Aggiornamento
medico e varie attualità di Daniele Zamperini, Raimondo Farinacci, Luca Puccetti. Per
iscriversi: richiesta a mailto:(dzamperini@tiscali.it.
Archivio (oltre 1700 articoli) su ItaliaMedica http://zamperini.tripod.com
liberamente utilizzabile per uso privato. Riproduzione su
richiesta.
AVVISO
1 Si e' costituita a Roma la sezione provinciale dell'
UNAMEF (UNIONE NAZIONALE MEDICI DI FAMIGLIA E DEL TERRITORIO). Sono
stati eletti, con incarico pro-tempore: Segretario Provinciale: Daniele
Zamperini Vicesegretario: Luigi Milani Segretario Organizzativo e
Tesoriere: Floriana Riddei Tutti ringraziano i colleghi per la stima a
loro dimostrata.
AVVISO 2 Dopo la pausa
estiva Pillole acquistera' una nuova veste grafica e di contenuto, nonche'
un sito autonomo arricchito di servizi e di archivi razionalizzati e
facilitati nella consultazione. Il tutto grazie all' opera infaticabile e
disinteressata di Luca Puccetti, di Pisa. Grazie, Luca.
AVVISO 3 La
periodicita' di Pillole (mensile) si e' dimostrata gradita in quanto poco
invasiva, pero' mal si presta ad informare i colleghi circa notizie, anche
importanti, di interesse urgente. Stiamo percio' valutando la possibilita'
di "gemellarci" con un' altra lista (distinta, in modo da permettere una
scelta volontaria da parte del medico) che curi invece le "informazioni
rapide". Ci interessa conoscere le opinioni e le preferenze dei colleghi.
Scriveteci. L' indirizzo di riferimento per ogni comunicazione e' dzamperini@fastwebnet.it oppure
dzamperini@tiscali.it
Luglio- Agosto
2004
INDICE GENERALE
PILLOLE
- Alzheimer: nuove
possibilità di diagnosi - Simvastatina e
sclerosi multipla recidivante-remittente - Novità nella
lotta all’Obesità - L' infusione
intracoronarica di Ad5FGF-4 e' utile ai pazienti con angina
stabile - Il sesso maschile
è un predittore indipendente di mortalità nello scompenso
cardiaco - Nuovo target per
nuovi antidolorifici - Diabete e rischio
di malattia epatica cronica e di carcinoma epatocellulare - E' lenta la
progressione dell' infezione da HCV acquisita nella prima
infanzia - Scoperto nuovo
meccanismo di regolazione della proliferazione dei vasi - Una sequenza di
DNA del virus dell’epatite B predice la risposta alla Lamivudina -
Anche la
steatosi epatica puo' influenzare la progressione dell’epatite C
cronica - L’inibizione
dell’infiammazione può prevenire la fibrosi e la disfunzione
miocardica - Asma indotta
dall' ac. acetilsalicilico, incidenza superiore alle previsioni -
Impiego di
Paracetamolo ed insorgenza di asma - Omeopatia:
metanalisi delle metanalisi (di Renato Rossi) - Nuovi parametri
di riferimento per il test del PSA (Luca Puccetti) - News prescrittive
(dalla Gazzetta Ufficiale) (a cura di Marco
Venuti)
CASI CLINICI - I CASI DEL DOTT.
CRETINETTI N.16: Le diagnosi non si fanno con le analisi, ma
con il cervello (se funziona)
APPROFONDIMENTI -
Consensus
Conference di Firenze sull' utilita dello screening del tumore prostatico
mediante dosaggio del PSA (17.5.2003)
MEDICINA LEGALE E
NORMATIVA SANITARIA Rubrica gestita da D. Z. per l'ASMLUC:
Associazione Specialisti in Medicina Legale Università
Cattolica. Sul sito www.medicoeleggi.it/pillole/freeconsult.htm
il collega Marco Venuti mette a disposizione dei nostri lettori una serie
di articoli su problemi connessi alla prescrizione dei
farmaci.
-- Ancora sulla
nifedipina sublinguale: un uso rischioso ma sempre in
auge
- Aggiornamento
sulla corretta prescrizione dei farmaci: ricette anonime solo su
richiesta (di Marco Venuti )
- Novita' sul Documento
Programmatico per la Sicurezza: ancora burocrazia ma per fortuna un
rinvio
- Novita' sull' ECM: restrizioni all'
accreditamento dei provider
- LE NOVITA'
DELLA LEGGE (Di Marco Venuti)
PILLOLE
A - Alzheimer:
nuove possibilità di diagnosi Quasi un secolo dopo la prima
identificazione del morbo di Alzheimer, non esiste ancora un metodo
infallibile per diagnosticare la malattia in un paziente in vita. Ma una
nuova tecnica, combinata con accertamenti clinici, potrebbe presentare
un'accuratezza quasi assoluta. In uno studio pubblicato sulla rivista
"Journal of Nuclear
Medicine", Frederick Bonte del Southwestern Medical
Center dell’Università del Texas sostiene che l'esame del flusso
sanguigno in una regione specifica del cervello può portare il grado di
certezza diagnostica nei casi difficili dal 90 a quasi il 100 per cento.
La ricerca mostra che la tomografia computerizzata a emissione singola di
fotoni (SPECT) può essere usata per identificare un segno caratteristico
della malattia e distinguerla dal gruppo dei disturbi frontotemporali che
comprendono anche la seconda causa di demenza in età avanzata. La SPECT
è un esame con radioisotopi che produce immagini tridimensionali della
quantità di sangue che scorre in determinate regioni del cervello. I
pazienti che soffrono di Alzheimer presentano una riduzione di flusso
sanguigno in alcune aree cerebrali, una delle quali, la corteccia
cingolata posteriore, consente di escludere le demenze
frontotemporali. www.lescienze.it
B -
Simvastatina per os nei pazienti con sclerosi multipla
recidivante-remittente Ricercatori di diversi Centri Neurologici
statunitensi hanno valutato l’impiego della Simvastatina ( 80 mg ) in 30
pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente. Il numero medio
di lesioni captanti il Gadolinio nei mesi 4, 5 e 6 di trattamento sono
state confrontate con il numero medio di lesioni rilevate mediante
risonanza magnetica ad immagini prima del trattamento. Il numero e le
dimensioni delle lesioni captanti il Gadolinio si sono ridotte del 44% ( p
< 0,0001) e del 41% ( p = 0,0018 ), rispettivamente. Il trattamento è
risultato ben tollerato. Secondo gli Autori la Simvastatina per os
potrebbe inibire le sostanze infiammatorie alla base della sclerosi
multipla e che possono portareall a disabilità neurologica. Lancet
2004 ; 363 : 1607 – 1608
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C - Novità nella
lotta all’Obesità Con il 65 per cento della popolazione degli Stati Uniti sovrappeso,
sembra che i ricercatori stiano perdendo la battaglia contro l'obesità. Ma
ora un team guidato da Wadih Arap del M.D. Anderson Cancer Center
dell'Università del Texas ha scoperto un nuovo metodo di attacco: privare
le cellule grasse delle loro riserve di sangue in modo da distruggerle. Lo
studio, descritto in un articolo di prossima pubblicazione sul numero di
giugno della rivista "Nature
Medicine", dimostra che questa tattica ha successo nei
topi. Per sviluppare la loro terapia anti-obesità, i ricercatori hanno
utilizzato una tecnica della lotta contro il cancro. Uno degli approcci
per eliminare i tumori, infatti, è quello di privarli delle riserve di
sangue per impedire la proliferazione di nuove cellule che hanno bisogno
di nuovi vasi sanguigni, un processo noto come angiogenesi. Anche se le
cellule grasse non sono maligne, hanno comunque la capacità di proliferare
e di espandersi. In più, ogni cellula è in contatto con un certo numero di
capillari. Arap e colleghi hanno identificato una proteina, chiamata
proibitina, che viene espressa sui vasi sanguigni che riforniscono le
cellule grasse nei topi obesi. Gli scienziati hanno accoppiato a un
peptide che si lega alla proibitina un secondo peptide che innesca la
morte cellulare. I topi obesi così trattati, per tutte le quattro
settimane dello studio, hanno perso ogni settimana il 10 per cento del
proprio peso corpo senza mostrare segni di
tossicità. www.lescienze.it
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D - Incoraggianti
risultati dell’infusione intracoronarica di Ad5FGF-4 nei pazienti con
angina stabile L’obiettivo dello studio condotto dai Ricercatori dell’AGENT-2
Study, è stato quello di verificare se la somministrazione del gene
codificante per il fattore di crescita dei fibroblasti ( Ad5FGF-4 ) fosse
in grado di migliorare la perfusione miocardica rispetto al placebo.
Un totale di 52 pazienti con angina stabile ed ischemia reversibile
con coinvolgimento del 9% o più del ventricolo sinistro alla SPECT , è
stato randomizzato alla terapia genica ( n=35 ) o al placebo ( n=17 ).
Dopo 8 settimane il 98% ( n=51 ) dei pazienti è stato sottoposto ad
una seconda SPECT. L’iniezione di Ad5FGF-4 ha prodotto una
significativa riduzione delle dimensioni dell’area ischemica ( 4,2%
assoluta, 21% relativa; p<0.001 ) contro nessun miglioramento tra i
pazienti trattati con placebo. Non è invece risultato significativo il
cambiamento nella dimensione del difetto di perfusione tra i pazienti
trattati con Ad5FGF-4 e quelli trattati con placebo. Ad5FGF-4 è
risultato ben tollerato senza alcun effetto indesiderato permanente.
Secondo gli Autori l’iniezione intracoronarica di Ad5FGF-4 ha mostrato
un trend di miglioramento della perfusione miocardica. J Am
Coll Cardiol 2003; 42:1339-1347
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E - Il sesso
maschile è un predittore indipendente di mortalità nei pazienti
ospedalizzati per scompenso cardiaco Ricercatori danesi hanno
esaminato se le donne e gli uomini, ospedalizzati per insufficienza
cardiaca congestizia, presentassero un diverso rischio di mortalità. La
ricerca è stata compiuta su 5.491 pazienti con scompenso cardiaco
ricoverati in 34 ospedali della Danimarca nel periodo compreso tra il 1993
ed il 1996. Il periodo di follow-up è stato di 5-8 anni.Il 40% della
popolazione esaminata era di sesso femminile. Le pazienti avevano una
maggiore età, una minore incidenza di cardiopatia ischemica, ed una
migliore funzione sistolica ventricolare sinistra rispetto ai maschi.I
pazienti uomini assumevano più spesso gli Ace inibitori. Nel corso del
periodo osservazionale ci sono state 1.569 morti tra le donne ( 72% ) e
2.386 ( 72% ) tra gli uomini. Dopo l’aggiustamento per l’età, il genere
maschile era associato ad un aumento del rischio di morte ( RR: 1,25 ).
Eur Heart J 2004; 25: 129 – 135
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F - Nuovo
target per nuovi antidolorifici
Molti degli antidolorifici
attualmente esistenti presentano fastidiosi effetti collaterali, in
particolare per i pazienti che devono assumerli per lunghi periodi di
tempo a causa di condizioni quali l'artrite. Ora una ricerca ha
individuato un nuovo possibile bersaglio per i farmaci analgesici,
gettando anche luce sulla sensibilizzazione infiammatoria che provoca nei
pazienti forti dolori persino in risposta a stimoli normalmente innocui
come un lieve tocco. In un articolo
pubblicato sul numero del 7 maggio della rivista "Science", un team
internazionale guidato da Ulrike Müller del Max-Planck-Institut di ricerca
sul cervello di Francoforte, in Germania, sostiene di aver
identificato nella forma alpha-3 del recettore del neurotrasmettitore
glicina un fondamentale intermediario nella trasmissione dei segnali di
dolore dal midollo spinale al cervello. Lo studio, che dimostra come il
recettore sia necessario per la sensibilizzazione al dolore, è il primo a
identificare una funzione per questo particolare recettore che si trova
soltanto in un particolare strato dove terminano i neuroni del dolore che
provengono dai tessuti
periferici. www.lescienze.it
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G - Diabete e
rischio di malattia epatica cronica e di carcinoma
epatocellulare Uno studio coordinato da Ricercatori dello Houston
Veterans Affairs Medical Center ha valutato l’associazione tra il diabete
e la malattia epatica cronica.Sono stati identificati tutti i pazienti che
tra il 1985 e il 1990 sono stati dimessi dall’ospedale con una diagnosi di
diabete. Questi pazienti sono stati seguiti fino al 2000.Sono stati
esclusi i soggetti affetti da concomitante malattia epatica. I soggetti
presi in esame sono stati 173.643 con diabete e 650.620 senza
diabete. La maggior parte ( 98% ) era di sesso maschile e quelli
affetti da diabete erano più anziani rispetto a quelli senza diabete ( 62
versus 54 anni ).L’incidenza di malattia epatica cronica non-alcolica è
risultata molto più alta tra i pazienti diabetici ( 18.13 contro 9.55,
rispettivamente, per 10.000 persone-anno ).Simili risultati sono stati
ottenuti per il carcinoma epatocellulare ( 2.39 contro 0.87,
rispettivamente, per 10.000 persone-età ).Il diabete era associato ad un
indice di rischio ( hazard rate ratio , HRR ) di 1.98 per la malattia
epatica cronica non-alcolica e di 2.16 per il carcinoma epatocellulare. I
pazienti con diabete da più di 10 anni presentavano il massimo
rischio. Questo studio ha dimostrato che tra gli uomini affetti da
diabete il rischio di malattia epatica cronica non-alcolica e di carcinoma
epatocellulare è raddoppiato Gastroenterology 2004; 126:
460
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H - Infezione
da HCV acquisita nella prima infanzia presenta una lenta progressione nei
successivi 35 anni Una ricerca, coordinata dall’Istituto di
Virologia dell’Università di Milano, ha valutato l’outcome ( esito )
dell’infezione da virus dell’epatite C negli adulti di 35 anni d’età,
infettati alla nascita (1968 ) attraverso minitrasfusioni di sangue.Nel
1998 il 58,1% ( 18/31 ) dei soggetti presentava anticorpi anti-HCV e
l’88,9% ( 16/18 ) era HCV-RNA positivo. Undici pazienti sono stati
sottoposti a biopsia epatica. Nove pazienti non presentavano fibrosi o
fibrosi portale lieve, mentre in 2 è stata riscontrata fibrosi. Nel
corso del periodo di follow-up ( 1998-2003 ), 2 pazienti sono stati
sottoposti a terapia, ed in 1 si è ottenuto una risposta virologica e
clinica sostenuta. Una seconda biopsia, a 5 anni di distanza dalla prima,
non ha rivelato cambiamenti sostanziali in 4 casi, mentre in un quinto si
è osservata una progressione a fibrosi portale lieve da assenza di
fibrosi. Lo studio seppur con il limite del campione ridotto, ha
indicato che l’infezione da HCV, acquisita nella prima infanzia, mostra
una lenta progressione durante i primi 35 anni. Hepatology 2004; 39:
90 – 96
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I - Scoperto
nuovo meccanismo di regolazione della proliferazione dei
vasi
La formazione dei vasi
sanguigni è un processo normale durante l'embriogenesi e la guarigione
delle ferite. Ma esiste anche una formazione non desiderata di vasi
sanguigni, per esempio nei tumori o nella retinopatia, una malattia
dell'occhio che colpisce molti pazienti di diabete. Il ricercatore Mattias
Belting dell'Università di Lund, in
Svezia, in collaborazione con l'Istituto di Ricerca Scripps
(TSRI), ha scoperto un meccanismo precedentemente sconosciuto dietro la
generazione dei vasi sanguigni che potrebbe portare in futuro allo
sviluppo di nuovi farmaci. Il ruolo principale in questo processo è
svolto da una proteina chiamata "fattore tissutale". Nella generazione dei
vasi sanguigni, questo fattore presenta sia una funzione stimolatoria sia
una inibitoria. Normalmente queste due funzioni si neutralizzano a
vicenda, ma in malattie come la retinopatia - dove nella retina crescono
vasi sanguigni in eccesso - l'equilibrio è disturbato. La scoperta è stata
descritta in un articolo pubblicato sul numero di maggio della rivista "Nature Medicine". Il
fattore tissutale si trova nelle pareti cellulari delle cellule
endoteliali che rivestono il lato luminale dei vasi sanguigni. La parte di
proteina rivolta all'esterno della cellula invia segnali, in combinazione
con un cosiddetto fattore di coagulazione, per attivare le cellule dei
vasi sanguigni affinché generino nuove strutture. La parte che risiede
all'interno della cellula invia invece segnali opposti per inibire
l'attivazione della
cellula. www.lescienze.it
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L -
Identificata la sequenza di DNA del virus dell’epatite B predittiva di
risposta alla terapia con Lamivudina La resistenza alla terapia con
Lamivudina nel lungo periodo si presenta in circa i 2/3 dei pazienti con
epatite B cronica.Studi hanno dimostrato che la reversione delle mutazioni
nella regione promoter precore/core si può presentare in circa il 30% dei
pazienti trattati con Lamivudina. Ricercatori della Georgetown
University Medical Center a Rockville e dell’Ospedale S. Giovanni Battista
di Torino hanno analizzato 26 pazienti, infettati con il virus
dell’epatite B ( HBV ) ( 24 con infezione virale HBeAg negativa, 25
genotipo D, 1 genotipo A ), e trattati con Lamivudina per 27-53
mesi.L’obiettivo dello studio è stato quello di verificare la relazione
tra pattern di sequenza HBV-DNA pre-trattamento e risposta al trattamento
nel lungo periodo, nonchè l’effetto della terapia sullo stato delle
mutazioni nella regione precore di HBV.La reversione delle regioni precore
A1762T/G1764A e G1896A è stata osservata rispettivamente nel 29% e nel 25%
dei pazienti. Nessun paziente è diventato HBeAg-positivo. Due
polimorfismi a livello della polimerasi dell’HBV sono risultati associati
a fallimento terapeutico nel lungo periodo. Hepatology 2004; 39: 64
– 73
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M - La
steatosi epatica influenza , in modo genotipo-specifico , la progressione
dell’epatite C cronica La steatosi epatica è frequente nei
pazienti con epatite C cronica , ed in particolar modo nei pazienti
infettati con genotipo 3 del virus dell’epatite C ( HCV ).Lo scopo dello
studio , eseguito da Ricercatori Italiani e Svizzeri è stato quello di
determinare la relazione che intercorre tra la steatosi e la fibrosi
nell’epatite C cronica, come funzione del genotipo virale. Un’analisi
multivariata è stata eseguita su 755 pazienti con epatite C cronica (
indice di massa corporea media 24,11 kg/m2 ; 178 pazienti presentavano
genotipo 3 ).L’esame istologico epatico ha mostrato in 315 pazienti la
presenza di steatosi , e fibrosi in 605. Un totale di 178 pazienti
presentava cirrosi : 78 compensata e 109 non compensata. La steatosi è
risultata associata , in modo indipendente, alla fibrosi ( p< 0.001 ),
al genotipo 3 ( p< 0.001 ), all’indice di massa corporea ( p< 0.001
), all’ abuso di alcool ( p< 0.001 ) e all’età ( p= 0.001 ). La
fibrosi è risultata , invece , associata al punteggio di attività secondo
il sistema di classificazione Metavir ( p< 0.001 ), all’età (
p<0.001 ), alla steatosi ( p=0.001 ), all’abuso in passato di alcool
per più di 5 anni ( p= 0.015 ) e all’indice di massa corporea ( p= 0.034
) Solamente nei pazienti infettati dal genotipo non-3 è stata osservata
una relazione tra la steatosi e l’abuso di alcool ( p< 0.001 ) e l’età
( p= 0.01 ), mentre solo nei pazienti infettati dal genotipo 3 la steatosi
risultava associata all’attività secondo il sistema Metavir ( p= 0.044
). Allo stesso modo, la fibrosi era correlata alla steatosi solamente
negli individui infettati dal genotipo 3 ( p= 0.018 ), e solo nei pazienti
infettati dal genotipo non-3 all’abuso di alcool in passato ( p= 0.003 ) ,
ed in maniera del tutto marginale, al diabete ( p= 0.078 ).Lo studio ha
dimostrato che la steatosi influenza , in modo genotipo-specifico , la
progressione dell’epatite C cronica . I pazienti infettati dal genotipo
3 e con steatosi ( istologicamente confermata ) dovrebbero essere
sottoposti a terapia antivirale. Gut
2004;53:406-412
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N -
L’inibizione dell’infiammazione può prevenire la fibrosi miocardica e la
disfunzione diastolica nel cuore iperteso Un’eccessiva fibrosi
miocardica provoca deterioramento della funzione diastolica nei cuori
ipertesi. Ricercatori giapponesi hanno esaminato il ruolo dei macrofagi
nel rimodellamento miocardico e nella disfunzione cardiaca nei cuori con
overload ( incremento ) pressorio. Esperimenti su animali hanno
dimostrato che l’overload pressorio induce una iperegolazione della
proteina MCP – 1 ( proteina chemioattrattante i miociti ). Il
trattamento cronico con un anticorpo anti-MCP-1 non solo ha inibito
l’accumulo dei macrofagi, ma anche la proliferazione dei fibroblasti e
l’induzione di TGF – Beta. Inoltre, l’anticorpo ha attenuato la fibrosi
miocardica, ma non l’ipertrofia dei miociti; ed ha migliorato la
disfunzione diastolica senza influenzare la pressione sanguigna e la
funzione sistolica. Secondo gli Autori l’inibizione dell’infiammazione
può rappresentare una nuova strategia per prevenire la fibrosi miocardica
e la conseguente disfunzione diastolica nei cuori ipertesi.
Hypertension 2004; 43: 739 – 745
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O - Asma
indotta dall'Aspirina , incidenza superiore alle
previsioni
L’incidenza di asma indotta dall’Aspirina è
risultata più alta se determinata da un test di provocazione orale ( 21%
negli adulti, 5% nei bambini ), che non dall’anamnesi ( 3% negli adulti,
2% nei bambini ). Una sensibilità crociata in relazione alle dosi dei
farmaci antinfiammatori non-steroidei OTC era presente nella maggior parte
dei pazienti con asma indotta dall’Aspirina ( Ibuprofene 98%, Naproxene
100% e Diclofenac 93% ). L’incidenza di sensibilità crociata al
Paracetamolo in questi pazienti è stata solo del 7%. L’asma indotta
dall’Aspirina tra gli adulti ha un’incidenza maggiore di quella accertata
in precedenza. Nel caso di necessità di impiego clinico dell’Aspirina o
di farmaci antinfiammatori non-steroidei (FANS ) ed esistono dubbi sulla
sicurezza, dovrebbe essere eseguito un test di provocazione orale.
(BMJ 2004 - XagenaHeadlines2004 ) Torna alle
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P -
Associazione tra impiego di Paracetamolo ed insorgenza di asma Il
Paracetamolo, noto anche con il nome di Acetaminofene, riduce i livelli di
glutatione a livello polmonare, predisponendo i pazienti a danni
ossidativi e a broncospasmo. Uno studio condotto dai Ricercatori del
Columbia Presbyterian Medical Center di New York, ha valutato se l’impiego
di Paracetamolo fosse associato ad insorgenza di asma. Sono stati
analizzati i dati del Nurses’ Health Study, uno studio prospettico a cui
hanno preso parte 121.700 donne. Nel corso del periodo di follow-up (
osservazionale ), in 346 donne è insorta asma. E’ stato osservato che
in queste donne lo sviluppo di asma era associato ad una elevata frequenza
di assunzione di Paracetamolo. Il rate ratio ( RR ) per l’asma tra le
donne che hanno assunto per più di 14 giorni al mese il Paracetamolo è
stato di 1.63 rispetto a coloro che non ne avevano mai fatto
uso. Nonostante che questi dati indichino un’associazione tra
Paracetamolo ed asma , gli Autori ritengono che potrebbe essere prematuro
trarre conclusioni definitive. ( Xagena2004 ) Graham Barr R et
al, Am J Respir Crit Care Med 2004; 169: 836-841
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Q - L' omeopatia: metanalisi delle
metanalisi (di Renato Rossi)
Una meta-analisi ha concluso
che l'omepatia funziona. Tuttavia i trials presi in considerazione erano
di piccole dimensioni, includevano 24 categorie cliniche, quattro tipi di
omeopatia e 50 classi di rimedi omeopatici. Inoltre i lavori erano tutti
di qualità scadente. Gli stessi autori concludevano che comunque non vi
erano sufficienti evidenze per affermare che l'omeopatia è efficace in
ogni singola condizione clinica presa in esame. Una review sistematica
delle reviews conferma queste conclusioni (E Ernst. A systematic review of
systematic reviews of homeopathy. British Journal of Clinical Pharmacology
2002 54: 577-582). In quest'ultima revisione sistematica sono state
considerate 6 ri-analisi della meta-analisi originale: risulta che gli
studi più rigorosi erano associati ad un effetto ridotto, rendendo la
differenza insignificante. Sono state incluse poi altre 11
revisioni sistematiche pubblicate tra il 1997 e il 2001. Le condizioni
cliniche in cui venivano usati i diversi rimedi omeopatici spaziavano
dall'ileo post-operatorio alla debolezza muscolare, dall'emicrania
all'influenza, all'asma, fino alle patologie reumatiche e
all'osteoartrosi. Nessuna di queste revisioni ha fornito una prova
convincente che l'omeopatia funzioni. I trials meglio disegnati erano
quelli che riportavano i risultati più negativi. Questo non dovrebbe
sorprendere. Anche i più ardenti sostenitori dell'omeopatia che hanno
effettuato recentemente una revisione critica hanno concluso che
l'omeopatia non dovrebbe sostituire terapie di efficacia dimostrata (WB
Jonas et al. A critical overview of homeopathy. Annals of Internal
Medicine 2003 138: 393-399). Ogni discussione circa l'omeopatia
dovrebbe terminare, dato che le differenze trovate sono piccole o di
nessuna rilevanza clinica. Fino a che studi randomizzati e controllati di
buona qualità non ci diranno qualcosa di diverso la conclusione è che
l'omeopatia non funziona e che non dovrebbe essere usata al posto di
rimedi di provata efficacia. Molte persone spendono denaro ogni anno
per i rimedi omeopatici. ma ci sono poche evidenze che ciò porti sollievo
alle loro sofferenze. (Bandolier, n. 116)
Commento: Molti di
coloro che si rivolgono all'omeopatia riferiscono di trarre beneficio da
questo tipo di terapie alternative. Le due revisioni sistematiche citate
da Bandolier fanno ritenere che la riferita efficacia sia un semplice
effetto placebo, ma probabilmente entra in gioco anche un certo tipo di
rapporto interpersonale che si instaura tra paziente e medico omeopata,
rapporto che spesso viene a mancare nella medicina *ufficiale*, più
incline a curare l'organo attraverso il farmaco che a prendersi carico in
toto del malato. D'altra parte ci sarà sempre qualcuno che cerca
risposte alternative, soprattutto dopo aver provato inutilmente i
rimedi della medicina tradizionale. Assodato che l'omeopatia finora
non ha fornito prove di efficacia accettate dalla comunità scientifica,
c'è da chiedersi se non sia l'approccio troppo riduttivo e meccanicistico
della scienza ufficiale al soggetto che soffre la vera causa del successo
dell'omeopatia. Renato Rossi Torna alle
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Q1- Nuovi
parametri di riferimento per il test del PSA ? (riportato e commentato
da Luca Puccetti) Dati Usa invitano a rivedere i
valori del test per la diagnosi precoce del tumore alla
prostata Nuovi parametri di riferimento per il test del PSA Dati
Usa invitano a rivedere i valori del test per la diagnosi precoce del
tumore alla prostata Rivedere i valori di riferimento del piu' comune test
per la diagnosi precoce del tumore della prostata, quello che misura la
quantita' della glicoproteina PSA prodotta dalle ghiandole prostatiche. La
proposta arriva dagli urologi riuniti a Roma nel congresso di laparoscopia
urologica organizzato dalla Fondazione ''Vincenzo Pansadoro''. Secondo
il presidente del congresso, Vito Pansadoro, il valore di riferimento per
il test del PSA non dovrebbe piu’ essere fissato a 4 nanogrammi, ma
scendere a 2,5. La necessita’ di rivedere i parametri del test nasce
soprattutto dai dati piu' recenti rilevati negli Stati Uniti, nei quali si
e' osservato un numero rilevante di pazienti con tumore della prostata e
valori del PSA inferiori a 4. ''I nuovi livelli di riferimento per il
test sono gia' riconosciuti negli Stati Uniti. In Italia ci stiamo
arrivando adesso'', ha detto l'urologo. Secondo gli esperti, quindi,
solo un indice piu' restrittivo di quello fin qui adottato permette di
escludere con sicurezza la presenza di un tumore, oppure di affrontarlo
quando e' ancora allo stadio iniziale. Il test del PSA, per il quale
e' sufficiente un semplice prelievo di sangue, e una visita dall'urologo
una volta l'anno sono le regole di prevenzione per gli uomini dopo i 50
anni. ''Ma per gli uomini che hanno avuto un caso di tumore della prostata
in famiglia e' consigliabile anticipare il test gia' a 40 anni'', ha
rilevato Pansadoro. E' importante ripetere il test ogni anno, ha
aggiunto, perche' piu' del valore assoluto del test ha importanza
l'andamento, rilevato attraverso una serie di determinazioni.
Fonte: Fondazione Vincenzo Pansadoro, riportata da ANSA -
ROMA, 3 GIU
In realta' molto si discute
circa questi aspetti, in quanto possono prospettarsi una serie di problemi
di rilevante importanza: 1) l' abbassamento della soglia di positivita'
per il PSA aumentera' certamente il numero (gia' rilevante) di "falsi
positivi", dei soggetti cioe' nei quali l' aumento del PSA non e'
correlato con una malattia neoplastica; 2) l' aumento delle diagnosi
precoci non sembra accompagnarsi ad un aumento della sopravvivenza, in
quanto molti di questi tumori sono destinati a rimanere
subclinici. Sono in corso alcuni studi clinici controllati per dirimere
definitivamente la questione. Le posizioni attuali degli urologi appaiono
in netto contrasto con le conclusioni della Consensus Conference di
Firenze (maggio 2003), che riportiamo integralmente del capitolo degli
approfondimenti (Luca Puccetti)
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R -News
prescrittive (dalla Gazzetta Ufficiale)
Prontogest - Sono
state estese le indicazioni terapeutiche. Le nuove indicazioni
sono: nella preparazione ad interventi chirurgici ginecologici ed
extraginecologici da eseguirsi in gravidanza; minaccia d'aborto; aborto
abituale; minaccia di parto prematuro; ipermenorrea, polimenorrea,
metrorragia, amenorrea, ipomenorrea, oligomenorrea, sindrome premestruale;
profilassi della depressione post-parto. Supplemento progestinico nella
fase luteinica durante i cicli spontanei o indotti, in caso di
ipofertilità o insufficienza ovarica primitiva o secondaria. E' stato
modificato anche lo schema posologico, ma tale modifica non è stata
riportata in GU.
Unasyn, Loricin,
Bethacil - Nella sezione «dose e tempo di somministrazione» viene
eliminato quanto segue: Per la profilassi perioperatoria, 1,5-3 grammi
di sulbactam-ampicillina devono essere somministrati all'induzione
dell'anestesia, in modo da poter raggiungere concentrazioni sieriche e
tissutali efficaci durante l'intervento operatorio. La stessa dose deve
essere ripetuta ogni 6-8 ore e la somministrazione è di solito interrotta
24 ore dopo la maggior parte degli interventi chirurgici, a meno che non
si renda necessario un trattamento con sulbactam-ampicillina.
Adronat, Fosamax,
Genalen - Sono state estese le indicazioni terapeutiche. Le
nuove indicazioni sono: Trattamento dell'osteoporosi nelle donne in età
postmenopausale e negli uomini; nel trattamento e nella prevenzione
dell'osteoporosi indotta dai glicocorticoidi (GIOP) in uomini e
donne.
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S - I CASI DEL
DOTT. CRETINETTI: (di Giuseppe Ressa) [Continua la
presentazione di casi clinici basati su esperienze concrete, che possono
offrire lo spunto a utili considerazioni metodologiche e pratiche. I
personaggi di Cretinetti e Falchetto sono stati ideati dal Dott. Giuseppe
Ressa, che ha curato anche la scelta e l'esposizione dei casi. Il
dottor Cretinetti è un medico che fa anamnesi approssimative, esami
obiettivi volanti, prescrive montagne di analisi ed esami strumentali; il
dottor Falchetto è il suo opposto: anamnesi ed esami obiettivi maniacali,
connessioni diagnostiche mirabolanti, scorciatoie fulminanti, esami
diagnostici centellinati; a volte cerca diagnosi rarissime mancandone
altre più probabili e giuste. Capita che Cretinetti e Falchetto
coesistano schizoidamente nella stessa persona. I casi Cretinetti non
vogliono essere un ennesimo irritante quiz e soprattutto non vogliono
insegnare nulla a nessuno, vogliono solo banalmente rimarcare le QUATTRO
regole auree del ben operare nella professione: 1) ANAMNESI 2)
ESAME OBIETTIVO 3) RAGIONAMENTO CLINICO 4) OVE POSSIBILE:
SCORCIATOIE DIAGNOSTICHE .G.R.]
CASO CLINICO N.16 Le diagnosi
non le fanno le analisi, ma il cervello (se funziona)
Cretinetti riceve una sua
paziente 69enne affetta da molteplici patologie: BPCO con frequenti
riacutizzazioni, pollinosi, obesita', cisti renali bilaterali,
poliartrosi, deviazione del setto, ipertrofia dei turbinati, esiti di
paralisi periferica del VII post zosteriana, dislipidemia IIa, ernia
iatale da scivolamento, gastrite cronica, insufficienza venosa di grado
severo, s.ansioso depressiva. Siamo di giugno e la paziente accusa una
congestione congiuntivale e un edema palpebrale senz'altro attribuiti da
Cretinetti alla solita pollinosi, inizia terapia con corticosteroidi
topici e poi sistemici i quali vengono aggiunti ai beta2 stimolanti per
via inalatoria che la paziente gia' pratica come ogni primavera. La
congiuntivite non migliora per cui la paziente si reca a visita oculistica
che referta: edema palpebrale non di pertinenza oculistica, esoftalmo
bilaterale, Cretinetti fa eseguire il dosaggio degli ormoni tiroidei che
risultano normali e il TSH che e' 1.7 ( quindi normale). La
sintomatologia diminuisce di intensita' e la paziente si rifa' viva solo
ad agosto lamentando un "senso di frullio in mezzo al petto", all'esame
obiettivo l'azione cardiaca e' ritmica con tachicardia sui 100 bpm, la
p.a. e' 160\70, Cretinetti fa sospendere i broncodilatatori per aerosol e
chiede un ECG che conferma i dati obiettivi aggiungendo "segni di
sovraccarico ventricolare sn". Dopo un breve miglioramento la paziente
si ripresenta in settembre lamentando il riacutizzarsi della
sintomatologia cardiaca, Cretinetti palpa la regione anteriore del collo e
gli sembra di apprezzare una aumento di volume della tiroide, chiede un
secondo dosaggio ormonale: gli ormoni risultano ancora una volta normali,
il TSH e' 1.3, gli anticorpi anti TG e TPO sono negativi; l'ecografia
viene prenotata solo dopo 1 mese ma la paziente non fa in tempo ad
eseguirla perche' la situazione precipita: accusa un aggravamento della
tachicardia e tachipnea, una instabilita' psichica con crisi di ansia
incontrollabile, astenia marcata. Cretinetti chiede il ricovero, la
paziente si reca al P.S. dove pero' stramazza a terra per un arresto
cardiaco, viene rianimata, si salva.Con una analisi del sangue la diagnosi
viene prontamente fatta con sbigottimento della paziente e di
Cretinetti. Considerazioni: "Se un esame diagnostico contrasta con
una diagnosi clinica ben strutturata bisogna avere il coraggio di dire che
e' sbagliato". All'epoca Cretinetti era giovane e si NASCONDEVA dietro
gli esami diagnostici illudendosi che facessero loro la diagnosi:
ERRORE. Negli anni la lezione pero' e' servita, tutti gli esami
diagnostici hanno una percentuale di falsi positivi o negativi che possono
arrivare a un 10-15 percento quindi il cerchio si chiude. Fatta questa
premessa esaminiamo gli ERRORI METODOLOGICI di Cretinetti riesaminando il
caso: Cretinetti non si chiede perche' ad Agosto, con 35 gradi, una
paziente sempre normotesa abbia una sistolica elevata ed una minima bassa,
pensa che possano essere i corticosteroidi (gia' assunti in passato
innumerevoli volte senza problemi) e addebita la tachicardia ai beta 2
stimolanti che peraltro la signora pratica da anni ciclicamente per la
sua BPCO e che mai avevano dato questo effetto collaterale, il
sovraccarico all'ECG viene liquidato con una scrollata di spalle. Al
ricovero gli ormoni tiroidei erano il TRIPLO dei valori massimi, il TSH
indosabile, la paziente aveva uno scompenso cardiaco ad alta gittata con
grave cardiomegalia. Cretinetti ci rimase molto male perche' la paziente
poteva morire, i precedenti 2 dosaggi erano stati eseguiti da un CARISSIMO
AMICO della paziente, "persona molto accurata", ma non e' questo il punto.
La diagnosi era li' a portata di mano ma SICCOME i dosaggi erano
NORMALI Cretinetti aveva cassato l'ipotesi, un errore che non fu
fatale solo per un caso. La paziente, dopo che il Basedow fu raffreddato
con la terapia medica, fu tiroidectomizzata ma la cardiomegalia e'
persistita. A distanza di tempo si viene a conoscenza che l’amico
della signora non esegue più gli esami R.I.A. Torna alle
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APPROFONDIMENTI
AA1 - Consensus Conference di Firenze sull'
utilita dello screening del tumore prostatico mediante dosaggio del
PSA (17.5.2003)
edito a cura di:
Associazione Italiana di Epidemiologia, Associazione Italiana di
Medicina Nucleare, Associazione Italiana di Oncologia Medica, Associazione
Italiana Medici di Famiglia, Associazione Urologi Italiani, CSPO Istituto
Scientifico della Regione Toscana, Gruppo Italiano per lo Screening del
Cervicocarcinoma, Gruppo Uro-oncologico del Nord Est, Società Italiana di
Andrologia, Società Italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare
Clinica, Società Italiana di Chirurgia Oncologica, Società Italiana di
Genetica Umana, Società Italiana di Medicina Generale, Società Italiana di
Psico-oncologia, Società Italiana di Radiologia Medica, Società Italiana
di Statistica Medica ed Epidemiologia Clinica, Società Italiana di
Urodinamica, Società Italiana di Urologia Oncologica, Società Urologia
Nuova
La maggior parte dei Registri
Tumori fa rilevare un’aumentata incidenza del carcinoma prostatico. Da
circa venti anni, prima negli USA e Canada, e da circa 10 anni, anche se
in forma meno evidente e più lenta, in molti paesi occidentali
industrializzati, l’incidenza ha subito un rapido aumento, grossolano, in
certi paesi fino a circa 10 volte, per poi diminuire nuovamente fino ad
attestarsi su valori di circa 1.5-2 volte rispetto a quella attesa in base
al trend storico degli ultimi 30 anni (1). Il fenomeno è stato spiegato
essenzialmente con l’aumentato uso, in questi paesi, del dosaggio
dell’antigene prostatico specifico (PSA), in forma di screening
"opportunistico", con conseguente diagnosi anticipata di un numero molto
elevato di carcinomi asintomatici e preclinici. La mortalità sembra non
essersi invece sostanzialmente modificata (1). La discrepanza tra
l’aumento grossolano dell’incidenza e la sostanziale stabilità della
mortalità (un limitato flesso osservato negli ultimi anni in alcuni paesi
non è necessariamente da ascrivere alla diagnosi precoce mediante PSA,
essendo da molti spiegato con il miglioramento del controllo mediante
terapia, specie nelle forme avanzate), che perdura oltre un decennio dopo
il picco di incidenza, suggerisce che l’anticipazione diagnostica causa
del picco di incidenza sia mediamente di almeno 10 anni. Tenendo conto
della aspettativa di vita relativamente limitata in alcune fasce di età
oggetto dello screening opportunistico, l’elevata anticipazione
diagnostica suggerisce la possibilità che parte dei carcinomi identificati
in tal modo sia di fatto "sovradiagnosticata", "latente", dotata cioè di
scarsa aggressività e, in assenza di screening, destinata a non
manifestarsi clinicamente nella vita (2). L’esistenza nell’uomo di una
elevata prevalenza di carcinomi "latenti" (oltre il 30% in maschi oltre i
50 anni di età) è ben documentata da studi autoptici di popolazione (3).
Poiché al momento non appare prevedibile una riduzione di incidenza
del carcinoma della prostata attraverso una prevenzione primaria efficace,
la prevenzione secondaria (screening, spontaneo, opportunistico o
organizzato che sia) potrebbe rappresentare, assieme alla terapia, il
mezzo fondamentale per influire sulla storia naturale della malattia,
riducendone la mortalità. Il test di screening che appare più confacente
allo scopo, per considerazioni complessive di costi, convenienza e
accuratezza diagnostica, è il PSA, un test semplice e relativamente poco
costoso, che pure necessità un rigoroso controllo di qualità della sua
determinazione. Peraltro, perché una procedura di screening sia
accettabile, sia a livello individuale che di popolazione, necessita che
l’efficacia (riduzione della mortalità) e il rapporto costi/benefici dello
screening siano confermati oltre ogni dubbio. La sola dimostrazione di una
anticipazione diagnostica, che di per sé stessa comporta un aumento, in
parte o del tutto solo apparente (lead time bias) della sopravvivenza
dalla diagnosi, non può essere sufficiente a garantire l’efficacia dello
screening (riduzione effe ttiva della mortalità): di questo esistono
esempi molteplici nella storia dello screening oncologico (screening del
ca. polmonare, screening mammografico <50 anni, autopalpazione). In
genere, la metodologia più accreditata per la dimostrazione di efficacia
di uno screening oncologico è lo studio (trial) prospettico controllato
(randomizzato). Studi simili in corso in Europa (ERSPC) e in USA (PLCO),
hanno arruolato un ingente numero di soggetti (oltre 200.000) e dovrebbero
produrre i primi dati relativi all’impatto dello screening sulla mortalità
e sulla qualità della vita non prima del 2005, più verosimilmente verso il
2008 (4). Fino ad allora, e forse per qualche anno ancora, non sarà
possibile definire con certezza se lo screening sia utile o meno.
L’evidenza di riduzione di mortalità suggerita da studi non controllati
(5) o controllati (6) di screening è stata oggetto di molte critiche in
letteratura (disegno di studio e modalità di valutazione) e non sembra
sufficientemente affidabile, sul piano scientifico, per supportare la
raccomandazione dello screening come pratica corrente, soprattutto
considerando che altri studi non controllati (ad es. studio comparativo
Seattle/Connecticut (7)) non confermano un impatto sulla mortalità.
Peraltro tutti questi studi e altri studi pilota di screening hanno
ampiamente dimostrato che l’anticipazione diagnostica ottenibile è molto
elevata (oltre 10 anni) ed è stato stimato che una porzione rilevante dei
casi diagnosticati dallo screening non era destinata a manifestarsi
clinicamente nella vita. Una simile sovradiagnosi, stimata a seconda della
aggressività dello screening dal 50% (1 ca. "latente" ogni due ca.
potenzialmente letali) al 300% (3 ca. "latenti" per ogni ca.
potenzialmente letale) (8), ha come conseguenza un "sovratrattamento",
essendo a tutt’oggi impossibile distinguere un ca. "latente" da un ca.
potenzialmente letale. La sovradiagnosi e il sovratrattamento
costituiscono degli effetti negativi rilevanti dello screening, sia per la
loro frequenza che per la loro importanza, anche per le implicazioni e i
costi psicologici (ansia, tensione, isolamento) e la morbilità
psicosociale (possibili disturbi della sessualità, disturbi depressivi).
Considerando che lo screening basa la sua ipotesi di efficacia sulla
intenzione di diagnosi e terapia precoce, a complicare ulteriormente il
quadro sono insorte recentemente incertezze anche sulla strategia ottimale
da seguire nelle neoplasie iniziali (chirurgia, radioterapia, watchful
waiting) (10). E’ evidente che lo screening ha "comunque" dei
considerevoli aspetti negativi (sovradiagnosi, con importanti implicazioni
psicologiche, e sovratrattamento con possibile deficit erettile,
incontinenza, ad alto impatto sulla qualità di vita) e quindi una sua
attuazione non può prescindere, per motivi etici, da una dimostrazione
della sua efficacia e da una valutazione del bilancio tra effetti negativi
e positivi (9). Non stupisce che molti consessi scientifici nazionali
(11,12,13,14,15), non ultima la Comunità Europea (16), abbiano ribadito la
non eticità dello screening quale pratica corrente in assenza di una
dimostrazione di efficacia. Peraltro, alcune autorevoli associazioni
come l’Associazione Americana di Urologia (AUA) e l’Associazione Americana
per il Cancro (ACS) hanno prodotto raccomandazioni relative
all’opportunità del dosaggio del PSA nei maschi sopra i 50 anni di età.
Questo e una diffusa campagna a favore dello screening da parte dei media
e di "testimonial" importanti, hanno fatto sì che, certamente negli USA ma
recentemente anche in Europa, lo screening "opportunistico" si sia molto
diffuso (17,18). Ciò ha sollevato notevoli polemiche, essenzialmente
motivate dalla considerazione che tale screening espone i soggetti
esaminati ai rischi sopraindicati dello screening, senza che, in base
all’evidenza esistente, si possa promettere loro un beneficio verosimile
né, tanto meno, quantizzarlo. Altra cosa è, ovviamente, l’uso del PSA
in ambito clinico, nell’occasione di una consultazione medica, in quanto
in questa circostanza il medico ha gli elementi anamnestici (esiti di
altri test, precedenti dosaggi del PSA, valutazione di fattori di rischio
e familiarità) che gli consentono di valutare l’opportunità del dosaggio
del PSA anche in assenza di sintomi di neoplasia, nonchè la possibilità di
informare il paziente sui pro e sui contro di tale indagine. Non c’è
dubbio poi che il PSA sia di grande utilità per la diagnosi differenziale
di quadri che suggeriscano anche un minimo dubbio di neoplasia, in
associazione ad altri accertamenti, per aumentare l’accuratezza
diagnostica complessiva. L’assemblea dei rappresentanti delle
Associazioni Scientifiche intervenute alla "Consensus Conference" ha
condiviso all’unanimità le seguenti raccomandazioni conclusive: 1. Non
esiste al momento, in base all’evidenza scientifica, indicazione
all’esecuzione dello screening di soggetti asintomatici mediante PSA, sia
quale provvedimento sanitario di "popolazione" (invito attivo di residenti
selezionati in base all’età), che "spontaneo" (raccomandazione alla
popolazione di sottoporsi al dosaggio periodico del PSA). 2. Il PSA
resta un valido presidio, in occasione di consultazione medica, per la
diagnosi differenziale del carcinoma prostatico ove esista un sospetto
clinico anche minimo di tale patologia. 3. Il dosaggio del PSA in
soggetti asintomatici potrà essere prescritto in occasione di
consultazione medica, a giudizio del sanitario, in base agli elementi
clinici a sua conoscenza e previa informazione del paziente sui pro e
contro della determinazione del marcatore in assenza di un sospetto
diagnostico o di fattori di rischio . Bibliografia
1. Shibata A, Whittemore AS.
Prostate cancer
incidence and mortality in the United States and the United Kingdom. JNCI
2001;93:1109-1110. 2. Ciatto S, Zappa M, Bonardi R, Gervasi G. Prostate
cancer screening: the problem of overdiagnosis and lessons to be learned
from breast cancer screening. Eur J Cancer 2000;36:1347-1350. 3. Holund
B. Latent prostatic cancer in a consecutive autopsy series. Scand J Urol
Nephrol 1980;14:29-43. 4. de Koning HJ, Auvinen A, Berenger-Sanchez A,
Calais da Silva F, Ciatto S, Denis L, Gohagan JK, Hakama M, Hugosson J,
Kranse R, Nelen V, Prorok P, Schroeder F. Large scale randomized prostate
cancer screening trials: program performances in the european randomized
screening for prostate cancer trial and the prostate, lung, colorectal and
ovary cancer trial. Int J Cancer 2002;97:237-244 5. Bartsch G, Horniger
W, Klocker H, Reissigl A, Oberaigner W, Schonitzer D et al. Prostate
cancer mortality after introduction of prostate specific antigen mass
screening in the federal state of Tyrol, Austria . Urology 2002;58:417-424
6. Labrie F, Candas B, Dupont A, et al. Screening Decreases Prostate
Cancer Death: First Analysis of the 1988 Quebec Prospective Randomized
Controlled Trial The Prostate 38:83-91, 1999. 7. Lu-Yao G, Albertsen
PC, Stanford JL, Stukel TA, Walker-Crkery ES, Barry MJ. Natural experiment
examining impact of aggressive screening and treatment on prostate cancer
mortality in two fixed cohorts from Seattle area and Connecticut. BMJ
2002;325:740 8. Zappa M, Ciatto S, Bonardi R, Mazzotta A. Overdiagnosis
of prostate carcinoma by screening: an estimate based on the results of
the Florence Screening Pilot Study. Ann Oncol 1998;9:1297-1300. 9.
Ciatto S. Screening for prostate cancer by PSA determination: a time for
caution. Int J Biol Markers 15:285-287,2000 10. Holmberg L,
Bill-Axelson A, Helgesen F et al. A randomised trial comparing radical
prostatectomy with watchful waiting in early prostate cancer. N Engl J Med
2002;347:781-789 11. Ciatto S, Bonardi R, Mazzotta A, Zappa M.
Diagnosi precoce del carcinoma prostatico. In: Raccomandazioni per gli
screening in oncologia. Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, Roma,
1996. p.109-118. 12. Consenso sugli screening in oncologia: indirizzo
per la ricerca e raccomandazioni al servizio Sanitario Nazionale.
Consiglio Nazionale delle Ricerche – Associazione Italiana per la Ricerca
sul Cancro. Roma, 1996, pp.123-127. 13. Linee Guida per il Carcinoma
Prostatico : 1.Diagnosi,Stadiazione e Follow Up - AURO (Associazione
Urologi Italiani). 1998, pp. 88-93. 14. Denis LJ, Murphy GP, Schroeder
F. Report of the consensus workshop on screening and global strategy for
prostate cancer. Cancer 1995;75:1187-1207 15. U.S. Preventive Services
Task Force. Screening for prostate cancer: recommendations and rationale .
Ann Intern Med 2002;137:915-916. 16. Advisory Committee on Cancer
Prevention. Position paper. Recommendations on cancer screening in
European Union. Eur J Cancer 2000;36:1473-1478. 17. Cooper GS, Yuan Z,
Jethva RN, Rimm AA. Determination of county-level prostate carcinoma
incidence and detection rates with Medicare claims data . Cancer
2001;92:102-109. 18. Melia J and Moss S. Survey of the rate of Psa
testing in general practice. British J Cancer
2001;85:656-6657.
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MEDICINA LEGALE
E NORMATIVA SANITARIA Rubrica gestita da D.Z. per ASMLUC: Associazione
Specialisti in Medicina Legale Università Cattolica
ML1 - Nifedipina sublinguale: uso rischioso, talvolta
illegittimo, ma sempre in auge
E' nozione comune come si
faccia largo uso, soprattutto nelle strutture di P.S., della nifedipina
sublinguale in occasione di crisi ipertensive. Viene apprezzata dagli
operatori soprattutto la potenza e la rapidita' d' effetto del farmaco,
certamente molto elevate. A questa efficacia, pero', si affiancano
numerosi problemi collegati agli effetti secondari, spesso molto gravi, e
non infrequenti. Una breve storia Nel 1995 la FDA, attraverso il
suo Cardiorenal Advisory Committee, decise all' unanimita' che la
nifedipina sublinguale non dovesse essere approvata per il trattamento
delle emergenze ipertensive. Nonostante questa decisione (basata su
autorevoli pareri contrari a tale abitudine terapeutica) l'uso della
nifedipina sublinguale rimase (e rimane) diffusissimo in tutto il mondo,
soprattutto nei dipartimenti di emergenza e nelle corsie ospedaliere, dove
assumeva addirittura in alcuni casi la connotazione di prescrizione
routinaria, specialmente nei pazienti in fase postoperatoria. Nel 1996
venne pubblicata una review sui danni potenziali causati dalla nifedipina
sublinguale nell' emergenza ipertensiva. E' da sottolineare come la
nifedipina short-acting sublinguale non sia mai stata approvata per il
trattamento di alcuna forma di ipertensione. ( Grossman E, Messerli FH,
Grodzicki T, et al. Should a moratorium be placed on sublingual nifedipine
capsules given for hypertensive emergencies and pseudoemergencies? JAMA
1996; 276: 1328-1331.).
In seguito alla pubblicazione
del sesto report sull'ipertensione (Joint National Committee on
Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Pressure. The sixth
Report of Joint National Committee on Detection, Evaluation, and Treatment
of High Blood Pressure (JNC VI). Arch Intern Med 1997; 157: 2413.),
l'uso della nifedipina short-acting diminui' drasticamente negli
USA: "L'obiettivo iniziale della terapia nelle emergenze ipertensive
è di ridurre in media la pressione arteriosa di non più del 25% (entro
minuti a 2 ore), poi verso i 160/100 mm Hg tra 2 e 6 ore, evitando
eccessive cadute pressorie che possono precipitare ischemia cerebrale,
renale, o coronarica. Benché la somministrazione sublinguale di nifedipina
ad azione rapida è stata largamente usata a questo scopo, parecchi suoi
effetti avversi sono stati riportati con il suo uso e l'incapacità di
controllare l'andamento o il grado di caduta della pressione fa questo
agente inaccettabile. L'uso routinario di nifedipina sublinguale ogni
volta che la pressione sale oltre un determinato livello postoperatorio in
pazienti ricoverati in clinica è altresì non appropriato." Restava
prescritta per l' unica indicazione approvata dalla FDA (angina
variabile). L' uso antipertensivo urgente e' restato invece
solidamente radicato in parecchi paesi dell' Europa e del
Sudamerica.
Nel 2000 veniva riportato
(Micromedex: Clinical reviews hypertensive crisis treatment:
antihypertensives - calcium antagonists a. nifedipine) un ulteriore
parere negativo dell' FDA: " 1) La nifedipina orale (specialmente la
somministrazione sublinguale) e' controindicata nel trattamento delle
emergenze ipertensive a causa dell' imprevedibilita' della caduta nella
pressione arteriosa. Non e' stata approvata dall' FDA per il trattamento
in questa indicazione a causa della mancanza di dati di risultato e di
associazione con effetti contrari seri (compresi ischemia
cerebrovascolare, ictus, ipotensione severa, infarto miocardico acuto,
difetti di conduzione, affezioni fetali) e morte (Grossman, 1996). 2)
l'assorbimento di nifedipina dalla mucosa orale è risultati difficile, e
la somministrazione sublinguale mostra esiti contraddittori; la maggior
parte del farmaco è assorbito dalla mucosa intestinale (Grossman, 1996).
L' estrazione del contenuto della capsula con la siringa [ tecnica in uso
all' epoca negli USA, ndr] comporta un dosaggio incostante; un piccolo
studio ha trovato una gamma di 3.8 - 9.8 mg estratti dalla capsula di
10-mg, in base alla tecnica dell'operatore (Woods, 1997). (3) L' uso
di nifedipina per le emergenze o le urgenze ipertensive è altamente
discutibile (DiMichele, 1997; Meggs, 1997; Semplicini, 1997; Thomas, 1997;
Fenichel, 1997; Messerli, 1997; Fanning, 1997). Sono necessari ulteriori
studi per supportarne l' uso in queste circostanze (Winker, 1997;
DiMichele, 1997). ".
Oggi, in Italia
La nifedipina resta uno
dei farmaci antipertensivi piu' diffusi in Italia. Commercializzato da
diverse Aziende farmaceutiche soprattutto nella forma in capsule o in
forma "ritardo", ne esiste in commercio una confezione in gocce.
Queste gocce sono (come specificato nel foglio illustrativo) "gocce
orali" e sostituiscono quindi le capsule nei pazienti con problemi di
deglutizione. Va sottolineato come la dizione "gocce orali" non
sia assimilabile a quella di "gocce sublinguali" per un duplice
ordine di motivi:
- Motivi di farmacocinetica: i
farmaci somministrati per via orale hanno un assorbimento e una
metabolizzazione diversi rispetto ad una somministrazione
sublinguale.
- Motivi di registrazione: i
farmaci per uso sublinguale (proprio per i motivi detti sopra) riportano
espressamente tale dizione, e sono cosi' registrati nella Farmacopea
Ufficiale.
Malgrado cio', a tutt' oggi, l'
uso della nifedipina per via sublinguale appare, in Italia, ampiamente
diffuso e addirittura raccomandato da molti medici, seppure non
consigliato neppure dalle Aziende produttrici. Le voci "pro"
Malgrado che il suo uso in gravidanza sia addirittura
controindicato (v. foglio illustrativo del farmaco, "controindicazioni") e
ne venga ammesso l' uso solo in caso di eclampsia (ma "sotto la
responsabilita' e lo stretto controllo del medico", v. foglio illustrativo
"precauzioni d' impiego"), viene da alcuni proposta come farmaco di
elezione nelle emergenze ostetriche: " Nel correggere
l’ipertensione è opportuno ricordare che la PAM deve essere mantenuta
<125 mmHg e la PAD <110 mmHg, ma la riduzione non deve mai essere
rapida e precipitosa, per evitare ipoafflusso al feto. Il farmaco di
scelta è la nifedipina (1 mg sublinguale): dopo venti minuti si
ricontrolla la PAO, se PAM è <125 mmHg e si mantiene tale anche nei
venti minuti successivi, il protocollo prevede la somministrazione di
Nifedipina 20 mg AR (max 100 mg/die). Se invece i valori di PAM
rimangono >125 mmHg si somministrano 10 mg di nifedipina sublinguale e
si valuta la PAO dopo 30 minuti, ripetibile 2 volte. Se la PAO rimane
elevata si somministra labetalolo 20 mg ev, ripetibile dopo 10 minuti (
max 220 mg), con accurata monitorizzazione emodinamica." (http://www.aaroi.it/aaroi2/acc/acc_2000_mod_5_emerg_ostetr.html
).
E' opportuno sottolineare,
comunque, che questo uso "di scelta", o "fuori scheda" rimane sotto la
diretta responsabilita' del medico, il quale dovrebbe (ma spesso non lo
fa) applicare il principi di legge (consenso informato, ecc.) che
esporremo in seguito.
Alcuni autorevoli siti ne
raccomandano l' uso in modo molto "pesante": ad esempio il sito http://www.unicampus.it/AssociazioneExAlunni/nifedicor.asp
riporta (in uno spazio liberamente accessibile al pubblico) una
"scheda del farmaco" di tipo clinico, senza tuttavia chiarire
adeguatamente che vengono riportate solo le opinioni degli estensori, e
che non si tratta di una scheda tecnica ufficiale. Ad esempio viene
riportato : " Via di somministrazione:
sublinguale Posologia: 10-20 mg (20-40 gocce); è possibile ripetere 20
gocce dopo 30' (max 60 mg/die); Effetti collaterali: tachicardia
riflessa, vampate, sensazione di calore, iperglicemia, edema periferico,
cefalea, vertigine. Farmacocinetica: effetto dopo 3'
sublinguale, 20' per os; massima azione dopo 1-2 ore, emivita 4
ore" Tali generiche e tranquillizzanti informazioni sono nettamente
diverse da quelle riportate nel foglio illustrativo del farmaco, che
chiunque puo' consultare.
Le voci
"contro" Molte voci, in realta' si sono levate per ammonire alla
cautela: " E' corretto l'utilizzo della nifedipina sublinguale
nelle crisi ipertensive? … Nel caso dell'uso della nifedipina
sublinguale nelle cosiddette "crisi ipertensive" (ad esempio una pressione
sistolica di 180 mmhg o una pressione diastolica di 120 mmhg) occorre
innanzi tutto chiedersi quale è il rischio di complicanze che corre il
paziente per l'elevato regime pressorio nei minuti, ore o giorni
immediatamente successivi, per decidere se la pressione va ridotta nel
giro di pochi minuti, ore o giorni. …Nella stragrande maggioranza dei
casi, però, in assenza di segni o sintomi riferibili all'ipertensione, pur
in presenza di valori pressori elevati, non è necessaria una riduzione
immediata; anzi, talvolta, è proprio la brusca riduzione della pressione a
causare più di un guaio. Per l'effetto ipotensivo, talora assai
marcato, rapido e protratto, l'uso della nifedipina in formulazione pronta
in corso di "crisi ipertensive" è stata associata a numerose segnalazioni
in letteratura di gravi effetti indesiderati quali ischemia cerebrale
transitoria o ictus, ischemia miocardica o infarto, grave ipotensione,
disturbi di conduzione, ecc... Usata, infatti, nel contesto della vera
emergenza ipertensiva, la nifedipina sublinguale non garantisce la
velocità di azione, l'entità dell'effetto e la durata dei preparati per
infusione endovenosa; nel ben più frequente utilizzo in presenza di
"pseudoemergenza ipertensiva", la nifedipina è stata, invece, addirittura
causa di alcuni gravi inconvenienti quali ictus cerebrale o infarto
miocardico. " http://www.informazionisuifarmaci.it/database/fcr/sids.nsf/pagine/F52DF0A2620B5E78C1256DB3003461E9?OpenDocument F52DF0A2620B5E78C1256DB3003461E9?OpenDocument
Altra opinione contraria su http://www.italmed.com/approfondimenti/news.articolo.doc.cfm?topic_ID=137&Art_ID=1530
" Urgenze ipertensive Pressione arteriosa aumentata (di
solito con una pressione diastolica >120) + sintomi associati. La
pressione deve essere ridotta entro alcune ore. L’obbiettivo della terapia
è di ottenere una riduzione del 20-25% nella pressione media oppure una
riduzione della pressione diastolica a 100-110 mmHg. Bisogna evitare
una diminuzione eccessiva o troppo rapida della pressione, altrimenti si
rischia di precipitare un’insufficienza coronarica (infarto) oppure
un’ipoperfusione cerebrale (ictus). Ecco perchè la nifedipina sublinguale
dovrebbe essere sempre evitata (è da notare invece che essa viene
comunemente adottata, anche dal personale sanitario del 118). Alla
nifedipina sublinguale è preferibile la clonidina orale, alla dose di 0.2
mg x 1, seguita da 0.1 mg ogni 60 minuti (dose massima:0.7 mg), fino a che
la pressione diastolica si abbassa di 20 mmHg. Il principale effetto
collaterale della clonidina è la sedazione. "
I problemi di legge (D.L.
17/2/98 n. 23 convertito con L. 8/4/98 n. 94) I medici, abituati a confrontarsi
con problemi "clinici" non vedono di buon occhio le problematiche
medico-legali che, tuttavia, devono incidere profondamente nelle abitudini
prescrittive. In primo luogo, per la prescrizione di un farmaco occorre
attenersi a quanto riportato in scheda tecnica, ed in particolare nei
paragrafi "indicazione terapeutica" e "posologia e modalità di
somministrazione": articolo 3, comma 1 della legge 94/98 ("
Fatto salvo il disposto dei commi 2 e 3, il medico, nel prescrivere una
specialità medicinale o altro medicinale prodotto industrialmente, si
attiene alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalità di
somministrazione previste dall'autorizzazione all'immissione in commercio
rilasciata dal Ministero della sanità."). Questa disposizione
riguarda tutti i medici, siano dipendenti, convenzionati o liberi
professionisti, per qualsiasi prescrizione farmaceutica, anche effettuata
in regime privato. Sono previsti casi in cui il farmaco possa
essere prescritto per una indicazione/ posologia/ modalità di
somministrazione non contemplata in scheda tecnica: in tal caso
esso è prescrivibile solo per un impiego noto e conforme a lavori apparsi
su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale
(articolo 3, comma 2 della legge 94/98) :
"In singoli casi il medico
può, sotto la sua diretta responsabilità e previa informazione del
paziente e acquisizione del consenso dello stesso, impiegare un
medicinale prodotto industrialmente per un'indicazione o una via di
somministrazione o una modalità di somministrazione o di utilizzazione
diversa da quella autorizzata… qualora il medico stesso ritenga, in
base a dati documentabili, che il paziente non possa essere utilmente
trattato con medicinali per i quali sia già approvata quella indicazione
terapeutica o quella via o modalità di somministrazione e purchè tale
impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche
accreditate in campo internazionale.").
Occorrono quindi
dei requisiti precisi. Particolarmente rilevanti, nel nostro caso:
- Occorre attivare una
procedura di informazione del paziente e acquisizione del consenso
informato dello stesso.
- Che non esistano altri
farmaci utili e regolarmente registrati per quella indicazione
terapeutica.
- Che l’ inesistenza di
trattamenti alternativi "ufficiali" sia documentabile.
- Che esistano lavori apparsi
su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo
internazionale.
Queste regole
vanno rigidamente rispettate, pena gravi conseguenze anche in sede
giudiziaria. Infatti il medico, oltre alle eventuali sanzioni
amministrative, puo’ venire accusato di "malpractice" sotto il duplice
aspetto dell’ imperizia e dell’ imprudenza. Tale concetto e’ stato
illustrato nel "Bollettino di Informazione sui Farmaci" n. 3-
Maggio/Giugno 2001, che riporta un caso piuttosto recente, coinvolgente un
medico che non aveva rispettato queste disposizioni di legge: il sanitario
e’ stato condannato dal Tribunale di Milano (sez. X Penale, 21/07/2000)
per un trattamento "fuori scheda tecnica" in una gravida, conclusosi con
esito sfavorevole. Il medico e’ stato condannato, in quanto ritenuto
responsabile di lesioni volontarie dolose, a pena detentiva e
pecuniaria. Il Tribunale affermava, nella sentenza,. che e’ in effetti
consentito ad ogni medico "prescrivere farmaci off label, cioe’ al di
fuori delle indicazioni autorizzate e riportate nel foglietto
illustrativo, purche’ tali farmaci siano nella Farmacopea e vi sia il
consenso informato del paziente. La norma, nel riconoscere al medico
piena autonomia, da intendersi come indipendenza di giudizio e di pensiero
e non certo come liberta’ totale di azione, fissa subito i limiti entro
cui tale autonomia debba esercitarsi. In particolare, ogni prescrizione ed
ogni trattamento terapeutico, devono ispirarsi ad aggiornate e documentate
acquisizioni scientifiche e l’osservanza del rapporto
rischio-beneficio….". In conclusione, si puo' prescrivere la
nifedipina sublinguale nelle crisi ipertensive? La risposta, come
spesso accade, e' piuttosto articolata:
- La nifedipina (per via
orale!) e' prescrivibile, anche in gocce, per le urgenze
ipertensive, in quanto ne trova indicazione in scheda tecnica.
- La somministrazione
sublinguale e' possibile ma solo nei casi in cui non si
riscontri la possibilita' di una terapia alternativa con altri farmaci
antiipertensivi, e si sia ottenuto il consenso informato del
paziente.
L' informazione
al paziente deve essere ampia e circostanziata, e deve illustrare anche i
possibili effetti negativi della terapia. L' omissione di queste
procedure rende il medico colpevole di violazione della Legge 94/98; in
caso di effetti collaterali sfavorevoli il medico puo' essere chiamato a
risponderne in diverse sedi, con l' avvertenza che, essendosi assunta la
responsabilita' di un trattamento off-label, esistera' (anche alla luce
dei dati sopra esposti) una presunzione di colpevolezza, e sara' a suo
carico la prova di innocenza, cosa non sempre agevole. Certamente si
tratta di una terapia da non usare routinariamente ne' da raccomandare, ma
da riservare solo a casi di vera necessita'. Daniele Zamperini
(fonti consultate 10-12/03)
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ML1/b Aggiornamento sullacorretta
prescrizione dei farmaci: ricette anonime solo su richiesta (dott. Marco
Venuti, con la collab. di Daniele Zamperini ): Nel numero di maggio 2004
delle "Pillole" è stato pubblicato un articolo sulla corretta prescrizione
dei farmaci, che affrontava il problema sulla base della normativa vigente
in quel momento. Di recente è stata pubblicata, sulla Gazzetta
Ufficiale n. 125 del 29.05.04, la legge 138 del 25.05.04, che introduce
delle novità per quanto all'indicazione, sulle ricette del SSN e non,
delle generalità del paziente: ora, le generalità vanno omesse solo su
esplicita richiesta dell'interessato (articolo 2-quinquies, comma 1
lettera c) della citata legge). Attenzione, pero': le modifiche si
riferiscono solo ai soggetti indicati nell' articolo 78 (medici di
famiglia e ai pediatri di libera scelta). Cio' starebbe a significare che
i medici che prescrivano in regime di libera professione, o gli
specialisti convenzionati (ospedalieri, ambulatoriali ecc.) mantengono l'
obbligo di anonimizzare le ricette con le modalita' gia' note (ricette
"bianche" prive di generalita', ricette "convenzionate" con tagliando
anonimizzatore) a meno che (comma 4 lettera b) non " fornisca una
prestazione specialistica su richiesta del medico e del
pediatra".
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ML2 -
Novita' sul Documento Programmatico per la Sicurezza: ancora burocrazia,
ma per fortuna un rinvio
Da molte parti si sono levate
voci preoccupate in merito alla stesura del famoso (o famigerato) DPS
(Documento Programmatico della Sicurezza), obbligo che la recente legge
sulla privacy metta a carico anche dei medici che gestiscano uno studio
professionale o un ambulatorio. A complicare le cose, e' intervenuta
la recentissima " Guida operativa per redigere il Documento
programmatico sulla sicurezza (DPS)" pubblicata sul sito del
Garante. Fortunatamente il Garante stesso specifica chiaramente che si
tratta solo di un' indicazione, e che non e' vincolante. La suddetta
Guida (che qualcuno puo' supporre nata allo scopo di complicare le cose
semplici) si dilunga infatti per ben 18 pagine, gettando nello sconforto i
poveri lettori e dettagliando tutto con estrema pignoleria: basti pensare
che, nell' elencazione dei rischi prevede, per esempio, "movimenti
tellurici, scariche atmosferiche, incendi, allagamenti"
eccetera. Viene da chiedersi perche' non includere anche l'
asteroide che scende dallo spazio o un' eventuale guerra atomica. E viene
da chiedersi quali provvedimenti si aspetta il Garante che prenda un
povero medico di famiglia al fine di neutralizzare un terremoto o
altri eventi del genere... Alla fin fine pero', a guardar bene,
quelle 18 pagine non fanno che dettagliare una cosa molto semplice:
bisogna descrivere: la tipologia della struttura (studio medico); i dati
che vengono trattati (dati personali e sanitari dei pazienti); quali sono
i rischi a cui sono soggetti (sottrazione, consultazione illecita,
alterazione, perdita e altro che viene in mente); quali misure vengono
prese per ovviare (porte e cassetti con chiusura a chiave, computer con
password, copie di backup cifrate e protette con pw, accesso limitato agli
operatori, misure contro la negligenza della segretaria ecc.). Alla
fine, a ben guardare, tutto cio' si riduce a quei moduli-guida che da piu'
parti (anche dal sottoscritto) sono stati diffusi. Ma nessuno di questi
moduli (nemmeno quelli delle piu' alte autorita') gode di assoluta
autorevolezza, in quanto ciascuno deve adattarne il contenuto alla propria
situazione locale e, soprattutto, deve applicare quanto vi e' scritto.
Il vero problema, infatti, non e' quello di compilare un documento "di
fantasia", piu' o meno bello esteticamente o sintatticamente, quanto
quello di compilare un documento che, ad una eventuale verifica, dimostri
di corrispondere alla verita'. L' importante, infatti, e' che i dati
vengano effettivamente protetti da intrusioni, alterazioni, perdite.
E' perfettamente inutile o addirittura controproducente compilare un
modulo perfetto e poi lasciare le ricette in vista di tutti nella
"cassettina" della sala d' aspetto, oppure lasciare il computer acceso in
modo tale che estranei possano spiare i dati clinici di qualche paziente.
Questo e' il vero problema. Il provvedimento e' consultabile sul
sito del Garante http://www.garanteprivacy.it/
Nelle more della
pubblicazione, abbiamo avuto notizia (peraltro non ancora pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale) che il Governo avrebbe firmato un Decreto che rinvia
al 31 dicembre l' obbligo del DPS, e presenterebbe dei moduli "standard"
(con tutti i limiti detti sopra). Non abbiamo ancora, purtroppo, i
particolari del provvedimento, ne' i moduli in questione. Sara' nostra
cura informare i colleghi nelle edizioni successive.
Daniele
Zamperini
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ML3
-
Novita' sull' ECM: restrizioni all' accreditamento dei
provider
Il Ministro della
salute, con proprio decreto del 31 maggio 2004, ha stabilito i
requisiti che devono possedere le Società scientifiche e le Associazioni
tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie. Il provvedimento,
ferma restando la libertà di associazione dei professionisti sanitari in
tutte le forme e modalità che l’ordinamento consente, prevede che le
Società scientifiche e le Associazioni tecnico-scientifiche delle
professioni sanitarie, infermieristiche, tecniche, della riabilitazione e
della prevenzione, per poter svolgere alcune attività di prevalente
interesse pubblico, devono essere in possesso di specifici requisiti ed
essere preventivamente riconosciute con decreto del Ministro della Salute.
Le attività ritenute di prevalente interesse pubblico sono quelle
finalizzate all’aggiornamento professionale obbligatorio degli associati
attraverso attività dirette ad adeguare le loro conoscenze professionali
con l’obiettivo di garantire efficacia, appropriatezza, sicurezza ed
efficienza alle prestazioni sanitarie erogate. Fra l’altro il
riconoscimento costituisce presupposto per poter svolgere attività di
aggiornamento nei confronti dei propri associati ai fini dell' Educazione
continua in medicina - ECM e per poter chiedere successivamente
l’accreditamento come provider ai fini del programma ECM, in conformità
con i criteri che saranno stabiliti dall’apposita Intesa fra Ministero e
Regioni, in sede di Conferenza Stato Regioni. Sono ritenute, altresì,
di interesse pubblico le attività di collaborazione con il Ministero della
salute, le Regioni e le istituzioni sanitarie pubbliche per la
elaborazione, diffusione e adozione delle linee guida e dei relativi
percorsi diagnostici-terapeutici e la programmazione dell’innovazione e
della qualità dell’assistenza. Le Società scientifiche e le
Associazioni tecnico-scientifiche dell’area sanitaria, già esistenti,
devono chiedere il riconoscimento entro tre mesi dalla data di entrata in
vigore del decreto. (Fonte: Dipartimento della qualità - 4 giugno
2004)
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ML6 - LE NOVITA'
DELLA LEGGE (Di
Marco Venuti)
PRINCIPALI NOVITÀ IN GAZZETTA UFFICIALE mese di maggio -
giugno 2004 |
La
consultazione dei documenti citati, come pubblicati in Gazzetta
Ufficiale, è fornita da "Medico & Leggi" di Marco Venuti: essa è
libera fino al giorno 23.07.2004. Per consultarli, cliccare qui |
DATA GU |
N° |
TIPO DI DOCUMENTO |
TITOLO |
DI CHE TRATTA? |
29.05.04 |
125 |
Legge n.138 del 26.05.04 |
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29
marzo 2004, n. 81, recante interventi urgenti per fronteggiare
situazioni di pericolo per la salute pubblica |
Affronta problemi rilevanti sia per il medico dipendente che
convenzionato, nonchè problematiche inerenti la privacy |
03.06.04 |
128 |
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni
e le Provincie autonome di Trento e Bolzano, provvedimento
29.04.04 |
Accordo tra il Ministro della salute, le regioni e le
province autonome di Trento e Bolzano sul documento, recante: «Linee
guida per l'idoneità ed il funzionamento dei centri individuati
dalle regioni come strutture idonee ad effettuare trapianti di
organi e di tessuti» |
........... |
03.06.04 |
128 |
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni
e le Provincie autonome di Trento e Bolzano, provvedimento
29.04.04 |
Accordo tra il Ministro della salute, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano sulle tipologie di
trapianto per le quali è possibile definire standard di qualità
dell'assistenza» |
........... |
03.06.04 |
128 |
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni
e le Provincie autonome di Trento e Bolzano, provvedimento
29.04.04 |
Accordo tra il Ministro della salute, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano sul documento, recante:
«Linee guida per le unità spinali unipolari» |
........... |
08.06.04 |
132 |
Decreto del Vice Presidente del Consiglio dei Ministri del
31.05.04 |
Linee di indirizzo amministrativo in tema di promozione e
coordinamento delle politiche, per prevenire e contrastare il
diffondersi delle tossicodipendenze e delle
alcooldipendenze |
........... |
15.06.04 |
138 |
Decreto del Ministero della salute del 27.05.04 |
Estensione dell'autorizzazione a praticare la vaccinazione
contro la febbre gialla |
........... |
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