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Valori dell'emoglobina glicata e mortalità nel diabete tipo 2
Inserito il 12 settembre 2010 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Uno studio osservazionale retrospettivo suggerisce che, nel diabete tipo 2,la mortalità più bassa si ha con valori di emoglobina glicata attorno al 7,5%.



A partire dall' UK General Practice Research Database sono state studiate due coorti di pazienti con diabete tipo 2 (età >= 50 anni). Le due coorti erano composte, rispettivamente, da 27.965 pazienti nei quali il trattamento antidiabetico con un farmaco per os era stato intensificato passando ad insulina associata ad antidiabetici orali e da 20.005 pazienti che avevano cambiato un regime che già includeva l'insulina. Sono stati esclusi i pazienti con diabete secondario.
La mortalità è risultata più bassa nei pazienti con valori di glicoemoglobina attorno a 7.5%: il rischio di morte espresso come Hazard Ratio (HR) risultava essere più alto nei soggetti con valori di gliceomoglobina più bassa (6.1% - 6,6%) con HR 1,52 (95%CI 1,32-1,76) ed in quelli con valori più elevati (10.1% - 11,2%) con HR 1,79 (95%CI 1,56-2,06).
In generale, la curva della mortalità mostrava un andamento ad "U" con la mortalità più bassa nei soggetti con valori di HbA1c attorno a 7,5%.
Per quanto riguarda il tipo di trattamento usato, si è visto che la mortalità era maggiore nei pazienti che usavano una terapia a base di insulina rispetto a chi usa solo antidiabetici orali: HR 1,49 (95%CI 1,39-1,59).
Gli autori concludono che, se i loro risultati saranno confermati da altri studi, le linee guida sul diabete dovrebbero prevedere anche dei valori minimi di glicomeoglobina al di sotto dei quali non andare.


Fonte:

Currie CJ et al. Survival as a function of HbA1c in people with type 2 diabetes: a retrospective cohort study. Lancet 2010 Feb 6; 375:481-489



Commento di Renato Rossi

Si tratta di uno studio retrospettivo osservazionale con tutti i limiti di questo tipo di lavori. Ci sono importanti fattori di confondimento come l'età, il sesso, il fumo, la colesterolemia, il rischio cardiovascolare, la morbilità generale che possono influire sui risultati finali, per quanto gli autori abbiano aggiustato i dati per tutti questi elementi confondenti. Così, per esempio, risulta ovvio che la maggiore mortalità riscontrata nel gruppo in trattamento insulinico può dipendere non tanto dall'insulina stessa quanto dal fatto che con questo farmaco vengono trattati i pazienti con diabete più grave e di più difficile controllo.
Tuttavia, non va dimenticato che anche studi randomizzati e controllati (ACCORD, ADVANCE e VDAT) hanno dimostrato che il trattamento intensivo ed il raggiungimento di valori prossimi alla normalità dell'HbA1c non solo non riducono gli esiti ma, addirittura, potrebbero aumentare la mortalità, soprattutto nei diabetici di vecchia data e/o con complicanze cardiovascolari già instaurate. In effetti, le ultime raccomandazioni delle linee guida prevedono che, per questa tipologia di pazienti, valori target accettabili di emoglobina glicata possano essere attorno a 7% - 7,5%.
Perchè nello studio di Currie e coll. chi aveva un valore medio di emoglobina glicata attorno a 6,5% mostrava un aumento della mortalità di circa il 50% rispetto a chi aveva valori attorno a 7,5%?
Una spiegazione possibile è che nei soggetti in cui, con la terapia antidiabetica, si raggiungono valori di HbA1c così bassi sono molto più probabili gli episodi ipoglicemici che, com'è noto, possono essere molto pericolosi. Gli episodi ipoglicemici sono più frequenti soprattutto nei diabetici trattati con insulina, in special modo quando si usano regimi a più dosi giornaliere.
Inoltre va considerato che nel diabete, più che l'equilibrio glicemico stretto, è importante identificare e trattare gli altri fattori di rischio cardiovascolare, come il fumo, l'ipertensione, l'ipecolesterolemia, la sedentarietà.
Il messaggio per il medico pratico ci sembra semplice: lo studio recensito in questa pillola, pur con tutti i limiti che esso può avere, rafforza il concetto che nella maggior parte dei pazienti con diabete tipo 2 è sufficiente accontentarsi di arrivare a valori target di HbA1c attorno a 7% - 7,5%.
In altre parole, anche qui, come in altri campi della medicina, vale il detto: "Less is more".



Referenze

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4056
2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4809
3. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4409
4. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4308


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