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L'efficacia dell'omeopatia è simile al placebo? |
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Inserito il 04 novembre 2005 da admin. - scienze_varie - segnala a:
I risultati degli studi di buona qualità sull'omeopatia non mostrano differenze significative rispetto al placebo.
Per determinare l'efficacia dell'omeopatia è stata effettuata un'ampia ricerca su 19 databases elettronici che ha permesso di selezionare 110 trials in cui un rimedio omeopatico veniva confrontato con placebo. Nello stesso tempo sono stati selezionati 110 trials di medicina convenzionale come controlli paragonabili ai trials omeopatici per tipo di patologia trattata e outcomes considerati. I trials randomizzati ed in doppio cieco sono stati considerati come quelli di miglior qualità metodologica: 21 di omeopatia e 9 di medicina convenzionale. L'analisi degli studi ha permesso di evidenziare che sia nel caso dell'omeopatia che della medicina tradizionale i trials con minor casistica e di qualità più scadente erano quelli che mostravano una maggior efficacia del trattamento rispetto ai trials di qualità più elevata. Se si restringe l'analisi solo agli studi di buona qualità si nota come l'omeopatia non differisca in efficacia dal placebo (OR 0.88; IC95% 0.65-1.19) mentre la terapia tradizionale si dimostra più efficace (OR 0.58; IC95% 0.39-0.85). Gli autori concludono che errori e sbilanciamenti sono presenti sia nei trails omeopatici che in quelli di medicina tradizionale tuttavia, quando si tiene conto di essi, esiste poca evidenza che l'omeopatia funzioni mentre vi sono buone prove che la terapia tradizionale sia efficace. Fonte: Lancet 2005 Aug 27; 366:726-732 Commento di Renato Rossi Dopo 150 anni di controversie l'omeopatia continua a godere della simpatia del pubblico più vasto. Numerosi studi effettuati secondo le metodiche previste dalla medicina basata sulle evidenze (EBM) ha suggerito che in realtà l'efficacia dei rimedi omeopatici non differisca sostanzialmente dal placebo. Una review sistematica che ha preso in considerazione varie revisioni (E Ernst. A systematic review of systematic reviews of homeopathy. British Journal of Clinical Pharmacology 2002 54: 577-582) conclude che nessuna di esse ha fornito prove convincenti che l'omeopatia sia efficace per le condizioni esaminate (che andavano dall'ileo post-operatorio, alla debolezza muscolare, all'emicrania, all'influenza, all'asma, alle patologie reumatiche per finire con l'osteoartrosi). Un'altra revisione critica afferma che l'omeopatia non dovrebbe essere usata in sostituzione di terapie di provata efficacia (WB Jonas et al. A critical overview of homeopathy. Annals of Internal Medicine 2003 138: 393-399). I medici che praticano l'omeopatia hanno sempre ribattuto che i metodi dell'EBM non si possono applicare alla pratica omeopatica perchè ogni malato è un'entità a se stante e ogni terapeuta prescrive rimedi diversi e a diluizioni diverse per la stessa patologia in quanto si cura il singolo malato e non la malattia. Si potrebbe ribattere che l'effetto dell'omeopatia, allora, non è dovuto tanto alla sostanza estremamemte diluita che si somministra quanto al particolare tipo di rapporto che si instaura tra medico e paziente, rapporto personalizzato che spesso viene a mancare nella pratica professionale tradizionale, tecnicistica e disumanizzante. Molti pazienti spendono cifre ragguardevoli ogni anno per rimedi omeopatici. Si potrebbe dire che si tratta di soldi buttati? Dipende, perchè anche il punto di vista e le esperienze del paziente sono importanti e vanno tenute in debita considerazione. D'altra parte molti sostengono che il paziente è il miglior esperto di se stesso. Ci sarà sempre qualcuno che cerca risposte alternative, soprattutto dopo aver provato inutilmente i rimedi della medicina ufficiale, ed è difficile dargli torto. Come suggerisce un commento del Lancet allo studio citato in questa pillola, in accordo con Kant, noi non vediamo le cose come sono, ma le vediamo come siamo noi. Un dilemma che è insito nella natura umana.
Commento di Luca Puccetti
La EBM ha il difetto di considerare poco il rapporto medico paziente che invece era molto importante nella medicina dei grandi clinici come Giuseppe Moscati che avevano sviluppato anche un'abilità semeiotica quasi magica. E' necessario dedicare più tempo ai malati, ma questo tempo deve essere riconosciuto a tutti gli effetti dal pagante, sia esso pubblico o privato. Se riusciremo ad uscire dalle logiche dei numeri, dei fatturati, dall'aziendalizzazione della sanità, tanto cara ai Bocconiani delle varie scuole di economia aziendale, e ritorneremo alla nostra tradizione ed alla valorizzazione non solo dell'atto medico, ma anche della semplice empatia, allora sempre meno saranno i pazienti che volteranno le spalle alla medicina convenzionale. Se lasceremo la medicina contrattualistica di stampo anglosassone e ritorneremo alla tradizione della pratica clinica, che ha nel rapporto fiduciario il presupposto fondamentale ed irrinunciabile del processo terapeutico, diminuiranno i costi, gli esami inutili, la medicina difensiva. Insomma pagare di più i medici che dedichino tempo al paziente e meno gli esami ed i rimedi che prescrivono. Tagliare le unghie al coacervo di interessi che fomentano le rivalse contro i medici e le assicurazioni. Garantire la libertà di scelta del medico ed educare ad avere fiducia nelle sue decisioni e non nelle TAC o nelle RMN. Capite bene che una tale impostazione avrebbe formidabili oppositori per motivi economici e di ruolo...
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