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Ablazione o farmaci per la fibrillazione atriale parossistica?
Inserito il 29 agosto 2010 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Nei pazienti con fibrillazione atriale parossistica, che non rispondono ad almeno un farmaco antiaritmico, l'ablazione a radiofrequenze prolunga il tempo di comparsa di recidive (in un periodo di 9 mesi) rispetto alla terapia farmacologica

In questo studio prospettico, randomizzato, non in cieco, sono stati reclutati (presso 19 ospedali) 167 pazienti affetti da tre o più episodi di fibrillazione atriale (nell'arco di sei mesi) che non avevano risposto ad almeno un farmaco antiaritmico. Dopo randonizzazione i partecipanti sono stati sottoposti ad ablazione transcatetere con radiofrequenze (n = 106) oppure a terapia antiaritmica con un farmaco diverso da quello precedentemente usato (n = 61).
L'endpoint principale dello studio era il tempo di comparsa di un nuovo episodio di fibrillazione atriale. Sono stati riportati anche gli eventi avversi maggiori dovuti al trattamento. Il follow up è stato di 9 mesi.
Alla fine del follow up il 66% dei pazienti trattati con ablazione risultavano liberi da recidive rispetto al 16% dei pazienti con terapia farmacologica (HR 0,30; 0,19 - 0,47; p < 0,001).
Eventi avversi maggiori a 30 giorni dovuti al trattamento si sono verificati nell'8,8% del gruppo terapia farmacologica e nel 4,9% del gruppo ablazione.
A 3 mesi la qualità di vita era significativamente migliore nel gruppo ablazione e si manteneva per tutto il periodo dello studio.
Gli autori concludono che nei pazienti con fibrillazione atriale parossistica che non rispondono ad almeno un farmaco antiaritmico, l'ablazione a radiofrequenze prolunga il tempo di comparsa di recidive (in un periodo di 9 mesi) rispetto alla terapia antiaritmica.



Fonte:

Wilber DJ et al. for the ThermoCool AF Trial Investigators. Comparison of Antiarrhythmic Drug Therapy and Radiofrequency Catheter Ablation in Patients With Paroxysmal Atrial Fibrillation. A Randomized Controlled Trial. JAMA 2010 Jan 27;303:333-340.



Commento di Renato Rossi

I pazienti affetti da fibrillazione atriale parossistica che vanno incontro a frequenti recidive costituiscono una sfida per il medico in quanto, spesso, il trattamento antiaritmico è deludente.
E' stato proposto, in questi casi, il ricorso all'ablazione a radiofrequenze transcatetere.
In una pillola precedente [1] è stata recensita una revisione sistematica che evidenziava come l'ablazione sia efficace fino a 12 mesi, come terapia di seconda linea, nel mantenere il ritmo sinusale, nel migliorare la qualità di vita e nel ridurre il ricorso all' anticoagulazione e i ricoveri, purchè si tratti di pazienti giovani: in tre trials si è visto che l'ablazione, dopo il fallimento della terapia farmacologica, è più efficace della continuazione della terapia medica nel mantenimento del ritmo sinusale, mentre in quattro trials e in uno studio retrospettivo l'ablazione migliorava la qualità di vita, riduceva i ricoveri e il ricorso all'anticoagulazione.
Lo studio recensito in questa pillola, noto come THERMACOOL AF, conferma sostanzialmente quanto già era noto. Tuttavia anche in questo, come negli altri studi, il follow up è stato breve e non ha valutato end point "hard" come il rischio di stroke o la mortalità. Ovviamente è importante anche ridurre il rischio di recidive aritmiche e i ricoveri e migliorare la qualità di vita, ma non va dimenticato che vi sono alcune criticità che riguardano questa tecnica invasiva. Mentre, infatti, l'ablazione a radiofrequenze rappresenta il gold standard in alcuni tipi di aritmie come le tachicardie parossistiche da rientro nodale o da rientro atrio-ventricolare o il flutter atriale (in quanto in queste aritmie è ben noto quale sia il substrato aritmogeno e quindi è identificabile la zona da ablare), nella fibrilalzione atriale non è facilmente identificabile, al momento, la zona che genera l'aritmia. Pertanto ogni gruppo che si occupa di ablazione transcatetere propone una propria procedura, di volta in volta diversa. Al momento non vi è, quindi, uno standard operativo, unanimemente riconosciuto.
Ancora: mentre nelle tachicardie da rientro nodale o atrio ventricolare e nel flutter atriale la tecnica comporta la scomparsa dell'aritmia nella quasi totalità dei casi, nella fibrillazione atriale viè un'elevata percentuale di fallimenti. Anche nello studio di Wilber e coll. il 34% dei pazienti trattati con ablazione era andato incontro ad almeno una recidiva nell'arco dei 9 mesi di follow up. D'altra parte la percentuale di fallimenti della terapia antiaritmica risulava essere ben maggiore: 84% !
Nel valutare l'opportunità della metodica vanno considerate, anche, le possibili complicanze della tecnica ablativa, per esempio il tamponamento cardiaco oppure la stenosi tardiva delle vene polmonari se la procedura prevede anche il cerchiaggio degli osti venosi.
Un ultimo aspetto è questo: pur se l'ablazione, negli studi finora condotti, ha dimostrato a breve termine di essere superiore alla terapia antiaritmica nel ridurre il rischio di recidive, rimane sempre il dubbio di quanto questo effetto possa durare. Ne consegue che, nella pratica clinica (al di fuori dell'ambiente supercontrollato degli RCT) spesso ai pazienti sottoposti ad ablazione, soprattutto se avevano recidive frequenti, si propone in ogni caso l'antiaritmico e l'anticoagulante.
Per il momento sembra di poter concludere così: l'ablazione a radiofrequenze andrebbe riservata a soggetti con fibrillazione atriale parossistica caratterizzata da recidive frequenti, giovani e con atrio non dilatato. In effetti nello studio di Wilber e coll. i pazienti erano relativamente giovani (età media 55 anni) e con scarsa comorbilità cardiovascolare. Gli autori riconoscono che i loro risultati possono avere dei problemi di trasferibiltà nel mondo reale, anche perchè tutti i centri coinvolti avevano una grande esperirenza nella metodica ablativa.


Commento di Luca Puccetti

Non possiamo che concordare con le conclusioni di Renato Rossi. Dobbiamo altresì ricordare che in questo campo esiste, con maggior peso rispetto ad altri campi, un forte gap temporale tra lo stato delle evidenze (che necessariamente necessitano di tempi lunghi) e lo stato dell'arte attuale che è in rapida modificazione per l'avvento di nuove tecnologie. Infatti nuovi sofisticati sistemi di mappatura rendono oggi assai più frequente ottenere un mantenimento del ritmo sinusale rispetto a quanto era possibile nei primi anni duemila, ove molto più frequenti erano le recidive. Ovviamente rimangono necessarie le procedure di selezione dei pazienti e sono comunque spesso necessarie più procedure per conseguire un risultato duraturo. Da sottolineare altresì che, benchè gli end points hard rimangano un obiettivo primario, è altettanto vero che la qualità di vita dei pazienti con FA costretti alla terapia anticoaglulante orale è sicuramente inferiore allo standard. Inoltre laddove esiste una funzione del ventricolo sinistro diminuita la FA può ulteriormente peggiorare lo scompenso rendenolo critico o comunque limitando la possibilità di una vita "normale". La possibilità di poter evitare la TAO, se non emergeranno altre controindicazioni, con i farmaci inibitori diretti della trombina potrebbe alleviare il fardello dei pazienti con FA, senza tuttavia pooter ripristinare l'effetto del "calcio atriale".

Referenze

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4751



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