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Terapia ormonale per K prostata aumenta rischio di morte in scompensati ed infartuati
Inserito il 18 luglio 2010 da admin. - oncologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

In pazienti con cancro alla prostata, la terapia ormonale neoadiuvante è stata associata ad un aumento della mortalità da tutte le cause in soggetti con anamnesi positiva per insufficienza cardiaca congestizia o infarto miocardio da coronaropatia, ma non nei soggetti senza comorbidità o con un solo fattore di rischio coronarico.

Attualmente, per i pazienti con diagnosi di cancro della prostata (prostate cancer, PCa) localizzato sono a disposizione diverse opzioni terapeutiche. L’uso della brachiterapia, da sola o associata a radioterapia esterna ha dimostrato efficacia e sicurezza a lungo termine. La terapia ormonale (Hormonal Therapy, HT) neoadiuvante viene spesso utilizzata per ridurre il volume della prostata prima della radioterapia, facilitandone così l’applicazione terapeutica.
Sebbene la HT sia associata ad eventi avversi quali sviluppo di insulino-resistenza e profilo lipidico sfavorevole, riduzione della massa muscolare e della densità ossea e aumento della mortalità cardiovascolare, il suo impiego insieme alla radioterapia ha sortito dei miglioramenti sia cancro-specifici e della sopravvivenza totale rispetto alla radioterapia da sola.

L’obiettivo di questo studio era valutare se la HT neoadiuvante in pazienti con PCa trattati con brachiterapia influenzava la mortalità da tutte le cause in pazienti con anamnesi positiva per insufficienza cardiaca congestizia e infarto miocardio da coronaropatie ed in pazienti con fattori di rischio per coronaropatia quali diabete mellito, ipercolesterolemia e ipertensione oppure nessuna comorbidità.

Lo studio, di tipo retrospettivo, comprendeva 5077 pazienti afferenti al Chicago Prostate Center di Westmont (IL) con diagnosi di adenocarcinoma prostatico allo stadio clinico T1-T3N0M0, nel periodo 1997-2006.
Le decisioni terapeutiche per ogni paziente sono state prese in accordo con le linee guida del 1999 della Società Americana di Brachiterapia per l’impianto di semi permanenti. La HT neoadiuvante è stata utilizzata nel caso di malattia a rischio sfavorevole. Nel caso di malattia a rischio favorevole è stata applicata solo quando era necessario ridurre le dimensioni della prostata per rendere il paziente eleggibile per la brachiterapia.

Per quanto riguarda il protocollo terapeutico, in caso di terapia radiante combinata, i pazienti sono stati trattati con una dose esterna totale di 45 Gy applicata alla prostata ed alle vescicole seminali, divisa in 25 frazioni, 5 giorni la settimana per 5 settimane. Due-quattro settimane più tardi, è stata iniziata la brachiterapia, caratterizzata dall’impianto, sotto guida ecografica, di semi radioattivi nella prostata.
La HT neoadiuvante era costituita da farmaci agonisti LHRH (leuprolide o goserelina) e da antagonisti non steroidei dei recettori per gli androgeni (flutamide, bicalutamide).
Il follow-up di ogni paziente durava dall’inizio della brachiterapia fino al 1 febbraio 2008 o fino al decesso.

L’end point primario era la mortalità da tutte le cause. Il tempo di sopravvivenza è stato definito come il tempo trascorso tra la brachiterapia e il decesso o l’ultima visita di follow-up.

Lo studio comprendeva una coorte di 5077 pazienti (mediana d’età: 69,5 anni) che avevano ricevuto la brachiterapia. Fra questi, 1521 (30%) avevano ricevuto la HT neodiuvante per una mediana di 4 mesi, mentre 3566 soggetti (70%) non l’avevano ricevuta. La radioterapia esterna è stata effettuata in 555 pazienti (10.9%).
L’anamnesi negativa per comorbidità è stata riportata nel 52.3% dei pazienti mentre il 42.7% presentava un fattore di rischio per la coronaropatia (diabete mellito, ipercolesterolemia, ipertensione). Il 5% presentava una coronaropatia documentata (insufficienza cardiaca congestizia o infarto miocardico).
In seguito a stratificazione dei pazienti per ciascun gruppo di comorbidità, in funzione dell’uso di HT neoadiuvante, coloro che l’avevano ricevuta presentavano fattori prognostici sfavorevoli rispetto a quelli non sottoposti a HT neoadiuvante.

Complessivamente 419 pazienti sono deceduti, dei quali 200 non presentavano comorbidità, 176 un fattore di rischio coronarico e 43 una patologia coronarica nota.
La mortalità è stata maggiore fra i soggetti sottoposti a HT neoadiuvante rispetto a coloro che non l’avevano ricevuta: il 9.6% vs il 6.7% non presentava comorbidità; il 10.7% vs il 7% presentava un fattore di rischio e il 26.3% vs l’11.2% aveva un’anamnesi positiva per la coronaropatia.

Valutando l’intera coorte di soggetti, la HT neoadiuvante non è risultata associata ad un aumento della mortalità dopo un follow-up mediano di 4.8 anni. Quando i gruppi sono stati suddivisi per comorbidità, è stato osservato che la HT neoadiuvante non era associata ad un aumento di mortalità nei pazienti senza comorbidità o con un singolo fattore di rischio coronarico dopo un follow-up mediano pari a, rispettivamente, 5 e 4.4 anni.
Invece, nei pazienti con insufficienza cardiaca congestizia o infarto miocardico da coronaropatia, la HT neoadiuvante era significativamente associata ad un aumento della mortalità (26.3% vs 11.2%; 95% CI 1.04-3.71, p=0.04).
Anche l’età avanzata era correlata ad un incremento della mortalità da tutte le cause in tutti i gruppi (assenza di comorbidità, singolo fattore di rischio per la coronaropatia e insufficienza cardiaca e infarto del miocardio da coronaropatia).


In pazienti con cancro alla prostata, la terapia ormonale neoadiuvante è stata associata ad un aumento della mortalità da tutte le cause in soggetti con anamnesi positiva per insufficienza cardiaca congestizia o infarto miocardio da coronaropatia, ma non nei soggetti senza comorbidità o con un solo fattore di rischio coronarico (diabete mellito, iperlipidemia, ipertensione).


Commento

Tra i limiti dello studio va rilevato che altri fattori di rischio coronarici, quali la familiarità e il fumo di tabacco, non sono stati valutati; inoltre le comorbidità sono state diagnosticate da medici e/o specialisti diversi e quindi nei prossimi studi sarebbe opportuno che vengano seguite linee guida comuni nella diagnosi e che venga incluso un maggior numero di pazienti. Infine, l’uso della HT neoadiuvante in questo studio è stata limitata a 4 mesi e quindi saranno necessari ulteriori studi per valutare l’effetto di trattamenti ormonali più prolungati, oppure con l’uso solo di un agonista LHRH e non con la combinazione agonista LHRH e antagonista dei recettori per gli androgeni.

Conflitto d’interesse

Nessuno dichiarato.

Dottoressa Sandra Sigala

Riferimenti bibliografici

Nanda A et al. Hormonal Therapy use for prostate cancer and mortality in men with coronary artery disease induced congestive heart failure or myocardial infarction. JAMA 2009; 302: 866-73.

Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/

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