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Obesi ma sani
Inserito il 08 gennaio 2013 da admin. - metabolismo - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Forse non sempre l'obesità rappresenta un fattore di aumento del rischio di mortalità e patologie cardiovascolari.


E' noto che l'obesità è associata ad un aumento del rischio di patologie cardiovascolari e metaboliche e a una riduzione dell'aspettativa di vita.

Eppure non tutti i soggetti obesi sono uguali. Sembra infatti che esista una sottopopolazione di obesi caratterizzati da un rischio di mortalità e di eventi cardiovascolari del tutto paragonabile a quello osservato in soggetti non obesi.

E' quanto dimostrano i dati dello studio ACLS (Aerobics Center Longitudinal Study) in cui erano stati arruolati oltre 43.000 soggetti adulti [1].
Di questi soggetti i ricercatori hanno valutato sia la fitness cardiorespiratoria (grazie a un test massimale eseguito sul tapis roulant) sia il BMI, sia la percentuale di grasso corporeo.
Il follow up dello studio è stato di più di 14 anni per quanto riguarda la valutazione della mortalità totale e di quasi 8 anni per la valutazione degli eventi cardiovascolari non fatali.
Si è visto che nei soggetti obesi ma con una buona fitness la mortalità e gli eventi cardiovascolari erano minori rispetto ai partecipanti obesi ma con fitness ridotta.
Fin qui nulla di sorprendente. Il dato interessante però è stato che mortalità ed eventi cardiovascolari non fatali erano simili nei soggetti sani non obesi e negli obesi con buona fitness.
Gli autori definiscono quest'ultimo gruppo come obesi "metabolicamente" normali.

Ma c'è di più, perchè uno studio pubblicato contemporaneamente arriva addiruttura a concludere che in pazienti con pregressa sindrome coronarica acuta il sovrappeso e l'obesità potrebbero giocare un ruolo protettivo [2] tanto che gli autori parlano di un vero e proprio "paradosso".
Questo secondo studio ha analizzato i dati del registro svedese SCAAR con circa 65.000 pazienti affetti da pregressa sindrome coronarica acuta e seguiti in media per 21 mesi. Si è visto che il rischio più elevato di mortalità riguardava soggetti con BMI inferiore a 18,5 kg/m2. Il minor rischio di morte, invece, riguardava soggetti con BMI compreso tra 26,5 e 28 kg/m2.
Più in generale, si è osservato che la mortalità diminuiva con l'aumentare del BMI fino a valori di 35 kg/m2. Oltre questo limiti la mortalità tornava ad aumentare.
Ovviamente di tratta di dati osservazionali e gli autori mettono in guardia da alcune limitazioni dello studio, anche se hanno corretto i risultati per alcuni fattori confondenti come l'età, il fumo, la funzione renale ed altri.

Insomma, sembra che si debba cominciare a distinguere tra obeso e obeso perchè non sempre un peso corporeo elevato comporta un aumento di complicanze cardiovascolati e una riduzione dell'aspettativa di vita. Per la verità, un editoriale di accompagnamento sottolinea alcuni punti critici [3], anche se conclude che non necessariamente l'obesità comporta un metabolismo anormale.

In ogni caso non si tratta di una novità [4]. Quali siano però i risvolti pratici di questi risultati non è ben chiaro, soprattutto perchè esiste una mole di dati in letteratura che vanno in senso opposto.
E' probabile , tuttavia, che in futuro la ricerca ci permetta di individuare meglio questi soggetti obesi ma "sani" nei quali il consiglio di "mettersi a dieta" potrebbe essere meno imperativo.



Renato Rossi



Bibliografia

1. Ortega FB et al. The intriguing metabolically healthy but obese phenotype: cardiovascular prognosis and role of fitness. Eur Heart J 2012; DOI:10.1093/eurheartj/ehs174.

2. Angerås O et al. Evidence for obesity paradox in patients with ACS: a report from the Swedish Coronary Angiography and Angioplasty Registry. Eur Heart J 2012; DOI:10.1093/eurheartj/ehs217.

3. von Haehling S et al. Does obesity make it better or worse? Insight into cardiovascular illnesses. Eur Heart J 2012; DOI:10.1093/eurheartj/ehs237.

4. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=1825



Commento di Giampaolo Collecchia

Sembra dunque che, dal punto di vista cardiovascolare, gli obesi siano eterogenei. Sono infatti descritti da tempo pazienti caratterizzati da ridotta tendenza a sviluppare diabete tipo 2 e malattie cardiovascolari: i cosiddetti obesi “metabolicamente sani” o contraddistinti da obesità “metabolicamente benigna” [1]. Gli studi citati nell’articolo, pur con le criticità segnalate, sembrano confermare tale categorizzazione. In realtà altri lavori hanno evidenziato, in soggetti con fenotipo benigno, un rischio aumentato di mortalità totale [2] e di aterosclerosi subclinica [3,4], tanto da indurre un esperto a definire il costrutto “un lupo travestito da agnello” [5].
Una possibile spiegazione di tali discordanze è sicuramente la mancanza di una definizione condivisa del profilo metabolico associato a rischio favorevole. Nei lavori vengono infatti utilizzati diversi criteri di valutazione fenotipica e questo si traduce in risultati molto diversi, sia in ambito prognostico, sia di prevalenza. Ad esempio, in uno studio condotto su oltre 5400 americani adulti partecipanti ai National Health and Nutrition Examination Surveys 1999-2004 (NHANES) [6], il 31,7% degli obesi (29,2% uomini e 35,4% donne) presentava caratteristiche favorevoli, in un altro l’obesità “metabolicamente benigna” è invece risultata rara, circa l’1,3% della popolazione USA [2]. Nel primo studio sono stati valutati il solo BMI, come misura di obesità, e anormalità metaboliche, peraltro con alcune limitazioni. Il secondo lavoro ha invece utilizzato i criteri per la diagnosi di sindrome metabolica e l’insulinoresistenza.
Molti studi hanno correlato il fenotipo “benigno” alla giovane età ed a livelli più bassi di BMI, inoltre la perdita di peso ha dimostrato di ridurre il rischio cardiometabolico. Una possibile interpretazione di questi dati è che i fenotipi benigni non riflettano entità fisiopatologiche distinte ma differenze metaboliche in un continuum di livelli di obesità, in funzione della durata di esposizione all’aumento del peso corporeo e della sua severità [5].
Sembra dunque prematuro attribuire il termine “benigno” ad un paziente obeso solo perché non presenta un profilo metabolico a rischio.
Va comunque sottolineato che, anche se fosse possibile evidenziare con sicurezza i soggetti protetti sul piano metabolico, tali pazienti sono comunque a rischio di malattie articolari, neoplastiche e di sindrome delle apnee ostruttive. Inoltre la protezione non si estende alle componenti psicologiche. Gli obesi “sani” possono risentire come gli altri della attuale potente pressione sociale a favore della magrezza. Essere obesi in un mondo dove tutto è fatto per i magri può infatti provocare non solo difficoltà nel contesto ambientale, talvolta anche familiare, ma anche conflitti con se stessi, in certi casi tali da portare alla destrutturazione dell’immagine corporea e della personalità [7].



Bibliografia

1. Meigs JB et al. Body mass index, metabolic syndrome and risk of type 2 diabetes or cardiovascular disease. J Clin Endocrinol Metab 2006; 91: 2906-12

2. Kuk JL, Ardern CI. Are metabolically normal but obese individuals al lower risk for all-cause mortality ? Diabete Care 2009; 32: 2297-2299

3. Khan UI et al. Burden of subclinical cardiovascular disease in “metabolically benign” and “at-risk” overweight and obese women: The Study of Women's Health Across the Nation (SWAN). Atherosclerosis 2011; 217: 179-186

4. Lind L et al. A detailed cardiovascular characterization of obesity without the metabolic syndrome. Arterioscler Thromb Vasc Biol 2011; 31: e27-e34

5. McEvoy JW et al. “Metabolically benign” obesity: a wolf in sheep’s clothing. Atherosclerosis 2011; 217: 74-76

6. Wildman RP et al. The obese without cardiometabolic risk factor clustering and the normal weight with cardiometabolic risk factor clustering: prevalence and correlates of 2 phenotypes among the US population (NHANES 1999-2004). Arch Intern Med 2008; 168: 1617-24

7. Collecchia G. Qualche paziente sovrappeso può reputarsi un “falso magro”. Occhio Clinico 2010; 5; node/1337






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