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Il medico del mafioso
Inserito il 09 febbraio 2023 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Cosa comporta avere tra i propri pazienti un esponente di associazione mafiosa?

Si discute, anche accesamente, dell’ arresto di Matteo Messina Denaro e, successivamente, del suo medico di famiglia, Alfonso Tumbarello.

Qualcuno si e’ anche chiesto se puo’ essere approvabile l’ arresto di un medico che in fondo assisteva un malato, oltretutto, abbastanza grave.
Queste riserve, naturalmente, solo nell’ ipotesi che il medico si sia limitato all’ assistenza sanitaria, evitando favoreggiamenti veri e propri.

In sostanza: il sanitario era obbligato a presentare referto per l’ assistenza a Messina Denaro o a denunciarne la presenza?

Il medico portera’ probabilmente a difesa la norma indicata nell’ art. 365 C.P. (Omissione di referto) “ …Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale”.
Cosa indubbia, nel caso di Messina Denaro.

Il referto infatti, come e’ noto, non e’ obbligatorio
a) se espone il paziente ad un procedimento penale;
b) se espone il libero-professionista ad un nocumento per sé o per un proprio congiunto.
Va valutato infatti anche l’ art 368 (Favoreggiamento):
“… Casi di non punibilità. Nei casi previsti dagli articoli 361, 362, …, 365,…, 378, non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà e nell’onore”.

Ovviamente non e’ possibile esprimere un giudizio senza conoscere precisamente i fatti e le motivazioni del medico, ma ritengo abbastanza chiaro che la semplice consapevolezza della reale identita’ del paziente possa di per se’ indurre un giustificato e grave timore di un “grave e inevitabile nocumento” in caso di denuncia alle autorita’.

L’ evento attuale mi ha riportato alla mente un episodio avvenuto diversi anni fa, allorche’ il sottoscritto contribuiva a tenere un corso di medicina legale ad un nutrito gruppo di medici di famiglia in una provincia del Sud.
Spiegavo i problemi ed i rischi legali connessi alle certificazioni mediche, agli errori, ed agli abusi eventualmente connessi ai certificati di comodo.
Si alzo’ un medico spettatore, vestito dimessamente e con aria un po’ smarrita, che intervenne con uno strascicato accento dialettale:
“Colleega, tu hai rrraggione, ma io lavoro a XXX. Li’ se mi chiedono un certificato falso, glielo deevo fare…”.

Spero che i lettori capiscano le implicazioni di questa affermazione, come fu per i presenti.
Nessuno dei partecipanti, neanche i funzionari al tavolo dei relatori, mostro’ di aver sentito il collega; tutti guardavano con aria assente il soffitto ed io, che non potevo fare lo stesso, elaborai una risposta che, lo confesso, era un capolavoro di ipocrisia.

Morale della favola: aspettiamo che le indagini, senza aggiustamenti o ipocrisie, illustrino il reale svolgimento dei fatti valutando gli aspetti detti sopra: se connivente o solo vittima della situazione; solo dopo prendere tutti gli idonei provvedimenti.

Opinione personale, naturalmente.

Daniele Zamperini

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