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Densitometria ossea: va ripetuta? |
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Inserito il 12 ottobre 2014 da admin. - ortopedia - segnala a:
Uno studio osservazionale suggerisce che il potere predittivo di frattura calcolato dopo una prima densitometria non migliora in modo significativo con un secondo esame di controllo.
Non vi è accordo fra le varie linee guida su quale dovrebbe essere l'intervallo ideale fra una densitometria e l'altra. Questo deriva dalla povertà di dati esistenti in letteratura.
Per tale motivo l'intervallo consigliato di ripetizione della densitometria deriva soprattutto da opinioni di esperti, opinioni che, per quanto rispettabili e autorevoli, rimangono comunque tali.
Dell'argomento ci siamo occupati in una pillola precedente [1] dove concludevamo che si possono prevedere, in linea generale, due casi:
1) se si tratta di un paziente non in trattamento e con densità ossea basale normale o con lieve osteopenia la DXA potrebbe anche non essere ripetuta per molti anni mentre, nel caso di osteopenia più grave, si può prevedere un nuovo esame dopo alcuni anni
2) nel caso, invece, di un paziente in trattamento per osteoporosi un esame di controllo potrebbe essere ragionevole dopo 2-3 anni di terapia e in seguito a intervalli variabili da modulare sulla base della risposta terapeutica.
Ma anche la nostra rimane pur sempre un'opinione.
Un nuovo studio che ha preso in esame il database del Framingham Osteoporosis Study può aiutarci a rispondere con più cognizione di causa alla domanda iniziale, almeno in parte.
Lo studio ha valutato circa 800 pazienti (età media 75 anni) che non avevano mai effettuato alcuna terapia per l'osteoporosi prima della loro prima densitometria. Dopo aver eseguito il primo esame ai partecipanti veniva calcolato il rischio di frattura utilizzando il metodo FRAX.
In media dopo circa 3 anni e mezzo veniva ripetuta la densitometria. I partecipanti che prima del secondo esame andavano incontro ad una frattura osteoportica sono stati esclusi dall'analisi. Dopo un follow up di circa 10 anni si sono avute 113 fratture di natura osteoporotica.
Dopo aver aggiustato i dati per vari fattori di confondimento che possono interferire sul rischio fratturativo si è visto che la ripetizione della densitometria ossea non portava ad un miglior potere predittivo di frattura rispetto a quanto calcolato con il primo esame. Infatti dopo il secondo esame veniva riclassificato come ad alto rischio fratturativo solo il 3,9% dei soggetti e come a più basso rischio solo il 2,2%.
In altri termini il potere predittivo di frattura calcolato dopo il primo esame non subiva variazioni significative con il secondo esame.
Insomma, questo studio ci suggerisce che può bastare una singola determinazione della densità ossea per stabilire il rischio fratturativo di un soggetto e che un'eventuale ripetizione dell'esame a distanza di alcuni anni nulla aggiunge a quanto già sappiamo.
Purtroppo lo studio qui recensito non stratifica i risultati ottenuti sulla base di un'eventuale terapia anti-osteoporosi. E' naturale pensare, però, che se un paziente, dopo una prima densitometria, è stato posto in terapia con farmaci specifici, significa che si tratta di un soggetto già classificato ad alto rischio fratturativo e quindi un secondo esame poco aggiungerebbe. Si potrebbe obiettare che nei soggetti in trattamento la ripetizione della densitometria ha soprattutto lo scopo di valutare l'efficacia del trattamento sulla densità minerale ossea. Rimane però il dubbio, in caso si documenti una scarsa efficacia della terapia, se siano disponibili dati da RCT di buona qualità che permettano di scegliere una terapia di seconda linea.
Detto questo rimane un problema di fondo che anche questo studio non risolve: per sapere qual è l'intervallo ottimale di ripetizione della densitometria ossea (se esiste) bisognerebbe disegnare un RCT con casistica e follow up adeguati comprendente sia soggetti in trattamento che non, randomizzati a monitoraggio densitometrico periodico (magari a periodicità differente in vari sottogruppi) oppure a nessun controllo. Dopo un follow up prolungato si dovrà valutare un endpoint hard come le fratture. Solo in questa maniera sarebbe possibile sapere se il monitoraggio densitometrico è utile, a quali intervalli e in quali soggetti.
Si farà mai?
Renato Rossi
Bibliografia
1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=5418
2. Berry SD et al. Repeat bone mineral density screening and prediction of hip and major osteoporotic fracture. JAMA 2013 Sep 25; 310:12
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