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Statine in prevenzione primaria: la storia continua
Inserito il 26 maggio 2013 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Anche la Cochrane, aggiornando la revisione del 2011, conclude che il rapporto costo-beneficio delle statine in prevenzione primaria è probabilmente favorevole.

Le statine sono farmaci importanti e ampiamente usati per ridurre mortalità e morbilità cardiovascolari.
In pazienti che hanno già avuto un evento cardiovascolare (prevenzione secondaria) sono considerate farmaci di prima scelta.
Più discusso è il loro ruolo in prevenzione primaria, vale a dire in soggetti che non hanno mai avuti eventi. Anzitutto alcuni hanno fatto notare che non è certo che in queste condizioni si ottenga una riduzione della mortalità totale, come avviene nella prevenzione secondaria. Inoltre è opinabile a quale livello di rischio cardiovascolare sia opportuno usare una statina: solo nel rischio alto o molto alto o anche nel rischio basso/moderato?
Le posizioni in letteratura sono diversificate e questa testata si è occupata varie volte della questione per cui, per un esame approfondito, si rimanda alle varie pillole citate in bibliografia. [1,2,3,4,5,6,7].

L'occasione per ritornare sull'argomento è un aggiornamento operato dalla Cochrane della precedente revisione del 2011, aggiornamento che si è reso necessario perchè nel frattempo sono stati pubblicati quattro nuovi studi e un follow up più protratto di tre studi già recensiti in precedenza [8].
Nella loro nuova metanalisi gli autori hanno selezionato trials in cui era stata confrontata una statina con placebo o "cura usuale" per una durata minima di un anno e in cui i pazienti con una storia di pregressi eventi cardiovascolari non superavano al massimo il 10% del totale di quelli arruolati.
La mortalità totale è risultata ridotta dalle statine del 14% (95%CI dal 21% al 6%), gli eventi cadiovascolari fatali e non fatali sono stati ridotti del 25%, quelli legati a cardiopatia ischemica del 27%, l'ictus fatale e non fatale del 22%, le rivascolarizzazioni del 38%.
Non si sono registrati eventi avversi gravi associati all'uso di statine.
La metanalisi conclude che in prevenzione primaria le statine hanno un rapporto costo-beneficio probabilmente favorevole. Cita infine la metanalisi del Cholesterol Treatment Trialists, già recensita da questa testata [1], secondo la quale questi benefici sono simili anche per soggetti con rischio cardiovascolare basale inferiore all'1% all'anno.
Nella versione precedente del 2011 i revisori concludevano invece suggerendo cautela nella prescrizione delle statine in prevenzione primaria nei soggetti a basso rischio.


Che dire?

Sicuramente i critici noteranno che in realtà, come altre metanalisi precedenti, anche questa della Cochrane ha un po' "mescolato" le carte perchè nel pool totale dei pazienti c'era una certa percentuale di soggetti (inferiore comunque al 10%) con pregresso evento cardiovascolare. Pertanto può essere improprio parlare di prevenzione primaria "pura". Se si considera la metanalisi di Ray, di cui già si è parlato in precedenti occasioni [3], che è l'unica nella quale tutti i pazienti del pool non avevano sicuramente avuto un evento cardiovascolare, si vede che l'uso delle statine non risultava associato ad una riduzione della mortalità totale.

Tuttavia, a nostro avviso, la domanda più importante che ci si deve porre è questa: anche ammettendo che le statine in prevenzione primaria non riducano l'endpoint "mortalità totale", è solo su questo che ci si deve basare oppure si devono considerare anche la mortalità e la morbilità specifiche, cioè dovute a cause cardiovascolari, outcomes che le statine hanno dimostrato di migliorare?
A parere di chi scrive la risposta non può che essere questa: anche la riduzione di mortalità e morbilità cardiovascolari è un obiettivo ambizioso che vale la pena di perseguire.
Infatti, diversa è la vita di un paziente che ha sofferto un infarto o un ictus da quella di uno che non li ha sperimentati, pur concedendo che in entrambi i casi non si abbia un aumento di durata della vita stessa.
Se in futuro studi e revisioni dimostreranno in maniera incontrovertibile che le statine non sono utili neppure per mortalità e morbilità specifiche e che finora si è sbagliato tutto, se ne prenderà atto, ma per il momento lo stato dell'arte ci sembra sia questo.

Il secondo punto oggetto del contendere è per quale livello di rischio cardiovascolare sia opportuno prescrivere una statina. Se si prendono per buoni i dati già riferiti in una precedente occasione e si decide di trattare soggetti che hanno un rischio cardiovascolare a 10 anni inferiore al 10% bisogna trattare circa 90 soggetti per evitare un evento in cinque anni [1]. Si tratta di un NNT ragionevole oppure troppo elevato?
Il nostro parere è che la questione sia opinabile e che la decisione se trattare o meno per questi livelli di rischio dovrà considerare vari aspetti. Di sicuro i vari servizi sanitari dovranno effettuare una scelta di allocazione delle risorse disponibili, ma d'altra parte potrebbe essere lo stesso paziente che, non avendo diritto alla rimborsabilità del farmaco, decide di ridurre il suo rischio cardiovascolare con un piccolo sacrificio economico.


Renato Rossi



Bibliografia

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5502

2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5176

3. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5093

4. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=4715

5. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3255

6. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2921

7. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3256

8. Taylor F et al. Statins for the primary prevention of cardiovascular disease. Cochrane Database Syst Rev. 2013 Jan 31;1:CD004816. DOI:10.1002/14651858..



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