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Pressione arteriosa sistolica e recidiva di ictus
Inserito il 22 aprile 2012 da admin. - neurologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Nei pazienti con recente ictus ischemico non cardioembolico valori di pressione arteriosa sistolica troppo bassi o troppo alti risultano associati ad un aumento del rischio di recidiva.



E' noto che esiste un' associazione tra eventi cardiovascolari e pressione arteriosa sistolica secondo una curva a forma di "J".

Una' analisi post-hoc [1] del trial PROFESS (Prevention Regimen for Effectively Avoiding Second Stroke) conferma questo dato. Nello studio erano stati arruolati oltre 20.000 pazienti che avevano avuto recentemente un ictus ischemico non cardioembolico. Il follow up è stato di due anni e mezzo.
Una recidiva di ictus si verificò nell'8% dei pazienti con pressione molto bassa-normale (< 120 mmHg), nel 7,2% dei casi nei pazienti con pressione bassa-normale (120-130 mmHg), nel 6,8% dei pazienti con pressione normale-alta (130-139 mmHg), nell'8,7% dei pazienti con pressione alta (140-149 mmHg) e nel 14,1% dei casi nei pazienti con pressione molto alta (>/= 150 mmHg).
In pratica, rispetto all'avere una pressione normale-alta, il rischio di ictus aumenta sia se la pressione è molto bassa-normale (del 29%), sia se è alta (del 23%) che molto alta (più del doppio).
Non solo ma in questi gruppi aumenta il rischio cardiovascolare in generale (ictus, infarto e decesso cardiovascolare).

In altre parole se è vero che è opportuno evitare che i pazienti con pregresso ictus abbiano valori di pressione arteriosa sistolica elevati (> 140 mmHg) è anche vero che è meglio non eccedere troppo nell' intensità della terapia ed evitare valori troppo bassi (< 120 mmHg).
Tuttavia va considerato che lo studio PROFESS non era stato disegnato appositamente per testare se nel paziente con pregresso ictus sia preferibile un regime antipertensivo più o meno aggressivo. I risultati del'analisi sono, infatti, di tipo osservazionale e dovrebbero essere confermati da un RCT con adeguata casistica e follow up prolungato in cui due o più gruppi di pazienti vengono randomizzati a target pressori diversi.

Nel frattempo e in attesa che uno studio del genere venga intrapreso, che fare?
E' nostro parere che, come molto spesso avviene in medicina, sia opportuno non esagerare in un senso o nell'altro. Una pressione sistolica che si attesti su 130-140 mmHg è probabilmente l'obiettivo da perseguire, modulando a tal fine l'intensità della terapia ipotensiva.
Questo contrasta con le attuali linee guida che consigliano, in caso di pregresso ictus, di arrivare a valori di pressione arteriosa inferiori a 120/80 mmHg.
Tuttavia altri due studi importanti (lo studio ACCORD [2] e lo studio INVEST [3]) hanno dimostrato che non ci sono benefici da una terapia aggressiva con target inferiore a 120-130 mmHg in pazienti a rischio come i diabetici.
Lo studio VADT, per contro, suggerisce che, nei diabetici anziani, sia dannosa una pressione arteriosa diastolica inferiore a 70 mmHg [4]
Infine, nel recente studio SCAST [5] si è visto che nel paziente con ictus acuto e aumento della pressione arteriosa non vi sono benefici nel ridurre aggressivamente i valori pressori ed anzi i dati suggeriscono un possibile effetto negativo.
La conclusione? Si riassume in una frase latina che spesso abbiamo usato. "In medio stat virtus".



Renato Rossi


Bibliografia

1. Ovbiagele B et al. Level of Systolic Blood Pressure Within the Normal Range and Risk of Recurrent Stroke. JAMA 2011 Nov 16;306:2137-2144
1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4992
2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5098
3. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5174
4. 3. Sandset EC et al. The angiotensin-receptor blocker candesartan for treatment of acute stroke (SCAST): a randomised, placebo-controlled, double-blind trial. Lancet 2011 Feb 26; 377:741-750.



Commento di Giampaolo Collecchia

Il problema dei target pressori è ancora molto dibattuto. Nonostante, come detto nella “pillola”, alcune linee guida consiglino target aggressivi in sottogruppi di pazienti, in realtà negli anziani, nei diabetici, nei pazienti con storia di malattia cardiovascolare, non esistono evidenze derivanti da trial.
L’ultimo aggiornamento delle linee guida ESC/EHS [1] effettua addirittura una sorta di ritrattazione nei confronti di quelle del 2007 comunicando un “ripensamento rispetto ai primi entusiasmi, forse eccessivi, a favore di una riduzione aggressiva della pressione arteriosa”. Vari studi hanno infatti sollevato perplessità su tale approccio, evidenziando la possibilità, nei pazienti ad elevato rischio cardiovascolare, di un aumento dell’incidenza degli eventi coronarici in caso di regimi terapeutici che riducano la PAS < 120-125 mmHg e la PAD < 70-75 mmHg.
Le suddette linee guida riconoscono che nei diabetici l’obiettivo pressorio normalmente raccomandato (< 130/80 mmHg) non è supportato da evidenze certe. Consigliano pertanto di cercare di ottenere una consistente riduzione della PA senza porsi obiettivi specifici.
Per quanto riguarda il paziente anziano viene riportato che gli studi clinici hanno incluso solo soggetti con una PAS iniziale di almeno 160 mmHg e che in nessun trial, in cui è stato dimostrato un beneficio, è stata raggiunta una PAS inferiore a 140 mmHg.
Simili raccomandazioni vengono fornite per i pazienti con pregressi eventi cerebrovascolari e coronarici, anche per i quali l’evidenza dei benefici di ridurre i valori di PAS a meno di 130 mmHg è controversa.
L’ultima revisione Cochrane sull’argomento riporta che ridurre la pressione al di sotto degli abituali target (140-160/90-100 mmHg) non riduce la mortalità nè la morbilità [2].
Oltre agli studi citati nella “pillola”, una recente analisi retrospettiva dei dati dello studio LIFE rinforza la possibilità di una curva a J per quanto riguarda la relazione tra PA ed eventi cardiovascolari maggiori [3].
Sono dunque necessari ulteriori studi, che confrontino strategie aggressive e meno aggressive, in pazienti con diversi livelli di rischio cardiovascolare, per stabilire finalmente i valori pressori da raggiungere nelle diverse condizioni cliniche. Nel frattempo…. non sentiamoci in colpa per le accuse di inerzia terapeutica !.


Bibliografia

1) Reappraisal of European guidelines on hypertension management: a European Society of Hypertension Task Force document. Journal of Hypertension 2009; 27: 2121-58
2) Arguedas JA, Perez MI, Wright JM. Treatment blood pressure targets for hypertension. Cochrane Database of Systematic Reviews 2009, Issue 3. Art. No.: CD004349. DOI: 0.1002/14651858.CD004349.pub2
3) Okin PM, Hille DA, Kjeldsen SE, Dahlöf B, Devereux RB. Impact of lower achieved blood pressure on outcomes in hypertensive patients. J Hypertens. 2012; 30: 802-10.










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