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Screening oncologici: un editoriale critico
Inserito il 15 aprile 2012 da admin. - oncologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Un editoriale del JNCI invoca un atteggiamento diverso circa gli screening oncologici, più improntato a favorire una decisione consapevole e informata dei pazienti.




Ci siamo spesso occupati delle problematiche legate agli screening oncologici, in particolare di quelle che riguardano lo screening del cancro mammario e del cancro prostatico.
Le criticità sono note: accanto ai possibili benefici (riduzione della mortalità specifica e degli interventi mutilanti) lo screening può comportare dei rischi come la diagnosi di forme neoplastiche non aggressive che non sarebbero mai diventate clinicamente evidenti senza lo screening. Ne possono derivare sovradiagnosi e sovrattattamenti. A questi si deve aggiungere la possibilità (intrinseca a ogni test diagnostico) di falsi positivi e falsi negativi.

Perciò da tempo ribadiamo la necessità che i pazienti vengano completamente informati dei benefici, ma anche degli aspetti negativi, a cui si può andare incontro quando ci si sottopone ad uno screening, in modo da favorire, da parte del paziente, una decisione consapevole.

E' quindi con interesse che citiamo un editoriale pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute (JNCI) che focalizza l'attenzione sul problema degli screening oncologici e sottolinea che i medici dovrebbero porsi come obiettivo una miglior informazione dei pazienti [1].

Trattandosi di un concetto ampiamente noto ai lettori di questa testata non ci dilungheremo oltre.

Ci sembra, però, utile riprendere uno studio citato dall'editoriale che riguarda ciò che il pubblico pensa degli screening oncologici [2].
Si tratta di un lavoro pubblicato su JAMA in cui venivano riferiti i risultati di un’intervista telefonica su 500 persone (donne 40enni e uomini 50enni, senza storia di cancro).
Gli screening sono sempre utili secondo l'87% del campione.
Il 74% crede che una diagnosi precoce salvi la vita, mentre dal 30% al 40% ritiene che se un 80enne smette di fare mammografia e colonscopia sia un irresponsabile.
Il 38% dei partecipanti aveva avuto un test di screening falsamente positivo. Di questi più del 40% la definisce l’esperienza più drammatica della sua vita … però il 98% era comunque contento di aver fatto il test. Un dato francamente sorprendente.
Circa i due terzi dei partecipanti vorrebbe fare screening anche se non fosse possibile far nulla per il tumore, mentre il 56% parteciperebbe allo screening anche se il tumore fosse di tipo non aggressivo.




Renato Rossi



Referenze

1. Michael Edward Stefanek. Uninformed Compliance or Informed Choice? A Needed Shift in Our Approach to Cancer Screening. J Natl Cancer Inst. Pubblicato online il 21 novembre 2011. doi: 10.1093/jnci/djr474.
2. Schwartz LM et al. Enthusiasm for Cancer Screening in the United States. JAMA. 2004 Jan 7; 291:71-78.




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