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Serve lo screening mammografico? |
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Inserito il 08 marzo 2007 da admin. - clinical_queries - segnala a:
Un aggiornamento della revisione Cochrane conferma i dubbi circa l'utilità dello screening mammografico.
Autori del Centro Cochrane danese che nel 2000 avevano pubblicato una revisione molto contestata sullo screening mammografico, hanno aggiornato il loro lavoro. Sono stati ritrovati 7 RCT (per circa mezzo milione di donne arruolate) ma uno non è stato ritenuto idoneo all'analisi per carenze di tipo qualitativo. In 2 trials con randomizzazione adeguata non si è potuto dimostrare che lo screening mammografico riduca la mortalità per cancro della mammella (RR 0,93; IC95% 0,80-1,09) in un periodo di 13 anni. Nei 4 trials con randomizzazione sub-ottimale la mortalità specifica invece risultava ridotta in modo statisticamente significativo (RR 0,75; IC95% 0,67-0,83). Combinando insieme i 6 RCT si otteneva un RR di 0,80 (0,73-0,88). Gli autori hanno poi considerato la mortalità totale da cancro (compresa quella da cancro mammario) e la mortalità totale nei due RCT con randomizzazione adeguata ma in entrambi i casi non è stato possibile dimostrare una riduzione statisticamente significativa. Secondo la revisione non sarebbe sufficiente considerare solo la mortalità specifica da cancro mammario in quanto si tratta di un end-point poco affidabile che tende a favorire i gruppi screenati, soprattutto per una errata classificazione delle cause di morte. Sono stati poi valutati il numero di tumorectomie, di mastectomie e di casi sottoposti a radioterapia, tutti esiti che erano significativamente più numerosi nel gruppo screenato se si considerano i due trial con adeguata randomizzazione. Gli autori concludono che lo screening mammografico probabilmente riduce la mortalità specifica di circa il 20% (circa il 15% considerando solo i due trial di migliore qualità), che si traduce in una riduzione del rischio relativo di 0,05%. Però lo screening causa anche sovradiagnosi e sovratrattamenti, con un aumento stimato relativo del 30% ed assoluto di 0,5%. In altre parole ogni 2000 donne screenate per 10 anni una avrebbe un prolungamento della vita, ma ben 10 andrebbero incontro ad una diagnosi e ad un trattamento non necessari. Pertanto non è ancora chiaro se lo screening mammografico sia più utile o più dannoso.
Fonte: Gøtzsche PC, Nielsen M. Screening for breast cancer with mammography. Cochrane Database of Systematic Reviews 2006, Issue 4. Art. No.: CD001877. DOI: 10.1002/14651858.CD001877.pub2. http://www.cochrane.org/reviews/en/ab001877.html. Accesso del 20 ottobre 2006.
Commento di Renato Rossi
Già nel 2000 era stata pubblicata (dapprima sul Lancet e poi nella Cochrane) una meta-analisi che aveva scatenato infuocate diatribe sulla stampa specializzata. Rianalizzando infatti la qualità degli RCT avevano riscontrato gravi errori metodologici in molti di essi (sbilanciamento nei gruppi, incongruenze nel numero delle donne arruolate). La mortalità specifica risultava ridotta negli RCT "biased", ma non nei due RCT di buona qualità, "non biased". Comunque ogni 1000 donne screenate ogni 2 anni per 12 anni si risparmiava un decesso da cancro della mammella ma, se si valutava la mortalità totale, si avevano 6 decessi in più. Se invece si accettava che la maggior parte degli RCT aveva dei difetti metodologici bisognava concludere che lo screening non è giustificato. Insomma non c'era alcun beneficio sulla mortalità totale e i dati erano inconclusivi per la mortalità cancro-specifica. Come è facile immaginare questa revisione aveva scatenato un mezzo putiferio che aveva portato alla elaborazione di contro-metanalisi che confutavano le conclusioni di quella Cochrane. La maggior parte della comunità scientifica internazionale, con alcune eccezioni, si era schierata a favore dello screening anche perchè nel frattempo venivano pubblicati studi osservazionali che dimostravano una riduzione della mortalità da cancro della mammella dopo l'introduzione su larga scala dello screening. In realtà non è noto se questa riduzione dipenda dallo screening o non piuttosto dal miglioramento delle terapie. Nello stesso tempo veniva portata l'attenzione anche sui casi di sovradiagnosi e sovrattrattamento che si verificano a causa dello screening: si tratta di tumori non evolutivi che, se non ci fosse stato lo screening, non sarebbero mai diventati clinicamente manifesti [2]. Con l'aggiornameno della loro revisione gli autori danesi ribadiscono in sostanza le loro posizioni (non sappiamo ancora se lo screening mammografico sia più utile o più dannoso) e rielaborano anche la problematica legata alla sovradiagnosi. Che fare? Non è semplice rispondere. E' probabile che l'utilità dello screening mammografico sia sovrastimata ma, in ogni caso, anche così non fosse, credo che sia imperativo dare un' informazione adeguata e completa alla donna non solo sui benefici dello screening (diagnosi più precoce e quindi probabilmente interventi meno invasivi e terapia meno drastiche, riduzione della mortalità specifica) ma anche sui potenziali rischi (stress psicologico, rischio di accertamenti e interventi inutili, probabilmente nessuna riduzione della mortalità totale). Solo la diretta interessata saprà poi decide se sottoporsi o meno allo screening. Dobbiamo però notare che, nella pratica, questa informazione risulta del tutto carente, nonostante la questione sia sul tappeto ormai da anni: vengono amplificati i benefici (con lo slogan ormai abusato che "prevenire è meglio che curare", ormai divenuto una specie di formula magica e di tabù su cui non è ammessa discussione) mentre si tacciono del tutto i rischi. Ma, parafrasando il titolo dell'articolo del Lancet, mi chiedo: "E' una prassi giustificabile?"
Bibliografia
1. Peter C Gøtzsche, Ole Olsen. Is screening for breast cancer with mammography justifiable? Lancet 2000 Jan 8; 355: 129-34 2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2387
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