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IL TIGRE
Inserito il 06 maggio 2024 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

[ Si racconta la strana, profonda amicizia nata tra il Sachem e Tigre. Anzi, due tigri]

“ Sachè – fece Bruno – ma che me piji proprio pe’ scemo?”
La domanda richiedeva una risposta ponderata, perché è vero che io e lo Zozzo siamo grandi amici, ma un po’ di prudenza non guasta.
“ No, Brù – risposi cercando di buttarla sullo scherzo – proprio scemo no, magari solo un po’, ma per essere più preciso dovrei capì a che cosa ti riferisci…”.
“ A Sachè, e’ inutile che fai il tonto! Lo vedo come guardi Annabella quando passa davanti, e me sò pure accorto che ogni tanto sparisci e te vedono da quelle parti… Ché, c’hai segreti pure co l’ amico tuo?”.
Risi. “ No Brù, a dire la verità non hai del tutto torto, ma le cose purtroppo non sono come ti immagini. Vado a trovare la sua gatta. Poi sai come succede… ”.
“ L’ ho visto come tratti il gatto di Annabella, quello tigrato, arancione, che somija alla padrona. Te piacciono le tigri, Sachè?”.
Non replicai. La cosa era un po' complicata, ma forse prima o poi a Bruno potevo anche raccontare qualcosa.

I rapporti tra me e Tigre, in verità, non erano nati sotto i migliori auspici.
Me ne stavo nella cucina di casa mia, al piano terra della villetta, e stavo cominciando a prepararmi un pranzo speciale.
Nulla di complicato, per carità, ma Roberto, il macellaio, mi aveva messo da parte un magnifico pezzo di carne destinato a diventare una succulenta bistecca al sangue.
Avevo scartato il pacchetto, già pregustando il pranzetto, e mi ero girato per prendere il sale quando un improvviso rumore di carta spiegazzata e il fruscio di un fulmine peloso mi face sobbalzare. Feci appena in tempo a voltarmi per vedere una specie di lampo arancione saltare giù dal tavolo e balzare fuori dalla portafinestra. Ciò che mi sconvolse fu che il lampo aveva le sembianze di un gatto, e portava in bocca la mia bistecca.
La mia agognata succulenta bistecca!!

Cacciai un urlo belluino, afferrai un mestolo poggiato sul tavolo e mi gettai all’inseguimento della belva, cacciando urla inarticolate.
Inseguimento inutile perché la belva, arrivata al muretto di confine balzò sopra, al di fuori della mia portata, e si mise a fissarmi con un’ aria che sembrava beffarda, tenendo ben stretta la bistecca, quasi a sfidarmi a riprenderla.
Sfida già vinta, perché tanto, pure se l’ avessi recuperata, non avrei avuto il coraggio di mangiarla. Sono molto adattabile, è vero, ma mangiare una bistecca già masticata da un gatto, bè, era davvero troppo…

Rientrai in cucina mugugnando e progettando atroci vendette. Aprii una squallida scatoletta di tonno e, per punirmi della mia dabbenaggine, la mangiai così, al naturale. Tutti sanno com’è il tonno al naturale, totalmente insapore. Quello che mi meritavo…

Stavo rimettendo in ordine quando sentii un lieve trapestio fuori della portafinestra, e addirittura, lieve, un miagolio. Mi affacciai armato del mestolo e vidi il gatto qualche metro più in là, immobile, attentissimo, e sulla soglia, gli avanzi della bistecca.
Era stata ben mangiata nelle parti migliori, era rimasta solo un po’ di carne che evidentemente non era riuscito proprio ad ingerire, però il gatto stava lì a guardare, come in attesa che io la prendessi.

Uscii fuori, sempre armato del mestolo, e Tigre (mentalmente avevo cominciato a chiamarlo così) si mosse un po’ all’ indietro mantenendo le distanze e miagolando piano.
Ero stupito, raccolsi gli avanzi della bistecca e feci per rientrare, Tigre avanzò. Facemmo un po’ di balletto: io avanzavo lui retrocedeva e viceversa. Alla fine rientrai portando gli avanzi della bistecca, e li misi nel frigo, chissà perché.
Tigre rimase fuori e si allontanò maestoso, a coda dritta, per una meritata siesta in qualche anfratto del giardino.

Il giorno dopo, meditando sul pezzo di carne avanzato, decisi che non era assolutamente recuperabile. Però mi pareva proprio un delitto buttarlo nell’ immondizia, così lo gettai fuori della portafinestra alla mercé di qualche predatore. Immediatamente un fulmine arancione balzò fuori dai cespugli e scappò via tenendolo in bocca.
Stavolta non lo inseguii, tanto era inutile, però il pensiero che si gustasse quella bisteccona mentre io andavo avanti a tonno mi innervosiva parecchio.

La mattina del giorno dopo, però, trovai una sorpresa: poggiati davanti alla soglia della portafinestra, c’erano i resti di un grosso topo, mezzo divorato ma ancora ben riconoscibile.
Tigre stava lì, a distanza regolamentare, e osservava. Raccolsi con i guanti i resti del topo e li avvolsi in un foglio di giornale per buttarli via.
Tigre assistette al recupero poi, con aria soddisfatta, con la coda ritta in aria e a passo solenne, si allontanò.
A dire la verità, stava cominciando a diventarmi simpatico…

Cominciò così uno strano rituale: io cominciai a lasciare avanzi di cibo in una ciotola in giardino e ogni tanto trovavo sulla soglia degli omaggi da parte di Tigre.
I topi erano rari per fortuna, ci fu qualche uccello, delle lucertole. Io da parte mia, con l’ intenzione di rifarmi della dieta al tonno ordinavo ogni tanto a Roberto delle bistecche, però presi l’ abitudine di tagliarne via una piccola parte carnosa. Mi tenevo la parte più tenera e grassetta, quella tanto dannosa alle coronarie ma tanto buona e gratificante allo spirito, e lasciavo il pezzetto tagliato sulla soglia, per Tigre.
La condivisione dei pasti continuò per un po’, e Tigre prese sempre più confidenza. Quando si convinse che era stato perdonato e si avvicinò abbastanza da farsi toccare fu una festa, piena di fusa e di grattatine.
E addirittura, spuntando da chissà dove, aveva cominciato a seguirmi pure al bar…

Bruno mi prendeva un po’ in giro: “ Sachè, ma invece d’ una gatta-gatta, non te converrebbe cercarti una gatta-donna? Aho’ sembrate proprio due fidanzati”.
Eh, sì, perche’ Bruno si era accorto che il gatto-tigre in realtà era una gatta, leziosa e affascinante come tutte le femmine. Ma non protestava davvero, perché la sua presenza era gradita agli altri avventori e i loro passaggi al mio tavolinetto erano diventati più frequenti; soprattutto le donne sembravano affascinate da quella splendida bestiola.

Poi sparì…

Non ci furono più prede semidivorate lasciate come omaggio fuori della portafinestra, non ci furono razzie in cucina, gli avanzi che lasciavo di fuori venivano sì divorati durante la notte, non sapevo da chi. Ma Tigre non si vedeva.
La cercai, e chiesi anche a Bruno di informarmi se l’ avesse avvistata
“ A Sachè, te sei proprio innamorato” mi sfotteva, ma si vedeva che voleva aiutarmi. Però fu inutile, non si trovò.

Fu una mattina di qualche tempo dopo che sentii un miagolio venire dal giardino.
Era Tigre, aveva l’ aspetto un po’ malmesso, era dimagrita, con il pelo mancante a chiazze dove si intuivano delle cicatrici. Però era lei e miagolava piano, in un tono che non poteva che essere di implorante richiamo. E io non avevo mai saputo resistere a un’ implorazione femminile….

Così cominciò una scena che doveva davvero apparire comica: un gatto arancione che avanzava a balzi per la strada, saltando da un’ auto ad un’ altra o da un muretto all’ altro seguito da un arrancante e ansimante signore in vestaglia che cercava di stargli dietro.

Ebbi qualche difficoltà quando Tigre decise di tagliare il percorso per un giardino privato, allora io feci il giro lungo il muro di cinta per ritrovarla dall’ altra parte. Mi portò per un pezzo lungo la strada principale, miagolando impaziente quando restavo indietro, poi girò per una stradina laterale, dove c’era la Casa dell’ Angelo.
Entrò in giardino, percorse il muro della Casa fino ad una specie di nicchia, dove si fermò miagolando, stavolta con tono di orgogliosa esaltazione.
Che c’era in quella nicchia? mi chiesi. Ed avvicinandomi per vedere meglio vidi una matassa di corpicini pelosi e di occhioni spalancati. Tigre mi stava presentando, orgogliosa, la sua prole, in parte arancione come lei, in parte nera o pezzata.
Be’, era una bella gatta, ed evidentemente si era data un bel po’ da fare…

E mentre stavo lì seduto in terra, solleticando i micini e tenendo in grembo Tigre, mi sentii apostrofare un po’ aggressivamente da una voce femminile
“ Scusi, ma lei chi è? Che ci fa nel mio giardino?”.
Era una bella signora di età indefinita che batteva il piedino con aria inquisitoria. Mi colpì la massa di riccioli rossi che le scendeva sulle spalle, e la bocca che cercava di essere feroce ma segnata dalle le pieghe del sorriso.
Cercai di spiegare ma non ce ne fu bisogno: Tigre le balzò incontro, strofinandosi sulle sue gambe (proprio belle gambe, caspita!) facendo le fusa, poi saltò di nuovo su di me accoccolandosi in grembo e ronfando.
A modo suo aveva fatto le presentazioni.

Le completai, presentandomi.
“ Ah, il Sachem di cui mi hanno tanto parlato! Ma come, me l’ immaginavo alto, giovane, splendente, e con una corazza luccicante! Non uno maturo seduto in terra, in vestaglia e pieno di polvere!” E rise di una splendida risata di gola.
“ Quando qualcuno mi invoca io intervengo subito, non sto mica lì a perdere tempo in queste bazzecole!” risposi un po’ piccato, cercando di darmi un tono “e il mio gatto aveva bisogno di me”
“ Il tuo gatto? Ma questo è il MIO gatto!”.
“ Contesto questa affermazione! Ma intanto, posso avere il piacere di sapere con chi sto parlando?” Mantenevo il tono sostenuto, e intanto la studiavo.
“ E’ giusto! Mi chiamo Annabella, ed ho preso in gestione da poco tempo, questo alberghetto - ci ripensò un attimo – bè, questa attività di affittacamere.
Ma la vuoi smettere di guardarmi così? Io gestisco solo l’ albergo, non farti illusioni, non sperare in prestazioni extra”.
“Peccato!” pensai , poi mi alzai in piedi e, cercando di mantenere un po’ di dignità cominciai a raccontarle di Tigre e dei nostri complicati rapporti.
Lei rise al racconto della “Bistecca Rapita” (“Questa me la segno, Sachè”), e ancor di più a quello del “Topo della Pace” .

Ci sedemmo su una panchina lì accanto, e Tigre si accoccolò in mezzo a noi, strusciandosi un po’ verso l’ uno, un po’ verso l’ altra.
Lei mi raccontò di averla trovata malandata e ferita dopo una rissa con dei cani randagi. Si era trascinata fino alla porta della Casa ed era rimasta lì quasi agonizzante. Annabella si era impietosita, l’ aveva raccolta e, alla buona, l’ aveva curata usando i farmaci del Pronto Soccorso che teneva in albergo.

Al di là delle sue previsioni, Tigre si era ripresa e oltretutto aveva cominciato a mostrare evidenti i segni di una gravidanza. Un giorno non l’ aveva più trovata in casa ma, cercando in giardino, l’ aveva scoperta in quella nicchia con ben cinque micini, di vario colore e apparentemente in buona salute.
“Ha fatto passare qualche giorno prima di permettermi di avvicinarmi. Stamattina invece ho sentito i micini chiamarla, ma lei non si trovava. Mi ero preoccupata, non sapevo che avesse già una casa e che fosse tornata lì”.
“ Non e’ tornata lì, in realtà è soltanto venuta a chiamarmi per farmi vedere i suoi figli. E’ davvero una splendida bestia. Ma da chi avrà preso? Pelo rosso, ondulato, bella e intelligente. Potrebbe somigliare alla nuova padrona. Se è pure un po’ acidina, è perfetta” E feci una smorfia di orrore.
Ridemmo insieme.

“ Bè – aggiunse - se ti servisse affittare una camera mi ricorderò di farti uno sconto”.
“ Sarà difficile, non sono il tipo. Poi sono avaro. Tu, per esempio, se decidessi di cambiare mestiere, quanto mi costeresti?”.
Cacciò uno strillo e fece per darmi un ceffone, ma era impicciata da Tigre per cui le bloccai facilmente il braccio.
La fissai negli occhi ridendo, lei capì lo scherzo e restituì lo sguardo, ridendo anche lei mentre cercava di fare la faccia feroce.
Che donna, piena anche di spirito! Che sogno…

E Tigre, accoccolata in mezzo a noi emise un vibrante rumore di fusa.
Lei aveva già capito…

“Il Tigre”
da: “Ritorno al Bar dello Zozzo”
Daniele Zamperini – 2020 -
Matite di Roberta Floreani

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