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PERCHE' I SANITARI FUGGONO DAI LORO RUOLI?
Inserito il 02 agosto 2023 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

E’ tornato il problema della fuga dei sanitari dai posti di responsabilita’, che sta mettendo in crisi il Sistema Sanitario.
Torna il problema del "Contratto Emotivo".

La motivazione espressa piu’ frequentemente e’ quella del carico burocratico, della scarsa retribuzione, delle incombenze sempre maggiori e, infine, quella dell’ insofferenza dei pazienti e la loro aggressivita’ per futili motivi verso gli operatori sanitari.

Per migliorare la situazione si parla di attivare meccanismi che, senza poter attingere alle finanze pubbliche, possano dare la sensazione di alleggerimento del carico lavorativo e contemporaneamente fornire una certa gratificazione economica.

Queste idee vengono pero’ giudicate dagli interessati non come una “vera” soluzione al problema quanto piuttosto come semplici trucchi contabili, una sorta di gioco delle tre carte in cui oneri e onori vengono spostati e rimescolati senza cambiamenti veri: molta apparenza e poca sostanza.

E’ probabile che questo stato d’animo possa avere una causa ben precisa: la modificazione forzata di un contratto " in corso d' opera".

Il problema si era’ gia’ posto parecchi anni fa, e ne parlammo ma senza grandi risultati.

Ricapitoliamo: diversi studiosi hanno avanzato la teoria che ogni persona, quando effettua il suo ingresso in una attivita' lavorativa, firmi in realta’ DUE contratti: il contratto lavorativo vero e proprio (cartaceo) e un "contratto emotivo", interiore, che dice piu' o meno "Io, nel lavoro, faro' questa e quest' altra cosa e ne ricevero' questo compenso, sia economico economico che morale".

Quando le condizioni lavorative (la prima parte del contratto: “io faro’ questo e quello”) subiscono drastici cambiamenti oppure quando il lavoro perde le caratteristiche iniziali diventando inadeguato e non piu gratificante (seconda parte del contratto), il rapporto lavorativo viene a non coincidere piu' col contratto "emotivo" stipulato all' inizio, e l' interessato viene a trovarsi in una situazione di profondo disagio, fuori posto, frustrato.

Di qui l' insofferenza, la voglia di fuga verso il pensionamento da parte degli anziani, e la deresponsabilizzazione dei soggetti maturi con la voglia di fare solo il minimo.

Possono sfuggire a questo meccanismo i soggetti piu’ giovani, perche' il loro “contratto emotivo” e' invece piu' recente e quindi piu’ aderente alle situazioni vigenti. Ma sono sufficienti?

Tale situazione viene vissuta in modo particolarmente intenso da alcune categorie professionali che hanno visto il loro ruolo sociale fortemente mutato e spesso penalizzato, come e’ avvenuto per la categoria medica, che sente di aver ormai perso il rispetto degli utenti, che vedono i sanitari solo come servitori a disposizione.

Per evitare questi contraccolpi emotivi, occorre che i cambiamenti siano progressivi, mediati e condivisi, in modo da permettere una riformulazione e un riadattamento del contratto emotivo piu' aderente al momento vigente.

Si riusci’ a superare questo scoglio negli anni ’70, allorche’ la Riforma Sanitaria ridisegno’ tutto il ruolo della Sanita’ Pubblica e dei suoi componenti, con una totale rivoluzione della situazione: massimale di assistiti, passaggio dalla notula alla quota capitaria, e cosi’ via.
Ci fu la fuga dei piu’ anziani ma nel complesso la situazione tenne perche’ il cambiamento era stato lungamente preparato a livello sindacale e politico e la transizione venne calibrata offrendo anche un beneficio economico e organizzativo (guardia medica, con possibilita' di riposo settimanale) ecc.

I cambiamenti intervenuti in questi ultimi tempi invece sono stati eccessivamente rapidi, piovuti dall’ alto e non mediati a livello delle componenti di base, motivati essenzialmente da criteri puramente economici: la chiusura di innumerevoli ospedali, la riduzione delle prestazioni concesse, la burocratizzazione, utilizzata spesso come tecnica di scoraggiamento verso chi volesse fare “piu’ del minimo indispensabile”.

La pandemia da Covid, totalmente inaspettata, ha drammaticamente evidenziato l’ inadeguatezza del sistema come si era venuto a creare: ospedali, medici, infermieri insufficienti e obbligati a colmare, col sacrificio personale, i buchi del sistema.

Uno dei problemi e’ che l’ attuale inadeguatezza del sistema viene gestita da politici con criteri “politici” o, peggio viene gestita da economisti con criteri soltanto economici.

Scarsa o quasi nulla importanza viene data al malessere delle categorie interessate e alle loro istanze: basti vedere alcune delle idee presentate attualmente: mancano infermieri? E’ sufficiente aumentare l’ orario di lavoro! Mancano medici? Basta obbligarli a sostituzioni reciproche o abolire i turni di riposo!

“Tanto – pensa il politico di turno – se non accettano, potro’ sostituire medici e infermieri con elementi provenienti magari dal Terzo Mondo, per di piu’ con pretese economiche inferiori; tanto la gente si abituera’”.

I nostri sanitari avvertono queste tendenze e si sentono, percio’, economicamente e legalmente, "fragili".
Di qui la frustrazione di molti anziani, che fuggono dall’ attivita’ assistenziale per riciclarsi in altre attivita’ secondarie (estetiche o perfino esoteriche ) che guarda caso, si stanno moltiplicando a dismisura e che talvolta di sanitario vero e proprio hanno poco.

La rigidezza delle norme lavorative nel nostro Paese non permette, nella maggioranza dei casi, un cambio di attivita’ che consenta una riformulazione dei contratti emotivi adeguandosi alla mutata situazione. E le conseguenze si riveleranno appieno nel prossimo futuro.

Quanto descritto non e’ una prerogativa della sola classe medica, molte altre categorie avvertono una sensazione si straniamento da loro ruolo ufficiale; le categorie sanitarie, pero’, in quanto piu’ impegnate emotivamente nel rapporto con i pazienti-utenti, sono maggiormente soggetti alla frustrazione e alla sofferenza derivanti dal logoramento di questo rapporto.

Anche chi scrive, pur rifiutando offerte prestigiose, ha preferito la fuga verso la pensione. Non si vive solo per i soldi.

Decine di anni di studio, di aggiornamento e di esperienza chiusi in un cassetto.

Daniele Zamperini
http://www.scienzaeprofessione.it/public/nuke/modules.php?name=News&file=article&sid=196

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