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L'anoressia dà diritto alla pensione?
Inserito il 30 maggio 2002 da admin. - medicina_legale - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Commento a sentenza Cassazione

È stato riportato con risalto, da numerosi giornali, il fatto che la Cassazione abbia concesso la pensione di invalidità (e l'indennità di accompagnameto) ad una donna affetta da anoressia. Di qui si è risaliti al concetto generale che l'anoressia è malattia che dà diritto alla pensione.

Ma è veramente così?

La Cassazione Sezione Lavoro, con sentenza 6500, ha riconosciuto il diritto da parte di una donna affetta da una grave forma di anoressia, di ottenere il riconoscimento della totale inabilità lavorativa con diritto all'indennità di accompagnamento, respingendo il ricorso del Ministero dell'Interno contro la decisione del Tribunale di Catanzaro che chiedeva il riconoscimento di una sola invalidità "parziale".
La Cassazione ha invitato ad attenersi ad un criterio "complessivo" di valutazione delle condizioni di salute senza rifarsi rigidamente ai criteri tabellari: "Il deficit intellettivo, la sindrome psicopatologica, l'eccessiva magrezza costituiscono un quadro patologico inemendabile su cui si innestano dei disturbi del comportamento" hanno sentenziato i Supremi Giudici, riconoscendo alla donna il diritto all'indennità di accompagnamento.
La normativa sull'Invalidità Civile fa capo alla Legge 30 Marzo '71 n. 118 che stabilisce una serie di parametri generali; il riconoscimento al diritto all'indennità di accompagnamento è invece normato dalla Legge 11 Febbraio1980 n. 18 modificata dalla L. 21 Novembre 1988 n. 508.
Le Tabelle indicative delle percentuali di invalidità sono riportate nel D. M. n. 43 del 5 Febbraio 1992, G. U. del 26 Febbraio 1992.
Queste tabelle riportano un lungo elenco di malattie e di menomazioni, divise per apparato e per fasce di gravità, correlate ad una corrispondente percentuale di invalidità; non riportano però (nè lo potrebbero) "tutte" le malattie e le condizioni morbose note. Esse costituiscono quindi un elenco di massima, che serva come punto di riferimento.
Le istruzioni allegate alle Tabelle specificano che, qualora ci si trovi di fronte a patologie non indicate, si debba effettuare una valutazione secondo un criterio di analogia.
Questa criteriologia tende però ad essere dimenticata o difformemente applicata dalle diverse Commissioni e dagli esperti del Ministero.
L'indennità di accompagnamento costituisce una previdenza aggiuntiva offerta dallo Stato alle persone che non siano in grado di deambulare autonomamente o provvedere a sè stesse senza l'aiuto permanente di un accompagnatore.
Invalidità civile e indennità di accompagnamento quindi, seppure trattate contestualmente, sono normate da leggi diverse, con criteri diversi e non necessariamente interdipendenti.
La Circolare del Ministero del Tesoro n. 14 (Prot. 0485, del 28/9/1992) specifica le caratteristiche che danno diritto al riconoscimento dell'indennità di accompagnamento per i soggetti incapaci di attendere gli atti quotidiani della vita: " ... quelle azioni elementari che espleta quotidianamente un soggetto normale di corrispondente età e che rendono il minorato che non è in grado di compierle, bisognevole di assistenza... Rientrano in quest'ambito un insieme di azioni elementari e anche relativamente più complesse non legate a funzioni lavorative, tese al soddisfacimento di quel minimo di esigenze medie di vita rapportabili ad un individuo normale di età corrispondente...: vestizione, nutrizione, igiene personale, espletamento dei bisogni fisiologici, effettuazione degli acquisti e compere, preparazione dei cibi, spostamento nell'ambiente domestico o per il raggiungimento del luogo di lavoro, capacità di accudire alle faccende domestiche, conoscenza del valore del denaro, orientamento temporo-spaziale, possibilità di attuare condizioni di autosoccorso e di chiedere soccorso, lettura, messa in funzione della radio e della televisione, guida dell'automobile per necessità quotidiane legate a funzioni vitali ecc.... Laddove l'autonomia nel compiere un complesso significativo ed esistenziale dei suddetti atti quotidiani venga a mancare ... si concretizza l'impossibilità di compiere autonomamente gli atti di ogni giorno della vita."

La valutazione dell'invalidità


La malattia anoressica non è però compresa nelle Tabelle del '92, e non è agevole dare una valutazione "per analogia" in quanto le anoressiche minimizzano spesso la gravità delle loro menomazioni fisiche. Sono inoltre spesso in cura presso Centri psichiatrici che orientano la loro diagnosi soprattutto in questo ambito.
La malattia viene perciò inquadrata, la maggior parte delle volte, tra i "gravi disturbi psichici", generalmente come una "psicosi ossessiva" o "sindrome delirante cronica", tabellate con valori di invalidità compresi tra il 71 e l'80%.
Occorre però non limitarsi all'ambito psichico ma valutare opportunamente anche la menomazione delle condizioni fisiche: un'anoressica in buone o discrete condizioni generali avrà senz'altro una valutazione diversa (e inferiore) rispetto ad un soggetto con grave deterioramento fisico.
Nel caso riportato dalle cronache la persona era affetta da anoressia mentale ampiamente documentata, e presentava una condizione di deperimento organico marcato (37 Kg., molto al di sotto del peso ottimale).
Il giudizio delle Commissioni e del Tribunale di Catanzaro (che hanno tenuto conto di entrambi i fattori) è apparso quindi corretto ai Magistrati della Suprema Corte, diversamente dalle tesi del Ministero, che intendeva applicare rigidamente il criterio "tabellare".
La sentenza della Cassazione non afferma quindi, come superficialmente diffuso da alcuni media, che la sindrome anoressica comporti automaticamente il diritto all'indennità di accompagnamento: questo diritto si concretizza soltanto allorchè le condizioni generali (intese sia dal punto di vista fisico che psichico) siano tali da configurare un grave quadro di deterioramento generale.
I casi meno gravi, con condizioni generali solo parzialmente compromesse, potranno certo ottenere ugualmente il riconoscimento di una certa percentuale di invalidità ma per percentuali inferiori e senza il contemporaneo diritto all'indennità di accompagnamento.

Daniele Zamperini

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