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Trastuzumab nel cancro mammario non metastatico
Inserito il 15 luglio 2006 da admin. - oncologia - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L'anticorpo monoclonale trastuzumab dovrebbe essere usato nel cancro mammario non metastatico con iperespressione di HER-2

Secondo il NICE britannico ( National Institute for Health and Clinical Excellence ) l'anticorpo monoclonale trastuzumab dovrebbe essere usato nelle donne con cancro mammario inziale con iperespressione di HER-2 eccetto quelle in cui vi siano delle controindicazioni cardiache al farmaco.
Si consiglia di usare il trastuzumab dopo l'intervento chirurgico, la chemioterapia (sia neoadiuvante che adiuvante) ed eventualmente la radioterapia. Lo schema prevede la somministrazione in infusione ogni 3 settimane per un anno oppure fino a che vi sia una recidiva.
Prima dell'uso deve essere valutata la funzione cardiaca della paziente; il farmaco è sconsigliato se la frazione di eiezione ventricolare sinistra è inferiore o uguale al 55%, se vi è una storia di scompenso cardiaco, aritmie cardiache non controllate, angina pectoris, malattie valvolari significative, infarto o ipertensione mal controllata.
Durante il trattamento deve essere valutata la funzionalità cardiaca ogni 3 mesi e la terapia sospesa se la frazione di eiezione si riduce del 10% rispetto al baseline oppure al di sotto del 50%.

Fonte:
www.nice.org.uk



Commento di Renato Rossi

La crescita delle cellule è regolata da polipepti che si legano a particolari recettori di membrana. Alcuni di questi recettori sono noti con la sigla HER-2 (recettore 2 di crescita epiteliale umana). In circa un tumore mammario su 4 questi recettori sono presenti in numero molto elevato realizzando la cosiddetta iperespressione di HER-2. Le pazienti con questo tipo di tumore hanno una prognosi peggiore rispetto a quelle in cui non vi è iperespressione di HER-2. Lo studio OMERO (vedi una pillola recente ad esso dedicata) ha dimostrato che questo tipo di tumori è meno sensibile alla ormonoterapia ma più sensibile alla chemioterapia, la progressione è più rapida e le ricadute più precoci.
Il trastuzumab è un anticorpo monoclonale diretto contro il recettore HER-2, per ora è autorizzato nel carcinoma mammario metastatico con iperespressione di HER-2.
Secondo una valutazion del Drug and Therapeutics Bulletin nelle pazienti con metastasi il trastuzumab è raccomandato come trattamento di prima linea insiema a paclitaxel anche se il ritardo nella progressione della malattia è di soli 3-4 mesi. Più difficile invece appare stabilire il ruolo del farmaco come terza linea in donne che hanno già ricevuto due regimi di chemioterapia [7].
Ora il NICE consiglia di estendere le indicazioni del farmaco alle donne con cancro mammario iniziale con iperespressione di HER-2.
Su quali studi si basano queste raccomandazioni?
Nello studio HERA [1] è stata valutata l'efficacia di trastuzumab somministrato ogni 3 settimane per uno (n = 1694) o due anni
(n = 1694) rispetto al placebo (n = 1693) in donne operate per cancro mammario iniziale non metastatico HER-2 positivo. Le donne avevano completato la terapia loco-regionale (chirurgia con/senza radioterapia) e almeno 4 cicli di chemioterapia adiuvante o neoadiuvante. Criteri di inclusione erano la positività dei linfonodi ascellari (indipendentemente dalla dimensioni del tumore) o negativi (in questi caso il tumore doveva avere una dimensione > 1 cm). Le pazienti inoltre dovevano avere una frazione di eiezione valutata dopo la chemioterapia >= 55% e non avere precedenti di malattie cardiache. Solo 3 donne nel gruppo trastuzumab e 3 nel gruppo placebo avevano più di 60 anni. I risultati si riferiscono al primo anno di osservazione. L'end-point primario dello studio era la recidiva di cancro mammario, la comparsa di cancro mammario nel seno controlaterale, un tumore maligno non mammario e il decesso. Questo end-point si verificò in 127 pazienti del gruppo trastuzumab e in 220 del gruppo controllo (OR 0,54; IC 95% 0,43-0,67; p < 0,0001). La sopravvivenza nei due gruppi non era significativamente diversa. Una tossicità cardiaca grave si sviluppò nello 0,5% delle donne trattate con trastuzumab. Evente avversi gravi si ebbero nel 7,9% del gruppo trastuzumab e nel 4,4% del gruppo controllo. Il farmaco riduce quindi il rischio di recidive, soprattutto metastasi a distanza, di circa il 50% anche se non porta ad un miglioramento della sopravvivenza (ma questo potrebbe dipendere dal fatto che i dati si riferiscono ad un follow-up breve, di solo un anno). Nell'interpretare questi risultati bisogna tener conto del follow-up molto breve per cui la valutazione dei rischi del trastuzumab può essere incompleta. In particolare la cardiotossicità è risultata bassa ma potrebbe aumentare con un follow-up più prolungato. Gli autori si chiedono se tutte le donne con cancro mammario HER-2 positivo debbano essere trattate con trastuzumab al di fuori del setting dei trials clinici. Per esempio le donne con cancro piccolo (< 1 cm) e linfonodi negativi erano escluse dallo studio HERA, così come le donne > 60 anni. Ancora: il 60% dei casi di sopravvivenze libere da malattia riguardava cancri con recettori ormonali negativi anche se i benefici erano evidenti pure nelle donne con recettori positivi. Infine dallo studio erano escluse donne con fattori di rischio cardiaci o FE < 55% dopo i cicli di chemioterapia. Da notare che gli autori raccomandano che la iperespressione di HER-2 sia confermata da un laboratorio centrale con notevole esperienza, prima di inziare il trattamento.
In un secondo studio [2] sono stati combinati insieme i risultati di due trials (B-31 e N9831) in cui donne operate per cancro mammario HER-2 positivo sono state trattate con chemioterapia adiuvante associata o meno a trastuzumab. Nello studio B-31 le pazienti erano suddivise in due gruppi: il gruppo 1 ( n = 1024) riceveva doxurubicina + ciclofosfamide seguiti da paclitaxel , il gruppo 2 (n = 1019) veniva trattato con lo stesso regime + trastuzumab per 52 settimane iniziato dopo la prima dose di paclitaxel.
Nello studio N9831 le pazienti venivano suddivise in 3 gruppi: doxurubicina + ciclofosfamide seguiti da paclitaxel (gruppo A, n = 819) , stesso regime + trastuzumab per 52 settimane inziato dopo il paclitaxel (gruppo B, n = 919), oppure stesso regime + trastuzumab per 52 settimane inziato contemporaneamente al paclitaxel (gruppo C, n = 814). Sono stati assemblati insieme i risultati del gruppo 1 + A (controllo) vs gruppo 2 + C (trastuzumab) escludendo dall' analisi il gruppo B. Il 16% delle donne arruolate aveva un'età inferiore o uguale a 35 anni e il 16% >= 60 anni. All'inizio di entrambi i trials vennero arruolate solo donne con linfonodi positivi, in seguito anche donne con linfonodi negativi ma ad alto rischio (tumore > 2 cm e recettori ormonali positivi oppure tumore > 1 cm e recettori ormonali negativi). Dopo un follow-up medio di 2 anni si registrarono 132 eventi (recidiva, un secondo cancro primario, decesso prima della recidiva) in 133 donne del gruppo trastuzumab e in 261 del gruppo controllo (HR 0,48; p < 0,0001). A 3 anni la differenza per quanto riguarda la sopravvivenza libera da malattia era del 12% in favore del trastuzumab.Si osservò anche una riduzione del 33% del rischio di morte (p = 0,015): 62 decessi nel gruppo trastuzumab vs 92 nel gruppo controllo. Sempre a 3 anni la sopravvivenza era del 94,3% vs 91,7% (differenza assoluta 2,5%). L'incidenza cumulativa di scompenso cardiaco classe III o IV e di morte da cause cardiache era del 4,1% nello studio B-31 e del 2,9% nel studio N9831. Gli autori però sottolineano che forse è necessario un periodo di osservazione più lungo per valutare appieno la tossicità cardiaca.. I benefici del trastuzumab furono evidenti in tutti i sottogruppi, indipendentemenete dallo stato dei recettori ormonali, tuttavia siccome furono incluse solo 191 donne con linfonodi negativi e solo 3 di esse ebbero degli eventi, in questo particolare sottogruppo non è possibile trarre conclusioni.
In un altro studio [6] 1010 donne operate di cancro mammario con linfonodi ascellari positivi oppure negativi ma ad alto rischio sono state trattate con chemioterapia (docetaxel oppure vinorelbine seguiti da fluorouracile, epirubicina e ciclofosgfamide). Le 232 donne con HER-2 iperespresso sono state ulteriormente assegnate a trastuzumab oppure a nessun trattamento. L'end-point primario era la sopravvivenza libera da recidive che risultò maggiore nel gruppo docetaxel rispetto a vinorelbine (91% vs 86%) anche se la sopravvivenza globale non differiva tra i due gruppi. Nel sottogruppo di donne con HER-2 iperespresso la sopravvivenza libera da recidive a 3 anni era maggiore in chi aveva ricevuto il trastuzumab (89% vs 78%; p = 0,01)

Trastuzumab appare quindi un farmaco innovativo, capace di ridurre il rischio di recidiva di cancro mammario di circa il 50% e, in alcuni trials, anche la mortalità totale. In alcuni studi preliminari la mortalità totale è stata ridotta del 4% a 3 anni [3] e addirittura dell'11% a 1 anno [4].
Questi benefici debbono però essere bilanciati con gli eventi avversi riportati: una paziente ogni 60 trattate sviluppa uno scompenso cardiaco sintomatico e 1 ogni 21 una disfunzione ventricolare sinistra [5]. La tossicità cardiaca sembra evidente soprattutto quando il farmaco viene somministrato assieme alla chemioterapia piuttosto che dopo il suo completamento. D'altra parte la mortalità totale sembra ridotta solo con questo schema.
Il trastuzumab deve essere impiegato in tutti i tumori HER-2 iperespressi? Vi sono ancora aree di incertezza: non sono ben stabiliti gli schemi ottimali e il timing di inizio, non è chiaro se ne beneficiano anche le donne a basso rischio (per esempio quelle con tumori inferiori a 1 cm e con linfonodi negativi) mentre gli outcomes a lungo termine rimangono sconosciuti
Come sostengono Piccart-Gebhart e coll. [1] per il momento il trastuzumab non dovrebbe essere somministrato a donne che non soddisfano pienamente i criteri di elezione usati negli studi. In questo senso appare opportuna la decisione dell'AIFA del 15 dicembre 2005 di permettere l'uso del farmaco con onere a carico dello Stato per indicazioni diverse da quelle approvate solo presso le oncologie del SSN e secondo schemi di trattamento rigidamente stabiliti.



Bibliografia:

1. Piccart-Gebhart MJ et al. for the Herceptin Adjuvant (HERA) Trial Study Team. Trastuzumab after Adjuvant Chemotherapy in HER2-Positive Breast Cancer. N Engl J Med 2006 Oct 20; 353:1659-1672
2. Romon EH et al. Trastuzumab plus Adjuvant Chemotherapy for Operable HER2-Positive Breast Cancer. N Engl J Med 2005 Oct 20, 353: 1763-1684
3. Marty M et al. Randomized phase II trial of the efficacy and safety of trastuzumab combined with docetaxel in patients with human epidermal growth factor receptor 2-positive metastatic breast cancer administered as
first-line treatment: the M77001 Study Group. J Clin Oncol 2005;23:4265-74.
4. Slamon DJ et al. Use of chemotherapy plus a monclonal antibody against HER2 for metastatic breast cancer
that overexpresses HER2. N Engl J Med2001;344: 783-92.
5. CMAJ 2006 Jan 3; 174: 36-37
6. Joensuu H et al. Adjuvant Docetaxel or Vinorelbine with or without Trastuzumab for Breast Cancer
N Engl J Med 2006 Feb 23; 354: 809-820
7. Cos'ha di tanto speciale il trastuzumab? Drug and Therapeutics Bulletin 2002; n.9, pag. 65-67.

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