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Quanto ridurre la pressione nell'iperteso: ancora discussioni
Inserito il 13 agosto 2017 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Un'analisi secondaria degli studi ONTARGET e TRANSCEND suggerisce che non è utile, negli ipertesi, arrivare a valori di pressione arteriosa inferiori a 120 mmHg e di pressione diastolica inferiori a 70 mmHg.



Qual è il target ottimale del trattamento antipertensivo?

Le linee guida generalmente consigliano valori pressori inferiori a 140/90 mmHg [1,2]. Questo obiettivo pressorio è consigliato anche in presenza di diabete, nefropatia o complicanze cardiovascolari. Nei soggetti anziani possono essere accettabili anche valori inferiori a 150/90.
Negli anziani, comunque, i dati sono controversi e la terapia andrebbe personalizzata sulle caratteristiche del singolo paziente [3].

Lo studio SPRINT, pubblicato nel 2015, ha in parte messo in discussione quanto suggerito dalle linee guida: questo trial, infatti, suggerisce che in soggetti ipertesi ad elevato rischio cardiovascolare un target di pressione sistolica inferiore a 120 mmHg può ridurre eventi cardiovascolari e mortalità [4].

Arrivano, ora, i risultati di due altri studi che riportano in auge la discussione e fanno intendere che la parola finale non è ancora stata scritta [5].

Si tratta dell'analisi secondaria dello studio ONTARGET e dello studio TRANSCEND. Questa analisi dimostra che arrivare a valori pressori sistolici inferiori a 120 mmHg o diastolici inferiori a 70 mmHg in soggetti con cardiopatia ischemica, diabete o altre condizioni cardiovascolari comporta un incremento di vari esiti cardiovascolari rispetto ad un target più "morbido".

Nei due studi oggetto dell'analisi erano stati arruolati più di 30.000 pazienti ad alto rischio cardiovascolare con età >/= 55 anni. Nello studio ONTARGET i pazienti erano stati trattati con ramipril o telmisartan (da soli o associati tra loro), nello studio TRANSCEND il trattamento prevedeva telisartan o placebo.

L'analisi dei due studi dimostra che una pressione sistolica >/= 140 mmHg comporta esiti clinici cardiovascolari peggiori rispetto ad una pressione compresa tra 120 mmHg e 140 mmHg.
Anche i pazienti con una pressione sistolica inferiore a 120 mmHg avevano esiti peggiori (morte cardiovascolare e mortalità totale) rispetto a quelli con una pressione compresa tra 120 e 140 mmHg.
In particolare vi era un aumento del 29% del rischio di morte cardiovascolare e del 28% del rischio di morte da tutte le cause. Non vi era, al contrario, un aumento del rischio di infarto miocardico o di ictus o di ricovero per scompenso cardiaco.
Anche una pressione diastolica inferiore a 70 mmHg era associata ad esiti peggiori rispetto ad una pressione diastolica compresa tra 70 mmHg e 80 mmHg.

Secondo gli autori nei soggetti ad alto rischio cardiovascolare il target ottimale dovrebbe essere compreso tra 120 e 130 mmHg.

Come interpretare questi risultati, contrastanti con quelli ottenuti nello studio SPRINT?

Probabilmente la differenza è dovuta al fatto che nello studio SPRINT la pressione arteriosa veniva determinata con accorgimenti particolari [4]: veniva usato un misuratore automatico standardizzato che, dopo 5 minuti di attesa, misurava la pressione per 3 volte e poi determinava la media dei valori ottenuti. Il tutto con medici e personale sanitario fuori dalla stanza.
Questo è sicuramente un punto critico in quanto questa modalità di misurazione della pressione non rappresenta lo standard abituale nella pratica clinica corrente.
La pressione così misurata, probabilmente, risulta essere inferiore anche di 10 mmHg o più rispetto a quella che avrebbe determinato il medico con il metodo tradizionale.

Da ricordare anche i dati di una corposa metanalisi in rete di 42 studi clinici randomizzati e controllati per un totale di circa 140.000 pazienti [6]. Secondo questa metanalisi il rischio minore di malattia cardiovascolare e mortalità totale durante un follow up medio di 3,6 anni si ha per valori di pressione sistolica compresi tra 120 e 124 mmHg.

Vedremo se le prossime linee guida terrano conto di questi risultati e, comunque, nuovi studi ci permetteranno, in futuro, di personalizzare meglio la terapia antipertensiva.
Per il momento il messaggio take-away ci sembra sia questo: un target ragionevole per i pazienti ipertesi può essere una pressione sistolica compresa tra 120 e 130-135 mmHg e una pressione diastolica compresa tra 70 e 80 mmHg. Negli anziani con pluripatologie associate e con fragilità probabilmente è preferibile un target meno stringente.




Renato Rossi



Bibliografia


1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5987

2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5953

3. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=6704

4. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=6436

5. Böhm M et al. Achieved blood pressure and cardiovascular outcomes in high-risk patients: results from ONTARGET and TRANSCEND trials. Lancet 2017 Pubblicato online il 5 aprile 2017.

6. Bundy JD et al. Systolic blood pressure reduction and risk of cardiovascular disease and mortality: a systematic review and network meta-analysis. JAMA Cardiol. Pubblicato online il 31 maggio 2017.



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