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Quanto intenso deve essere il controllo della frequenza nella fibrillazione atriale?
Inserito il 05 dicembre 2010 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

In molti pazienti con fibrillazione atriale cronica può essere sufficiente accontentarsi di un controllo blando della frequenza cardiaca.


In questo studio sono stati reclutati 614 pazienti con fibrillazione atriale permanente randomizzati a due strategie diverse del controllo della frequenza cardiaca: "controllo blando" (frequenza cardiaca a riposo inferiore a 110 bpm) e "controllo intensivo" (frequenza cardiaca a riposo inferiore a 80 bpm e inferiore a 110 bpm durante sforzo moderato). Per ottenere il controllo desiderato venivano usati betabloccanti, calcioantagonisti e digoxina, da soli od in associazione.
L'endpoint primario era composto da morte da cause cardiovascolari, ospedalizzazione per scompenso cardiaco, ictus, embolismo sistemico, emorragie, eventi aritmici pericolosi per la vita.
La durata del follow up è stata di 2 anni almeno, con un massimo di 3 anni.
L'endpoint primario si verificò nel 12,9% dei pazienti nel gruppo "controllo blando" e nel 14,9% nel gruppo "controllo intensivo", con una differenza in termini assoluti del 2% (IC90% da -7,6 a 3,5); p < 0,001 per il limite rpespecificato di non inferiorità).
La frequenza dei singoli componenti dell'endpoint primario era simile nei due gruppi.
Anche la frequenza di sintomi ed eventi avversi fu simile nei due bracci. Non si sono evidenziate differenze significative per quanto riguarda dispnea, astenia, palpitazioni e classe funzionale NYHA.
Gli autori concludono che nei pazienti con fibrillazione atriale permanente può essere sufficiente limitarsi ad un controllo blando della frequenza cardiaca, più facile da ottenere.


Fonte:

Van Gelder JC et al. for the RACE II Investigators. Lenient versus Strict Rate Control in Patients with Atrial Fibrillation. N Engl J Med. Pubblicato online il 15 marzo 2010. (doi: 10.1056/NEJMoa1001337)


Commento di Renato Rossi

Nella maggior parte dei pazienti con fibrillazione atriale cronica è consigliato il controllo della frequenza [1,2,3,4] mentre una strategia terapeutica per il ripristino del ritmo sinusale viene raccomandata solo in pazienti selezionati in cui l'aritmia sia di insorgenza relativamente recente e, soprattutto, provochi sintomi.
Le linee guida consigliano di mantenere la frequenza cardiaca compresa fra 60 e 80 bpm. Tuttavia questa raccomandazione deriva dal parere di esperti non essendoci finora stato alcun trial che abbia confrontato terapia con obiettivi diversi di controllo del ritmo.
Lo studio RACE II colma questa lacuna e suggerisce che non è necessario un controllo stringente, bastando una terapia che mantenga la frequenza cardiaca a riposo al di sotto di 110 bpm.
Si potrebbe obiettare che lo studio ha avuto una durata troppo breve e che i danni legati ad una frequenza troppo elevata potrebbero portare ad esiti peggiori più a lungo termine. Questa ipotesi viene ricordata dall'editoriale di commento [5]. Si tratta senz'altro di una ipotesi ragionevole, ma che rimane da essere provata.
Però l editoriale ricorda, anche, che gli effetti collaterali di una terapia aggressiva volta a controllare strettamente il ritmo potrebbero essere maggiori dei possibili benifici e che va trattato il paziente e non l'elettrocardiogramma. Una considerazione che ci vede perfettamente d'accordo: se il paziente mostra di ben tollerare anche frequenze superiori a 80 bpm si può considerare sufficiente la terapia farmacologica instaurata, se, al contrario, presenta dei sintomi (palpitazioni, dispnea, etc.) è ragionevole provare ad incrementare le dosi dei farmaci o aggiungerne altri per arrivare ad una frequenza cardiaca più bassa.
Insomma, ancora una volta si dimostra valido il detto: "Less is more".



Referenze

1. A Comparison of Rate Control and Rhythm Control in Patients with Atrial Fibrillation
The Atrial Fibrillation Follow-up Investigation of Rhythm Management (AFFIRM) Investigators
N Engl J Med 2002 Dec 5; 347: 1825-33
2. Van Gelder IC et al. for Rate Control versus Electrical Cardioversion for Persistent Atrial Fibrillation Study Group. A Comparison of Rate Control and Rhythm Control in Patients with Recurrent Persistent Atrial Fibrillation. N Engl J Med 2002 Dec 5; 347: 1834-40
3. de Denus S et al. Rate vs rhythm control in patients with atrial fibrillation: a meta-analysis.
Arch Intern Med. 2005 Feb 14;165(3):258-62
4. Roy D et al. for the Atrial Fibrillation and Congestive Heart Failure Investigators. Rhythm Control versus Rate Control for Atrial Fibrillation and Heart Failure. N Engl J Med 2008 Jun 19; 358:2667-2677
5. Dorian P. Rate control in atrial fibrillation. N Engl J Med 2010 Mar 15; (10.1056/NEJMe1002301)


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