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L’ eterno problema dello studio medico in casa
Inserito il 18 agosto 2019 da admin. - medicina_legale - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Spesso viene contestata la presenza di uno studio medico in un edificio ad uso residenziale abitativo. Va valutato se nel contratto o nel regolamento condominiale rientrano gli usi promiscui considerandoli alla luce delle altre attivita’ espressamente vietata.
(Cass VI civ ordinanza 18082/2019)

In un condominio una Dottoressa era stata chiamata in giudizio da altri condomini in quanto aveva adibito a studio una stanza del suo appartamento, in cui viveva anche con i suoi genitori.
I denuncianti ritenevano che lo studio violasse il regolamento condominiale che consentiva “ soltanto l’ uso residenziale abitativo” vietando invece a titolo esemplificativo “ le attivita’ commerciali, le esalazioni nocive, le immissioni di fumi, gas, scarichi, rumori…”.

Il giudice di primo grado respingeva la richiesta dei denuncianti mentre invece in secondo grado la Corte d’ Appello riteneva effettivamente violato il regolamento, non rilevando che la destinazione diversa da quella abitativa fosse stata solo parziale, considerando invece la natura assoluta del divieto posto dal regolamento e il carattere meramente esemplificativo delle attività vietate.

La Cassazione accoglieva invece il ricorso della dottoressa, sentenziando invece che, nell’ interpretazione delle norme di legge, la Corte d'Appello era caduta in errore.

Infatti la Corte aveva limitato la propria opera interpretativa della nozione di "uso residenziale abitativo" al rigetto tassativo e non giustificato della possibilità che in esso fossero ricompresi usi promiscui compatibili con la funzione dell'abitare.

Inoltre aveva tratto dalla natura esemplificativa dell'elenco delle attivita’ espressamente vietate la conclusione della sostanziale irrilevanza dell'elencazione stessa.
Invece, secondo la Cassazione, proprio alla luce dell'indicazione di una serie di attivita’ seriamente invasive rispetto alle esigenze abitative dei condomini ("attività commerciali,.., esalazioni nocive, ... immissioni di fumi, gas, scarichi, rumori") i divieti andavano orientati verso altre e piu’ analoghe interpretazioni.

Esistono poi dei chiari precedenti giurisprudenziali, come la sentenza n. 19229/2014 (sui criteri interpretativi generali), la sentenza n. 21307/2016, che nega la possibilita’ di interpretazioni estensive, la sentenza n. 9564/1997 circa l'esigenza di incontrovertibilita’ delle disposizioni di divieto.

La Cassazione accoglieva quindi il ricorso della dottoressa disponendo che si dovesse ampliare l’ interpretazione di "uso residenziale abitativo" e in particolare valutare se in esso siano ricompresi usi promiscui (come quello accertato) compatibili con la funzione dell'abitare e se, stante l'elencazione delle attività espressamente vietate ( seriamente invasive rispetto alle esigenze abitative dei condomini) quella in esame dovesse essere proibita.

Daniele Zamperini

P.S.: sui problemi giuridici riguardanti la distinzione tra studi e ambulatori, e sulle precedenti pronunce abbiamo pubblicato diversi articoli su scienzaeprofessione.it e su pillole.org

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