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Prevalenza della gammopatia monoclonale di significato indeterminato |
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Inserito il 30 maggio 2006 da admin. - ematologia - segnala a:
La MGUS è relativamente frequente dopo i 50 anni e tale frequenza aumenta con l'età ed è più frequente negli uomini.
La gammopatia monoclonale di significato indeterminato (MGUS = Monoclonal Gammopathy of Undetermined Significance) è una condizione che si verifica con una certa frequenza negli anziani, soprattutto dopo i 50 anni. Questo studio si proponeva di deteminarne la prevalenza in un campione di popolazione residente ad Olmsted County (nel Minnesota). Su 21.463 campioni di siero la MGUS venne identificata in 694 (3,2%). Gli uomini ne sono colpiti più delle donne (4,0% vs 2,7%). La prevalenza varia anche con l'età: 5,3% per soggetti di età >= 70 anni, 7,5% per età >= 85 anni. La concentrazione della immunoglobulina monoclonale era inferiore a 1 g/dL nel 63,5% dei casi, ed era invece >= 2 g/dL solo nel 4,5% dei casi. La concentrazione delle altre immunoglobuline risultò ridotta nel 27,7% dei casi testati e nel 21,5% dei casi testati si riscontrò la presenza di una catena leggera monoclonale nelle urine. Fonte: N Engl J Med 2006; 354:1362-1369
Commento di Renato Rossi Lo studio del New England conferma che la MGUS è un riscontro relativamente frequente dopo i 50 anni e che tale frequenza aumenta con l'età. Con la sempre maggiore richiesta di esami di laboratorio dovremo quindi misurarci con il riscontro casuale di una gammopatia monoclonale asintomatica e quindi è importante differenziare le forme benigne da quelle che evolveranno verso un mieloma o una macroglobulinemia. In particolare sono importanti: 1) la determinazione quantitativa della proteina monoclonale: si ritiene che il valore massimo, nelle forme benigne (o meglio essenziali), debba essere inferiore a 2.5 g/dL 2) la determinazione di proteine monoclonali a catene leggere nelle urine (Bence-Jones): nelle forme essenziali l'escrezione urinaria non supera 0.5 g/die 3) la beta 2 microglobulina sierica: nelle forme essenziali non deve superare il valore soglia di 2.5 microg/mL 4) la biopsia osteomidollare per valutare la quantità di plasmacellule presenti (normali < 5%): nelle forme maligne di solito la percentuale supera il 30%, nelle forme benigne di solito è inferiore al 10% e nelle gammopatie reattive (infezioni, epatiti croniche e collagenopatie) non supera il 30%. 5) la calcemia e la radiografia dello scheletro per evidenziare una eventuale lesione osseea Tuttavia bisogna dire che la diagnosi di gammopatia monoclonale essenziale non va mai considerata definitiva perchè l'evoluzione verso una forma maligna è possibile anche a distanza di 30 anni. Per questo attualmente si preferisce parlare di gammopatia monoclonale di significato indeterminato (MGUS). Si definisce tale una condizione caratterizzata dalla presenza nel siero di una proteina monoclonale a concentrazioni inferiori a 3 g per decilitro. Nelle urine non deve esserci la proteina monoclonale o solo una modesta quantità di catene leggere della proteina stessa e assenza di lesioni ossee, anemia, ipercalcemia o insufficienza renale legate alla proteina . La quantità di plasmacellule nel midollo osseo deve essere inferiore al 10%. Attualmente poco si sa circa i fattori che possono influenzare la progressione della MGUS verso il mieloma o altri disordini correlati. In uno studio [1] sono stati identificati 1384 pazienti con diagnosi di MGUS posta tra il 1960 e il 1994. In 115 di essi si sviluppò un mieloma, un linfoma IgM, un'amiloidosi primitiva, una macroglobulinemia, una LLC, o un plasmocitoma. Paragonato a una popolazione di controllo il rischio di progressione era di 7,3. Inoltre in 32 soggetti la concentrazione della proteina monoclonale aumentò oltre i 3 g per decilitro oppure la percentuale di plasmacellule nel midollo osseo superò il 10% senza però che si sviluppasse un mieloma o una patologia correlata (mieloma multiplo a lento sviluppo). Il rischio di progressione risultava direttamente proporzionale alla concentrazione della proteina monoclonale al momento della diagnosi: a 10 anni il rischio è del 6% per valori di 0,5 g/decilitro, 7% per valori di 1 g/decilitro, 11% per valori di 1,5 g/decilitro, 20% per valori di 2 g/decilitro, 24% per 2,5 g/decilitro e 34% per 3 g/decilitro. Col passare degli anni il rischio aumenta: è del 25% (rischio cumulativo a 20 anni) e del 30% a 25 anni Bibliografia 1. N Engl J Med 2002; 346:564-69.
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