha dimostrato di essere più attivo nei soggetti più giovani mentre gli anziani ne sono stati relativamente risparmiati. Si pensa che questo dipenda dal fatto che chi è nato prima degli anni '50 - '60 del secolo scorso possieda una certa immunità dovuta al fatto che in passato sono circolati nella popolazione virus simili all'attuale.
Anche i casi a decorso grave sembrano essere appannaggio dei soggetti più giovani e senza fattori di rischio aggiuntivi.

Funzionano i farmaci antivirali nella nuova influenza A/H1N1?
Non lo sappiamo in quanto mancano studi adeguati al riguardo. Sappiamo che oseltamivir e zanamivir sono efficaci nell'influenza stagionale, ma la loro utilità si limita a ridurre di 1-2 giorni la durata della malattia.
Gli antivirali non sono utili a scopo preventivo generalizzato nè sappiamo se siano in grado di ridurre la comparsa di complicanze o la mortalità. Per il momento appare ragionevole limitarne l'uso a pazienti gravi ospedalizzati, alle gravide e a chi ha fattori di rischio come l'asma, la BPCO e l'obesità, anche per evitare la comparsa di resistenze, già segnalate in alcuni casi. Infine va considerato che i farmaci antivirali non sono esenti da effetti collaterali di tipo neuropsichiatrico e gastroenterico.
Come profilassi gli antivirali possono eventualmente essere presi in considerazione solo in specifici sottogruppi di soggetti.

E' efficace il vaccino contro la nuova influenza?
Non conosciamo nè la reale efficacia nè la sicurezza, trattandosi di un vaccino nuovo sul quale mancano studi. Giova ricordare che la vaccinazione contro l'influenza stagionale non protegge dal nuovo virus e che d'altra parte sono stati avanzati dubbi persino sull'efficacia del vaccino antinfluenzale tradizionale, problema sul quale questa testata ha più volte riferito.
Si dice che la storia sia maestra di vita. In questo caso sarà bene ricordare quanto successe negli USA nel 1976: anche allora si temeva una pandemia di "influenza suina" e si mise a punto un vaccino. Alla fine la vaccinazione di milioni di persone comportò un maggior numero di complicanze neurologiche rispetto ai reali decessi causati dall'influenza.
Infine se si ritiene di proporre il vaccino a larghi strati di popolazione bisognerà tener conto delle difficoltà di tradurre in pratica questa proposta, visto che andrebbe attuata nel periodo in cui già si procede con la vaccinazione contro l'influenza stagionale, nè vanno dimenticati i costi economici che comporterà. Secondo i CDC americani i gruppi target da vaccinare sono, essenzialmente, i giovani dai sei mesi ai 24 anni, le donne in gravidanza, il personale sanitario e i lavoratori addetti a servizi essenziali, i soggetti con meno di 65 e fattori di rischio per complicanze.

E se il virus dovesse diventare più aggressivo?
Molti temono che il virus della nuova influenza, propagandosi ad un gran numero di persone e circolando insieme al virus dell'influenza stagionale, possa riarrangiarsi andando incontro a mutazioni che lo renderebbero più aggressivo e pericoloso. Anche se questo è un timore ragionevole nessuno più prevederlo con sicurezza ed in ogni caso se questo succedesse il nuovo vaccino sarebbe del tutto inefficace. E' ipotizzabile, però, che la vaccinazione di massa possa ridurre il rischio di riarrangiamento diminuendo la diffusione del virus, ma, ancora una volta, non lo si sa con certezza.

Conclusioni
Se queste sono le evidenze di letteratura ci sembra che la questione "influenza suina" sia stata troppo enfatizzata, con il rischio di aver creato presso il pubblico un allarmismo esagerato rispetto ai reali pericoli. E' comprensibile che nessuno voglia essere accusato di aver sottovalutato la gravità della situazione nel caso si sviluppasse una pandemia caratterizzata da una elevata mortalità. Tuttavia l'esperienza del passato fa ben sperare: una mutazione verso una forma più aggressiva del virus è sempre possibile, ma nelle due pandemie più recenti (quella del 1958 e quella del 1968) la mortalità non è mai stata molto elevata. Nella famosa pandemia del 1918 (nota come "spagnola") vi fu un numero molto elevato di morti causate però da polmoniti batteriche che a quell'epoca non era possibile curare con gli antibiotici. Senza contare che le condizioni igienico-sanitarie del 1918 erano molto diverse da quelle di oggi.
L'esame dei dati presenti in letteratura appare quindi abbastanza tranquillizzante e dovrebbe indurre tutti ad usare toni meno allarmistici.
Recentemente l' US president’s Council of Advisors on Science and Technology ha stimato che circa la metà della popolazione americana sarà infettata dal virus, il che si tradurrà in circa 1.800.000 ricoveri e in 90.000 decessi. Tuttavia nessuno può fare stime attendibili di quello che avverrà in futuro.
Ricordiamo ancora come è finita con la SARS e con l'influenza aviaria che sembravano, secondo gli esperti, le pesti del nuovo secolo e di cui ormai nessuno più parla.



Renato Rossi


Referenze

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