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Dopo sei mesi stent ad eluizione peggiori di quelli in metallo
Inserito il 28 dicembre 2007 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Nella realtà della pratica clinica gli stent ad eluizione di prima generazione non apportano benefici rispetto a quelli in solo metallo, anzi, dopo il sesto mese sono associati ad un aumento della mortalità.

Al fine di verificare i risultati dell'applicazione degli stent nelle rali condizioni d'uso sono stati analizzati 6033 pazienti trattati con stent ad eluizione di prima generazione (DES) e13738 trattati con stent in semplice metallo (bare-metal stents, BMS) tra il 2003 e il 2004, inclusi nello Swedish Coronary Angiography and Angioplasty Registry. L'analisi dell'outcome ha coperto un periodo di 3 anni basandosi su 1424 morti e 2463 infarti miocardici aggiustati per i confounding factors basali. Tra i due gruppi non sono emerse differenze significative per quanto attiene all'indice composito (morte ed infarto a 3 anni). A sei mesi è stata rilevata una tendenza, verso un minor tasso non aggiustato di eventi nei pazienti trattati con DES rispetto a quelli trattati con BMS, con 13.4 eventi in meno per 1000 pazienti. Tuttavia, dopo 6 mesi, i pazienti con DES presentavano un tasso di eventi significativamente più elevato rispetto a quelli trattati con BMS con 12.7 eventi in più per 1000 pazienti per anno (adjusted relative risk, 1.20; 95% CI, da 1.05 a 1.37).
A 3 anni, la mortalità era significativamente più elevata nei pazienti trattati con DES (adjusted relative risk, 1.18; 95% CI, da 1.04 a 1.35), e da 6 mesi a 3 anni, l'adjusted relative risk per la morte in questo gruppo è stato di 1.32 (95% CI, da 1.11 a 1.57).
Gli autori concludono che dai dati della pratica clinica emerge che i DES rispetto ai BMS sono associati ad un aumento del tasso di mortalità. Questa tendenza si manifesta significativamente dopo 6 mesi, allorquando il rischio di morte annuale è di 0.5 punti percentuali più elevato e l'indice composito, comprendente la morte e l'infarto, è da 0.5 a 1.0 punti percentuali più elevato per ogni anno.

Fonte: NEJM 2007; articolo pubblicato in anteprima il 12 Febbraio, 2007. in pubblicazione sul numero dell 8 marzo.

Commento di Luca Puccetti

Il NEJM pubblica ben 5 articoli e 2 editoriali sulla sicurezza degli stent ad eluizione rispetto a quelli in semplice metallo. I dati degli RCT sono stati analizzati anche da gruppi differenti, usando diversi metodi di analisi. Nel complesso ci pare di poter dire che nel mondo degli RCT il rischio di restenosi che si osserva con i BMS è simile a quello di trombosi intrastent che si osserva con i DES. Questo nel mondo ideale, laddove sono state rispettate, verosimilmente, le indicazioni approvate all'impianto di tali devices. Diversa è la musica allorquando ci confrontiamo con la pratica clinica, come risulta dai dati del presente studio in cui sono stati analizzati i dati dei pazienti arruolati nel registro svedese. Prima di tutto giova ricordare che il campione è numericamente molto elevato e dunque è idoneo a evidenziare differenze che anche il pooling degli RCT stenta a rendere manifeste, a prezzo di una verosimile maggiore eterogeneità dei confounding factors. Ma ciò che colpisce maggiormente è che l'utilizzo dei DES non sembra fornire alcun vantaggio rispetto ai BMS, anzi, dopo 6 mesi la tendenza diventa addirittura sfavorevole ed aumenta significativamente il rischio di morte. Un'importante fattore per spiegare questo fenomeno potrebbe trovarsi proprio nel fatto che spesso dopo 6 mesi viene interrotta la terapia antiaggregante con ASA e clopidogrel che recenti lavori indicano debba essere invece prolungata per almeno 12 mesi (10).
Un panel di esperti dell’FDA ha dichiarato che l’uso degli stent medicati (DES) risulta sicuro quando vengono rispettate le indicazioni autorizzate (11) che sono:

per il Sirolimus-eluting Coronary Stent
lesioni scoperte de novo lunghe ≤ 30 mm in coronarie allo stato nativo con vasi di diametro da ≥2.5 mm a ≤3.5 mm.

per il Paclitaxel-Eluting Coronary Stent System
lesioni scoperte de novo lunghe ≤28 mm in coronarie allo stato nativo con vasi di diametro da ≥2.5 a ≤3.75 mm.

L’uso off label dei DES è stato stimato nel 60% di tutte le procedure eseguite, dunque in un numero enorme di casi. L’FDA ha dichiarato che valuterà ulteriormente gli studi che hanno evidenziato l’incremento del rischio con i DES, particolarmente il follow up a lungo termine, in pazienti in condizioni complesse (con diabete, infarto del miocardio o patologie vascolari multiple) e lesioni (a livello delle biforcazioni arteriose, della principale coronaria di sinistra ed dei tratti arteriosi più lunghi).

Sebbene il rischio assoluto (quando le indicazioni autorizzate sono rispettate) sembra < 2% nei primi 3 anni dall’impianto, la trombosi intrastent nei medicati rimane un problema importante dal punto di vista clinico che si può verificare anche molto tempo dopo l’impianto.
Il rischio aumenta in presenza di lesioni complesse e patologie concomitanti.

Dato l’incerto profilo rischio/beneficio, quando si decide di impiantare stent medicati o non medicati, bisogna valutare attentamente ogni caso nella sua individualità. Nei pazienti che non tollerano un trattamento a lungo termine con clopidogrel o che devono interrompere precocemente la terapia antiaggregante, non debbono essere trattati con uno stent medicato (14).

D'altro canto la speranza era che i DES, più costosi, dei BMS, permettessero di tratatre lesioni più difficli, che altrimenti sarebbero state avviate alla rivascolarizzazione chirurgica. Questa prospettiva si è purtroppo rivelata errata e questo, unitamente alla troppo breve terapia con doppia antiaggregazione, può aver causato un aumento significativo delle morti e dei renfarti.

In definitiva attualmente i DES non sembrano apportare, a fronte di costi maggiori, vantaggi tangibili rispetto ai BMS.

Anche in base a questi dati ci sembra che la pratica di limitare a 6 mesi la durata della terapia con clopidogrel nel caso di impianto di stent, sulla base dei risultati del CURE (12) e delle raccomandazioni dell'American College of Cardiology/American Heart Association (13) sia da riconsiderare.

Referenze

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2709
2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2954
3. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2951
4. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2898
5. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2723
6. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2636
7. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2713
8. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2629
9. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3123
10) Grines CL, Bonow RO, Casey DE Jr, et al. Circulation (in press).
11) http://www.fda.gov/cdrh/news/091406.html
12) Lancet 2001; 358: 527-33
13) Circulation 2006; 113:156-175
14) N Engl J Med 2007; 356: 984-6

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